𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 𝟷𝟺

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Quanto tempo era passato? Nessuno lo sapeva, a nessuno importava.

Erano tutti sporchi dei propri bisogni, avevano fame, sete, erano stanchi di stare in quella posizione scomoda.

Non riuscivano a sedersi, l'unica cosa che li teneva in piedi erano i corpi degli altri schiacciati contro i propri. Izuku aveva due grosse occhiaie sotto agli occhi, non riusciva a dormire, nessuno ci riusciva, era un incubo, era anomalo.

Si stringeva forte alla maglia di Shoto che lo accoglieva calorosamente tra le sue braccia.
Lui, Shoto, rimaneva con il suo sguardo rigido, solo quando guardava Izuku si addolciva, doveva essere forte per tutti e due, doveva resistere, era solo colpa sua se Izuku era finito in quel posto, condannato a quel perfido destino.

Il treno all'improvvisó si fermó, ogni volta si illudevano che fossero arrivati, ma non era così. Il loro vagone si apriva, gli occhi abituati all'oscuritá si chiudevano d'istinto, e appena si riaprivano, un freddo getto d'acqua si abbatteva sui loro corpi.

Tutti tremavano dal freddo, era inverno, precisamente Gennaio 1940 ormai, ed essere bagnati in quel modo non era normale e genuino per la loro salute. Ma i soldati se ne fregavano di essa, non gliene importava se qualcuno aveva qualche malattia che si potesse aggravare, non gliene importava se i bambini piangevano e gridavano, non gliene importava di quegli occhi stanchi, lucidi, tristi...

Ed erano solo all'inizio di quell'incubo, di quella sofferenza che gli avrebbe tolto ogni speranza e ogni motivo per continuare a vivere. Il treno ripartì, le gambe tremavano; ora le persone cercavano di avvicinarsi di più per trovare quel calore che gli avrebbe fornito la sopravvivenza.

Dopo un po' di tempo Shoto iniziò a canticchiare un motivetto, forse voleva portare un po' di gioia? Forse voleva spezzare quel silenzio che si era creato fin dall'inizio del viaggio?

Izuku non lo sapeva, ma sorrise distinto quando qualcun altro si unì a quel canto carico della speranza che iniziavano ormai a perdere. In quel momento un vivace coro partì da quel vagone per il bestiame dove delle persone, che non avevano nulla in comune se non la sfortuna di essere finiti in quella situazione, cercava di donare la gioia perduta di quel periodo. I bambini iniziarono a calmare il proprio pianto, i corpi non tremavano più, finalmente si poteva sentire un po' di felicità.

Dopo un po' il coro finì, in quei minuti tutti si erano dimenticati della situazione in cui si trovavano, ma andava bene così, per una volta non sentivano il peso di essere le persone che erano. Izuku abbracció forte Shoto e lui gli diede un casto bacio sui capelli color prato.

Dopo un po' il treno si fermò, tutti erano con il fiato sospeso, appena il portello del treno si aprì la luce li accecò, ma non come prima. Erano arrivati, stavano andando incontro alla morte, ma nessuno poteva saperlo.

𝗔𝗺𝗮𝗿𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝘃𝘂𝗼𝗹 𝗱𝗶𝗿𝗲 𝗣𝗲𝗰𝗰𝗮𝗿𝗲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora