𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟸

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Quella maledetta tortura chiamata scuola per fortuna finì.

Non ce la faceva più a sentir parlare quegli stupidi nazisti, ma ovviamente doveva subire ed ascoltare in silenzio, senza esporre la sua opinione.

Stava tornando a casa con la testa china, quando all'improvviso sentì delle urla, una donna stava venendo portata via dai soldati e urlava dalla disperazione.

I suoi vestiti erano strappati, i capelli arruffati, gli occhi rossi dal pianto, aveva una mano che si alzava in direzione del ragazzo, come se volesse chiedergli aiuto.

Izuku non riusciva a vedere quelle scene, erano troppo per il suo dolce cuore, così si nascose nel vicolo buio accanto a lui rannicchiandosi e aspettando che le urla cessassero.

Peró la sua attenzione venne presa da un gemito di dolore che proveniva dall'altra parte del vicolo.
Iniziò ad attraversarlo quando scorse la figura di un ragazzo, un po' più grande di lui.
Era buio ma grazie alla luce che proveniva da fuori si potevano intravedere i suoi capelli bicolore, bianchi e rossi, e i suoi occhi eterocromatici, uno grigio e l'altro azzurro, e attorno a quest'ultimo c'era una specie di macchia rossa.

Il ragazzo aveva una mano sul braccio sinistro cercando di tamponare una ferita, doveva essere dolorosa, visto il suo sguardo.
Quando quegli occhi così strani ma cosi belli si posarono sulla figura del ragazzo dai capelli verdi, il bicolore fece uno scatto indietro, squadrandolo disgustato.

Izuku non capiva quello sguardo rivolto a lui finchè non notó la fascia sul suo braccio con il simbolo della stella di Davide, ora capiva.
Si avvicinò lentamente, non voleva spaventarlo
"Tranquillo, non voglio farti del male" disse dolcemente.

L'altro ragazzo digrignó i denti
"Non sono un misero cane, non c'è bisogno che tu mi tratti così ragazzino, vai a chiamare le guardie e finiscila con questa pagliacciata" rispose trucido.

Ma Izuku non si fece scoraggiare dalle parole dell'altro, fece qualche altro passo avanti e si chinò per raggiungere la sua altezza.
Mise una mano su quella dell'altro che teneva la ferita e la scansó per poterla osservare.

"Deve far male" osservó dopo un altro sguardo di dolore da parte del bicolore.

"L'hai capito solo ora" rispose il ragazzo duro.

"Venite di qua, ho sentito qualcosa" la voce di un soldato arrivó alle loro orecchie.

Izuku prese subito il ragazzo e lo nascose tra i rifiuti che si trovavano nel vicolo.

Una luce gli fu sparata in faccia
"Chi sei ragazzo? Identificati!"

Un soldato dagli occhi azzurri e i capelli biondi gli si era piazzato davanti insieme ai suoi compagni. Aveva un portamento rigido, la sua voce era dura e ferma, fatta apposta per incutere timore.

"Sono Izuku Midoriya, l'unico figlio del gran borghese signore" rispose come gli era stato insegnato.

"Bene ragazzo c'eri solo tu qua?"

"Si, volevo aiutare nel cercare gli ebrei o qualche altro essere da deportare" rispose con le sue grandi doti da attore.

A quella risposta il bicolore perse un battito, gli aveva mentito?

"Hai trovato qualcosa?" Chiese il soldato con quella sua arrogante voce.

Ormai il ragazzo pensava che per lui era finita, anche lui avrebbe fatto la fine di tutti gli altri, ma non fu così.

"Non ho trovato niente signore ma continueró ancora a cercare per ripulire la nostra terra" continuò la sua recita Izuku.

"Bene" disse il soldato concludendo la conversazione e andandosene dal vicolo insieme ai suoi compagni.

Appena Izuku fu sicuro che se ne fossero andati tiró un sospiro di sollievo e andò dall'altro ragazzo.

Spostó le cose e lo aiutó ad alzarsi.
"È meglio che andiamo ci sono molti soldati in giro" disse Izuku prendendolo per il braccio destro, quello non ferito.

"Aspetta, perché lo stai facendo?" chiese il ragazzo scosso dall'accaduto

"Perché non dovrei aiutare un ragazzo ferito? Perché è "diverso"?" rispose con un'altra domanda, mimando le virgolette all'ultima parola, per poi incamminarsi con lui verso la sua casa.

𝗔𝗺𝗮𝗿𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝘃𝘂𝗼𝗹 𝗱𝗶𝗿𝗲 𝗣𝗲𝗰𝗰𝗮𝗿𝗲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora