Cioccolatini per Jack

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Finalmente era arrivata l'ora di pranzo e finalmente (Y/n) era riuscita a raggiungere la caffetteria. Che fosse in ritardo lo sapeva benissimo, ma vedere la maggior parte degli studenti già ai tavoli a mangiare e degli altri in una rissa davanti al bancone la demoralizzava. Con lo sguardo cominciò a cercare nella folla Ace, Deuce e Grim, sicura che fossero seduti insieme da qualche parte, ma l'eccessiva quantità di gente rendeva impossibile individuarli. L'unico volto che riconobbe fra i tanti fu quello di Jack, che si trovava a un tavolo, da solo, riverso sul vassoio con le cibarie da lui scelte. Era una situazione perfetta: avrebbe dovuto dargli i cioccolatini, quindi qual miglior momento se non quando non c'era nessun altro attorno?

Si avvicinò a lui sbattendo la borsa sul pavimento, vicino al tavolo.

«Ehi, Jack! È libero questo posto?», indicò la sedia accanto a sé.

Il ragazzo-lupo sollevò la testa, perso. Era così concentrato sul pasto che dovette guardarla per un instante in più prima di inquadrare chi fosse. Quando metabolizzò la domanda annuì.

«Sì, è libero», rispose e si riversò di nuovo sul piatto.

La ragazza si sedette di fronte, senza distogliergli gli occhi di dosso. Al pranzo ci avrebbe pensato dopo, quando si sarebbero calmate le acque, per ora doveva fare altro.

«Allora, sei solo?», provò a chiedere, per avere conferma che nessuno si sarebbe intromesso. Vide le orecchie di Jack scattare verso di lei, captando il suono, ma pensò non avesse capito fino a quando non le rispose.

«Sì», fu secco, annuendo con la testa. Avrebbe voluto chiedergli come mai, ma aveva un po' fretta, al momento: il bancone si stava liberando e di lì a poco avrebbe dovuto muoversi per recuperare il suo cibo, quindi decise di andare dritta al sodo.

Si inclinò in avanti, abbastanza da essere certa che non dovesse urlare troppo.

«Ti devo dare una cosa», cercò di sovrastare il vociferare selvaggio che riempiva il luogo.

Jack, interrotto per la seconda volta dal suo pasto, sollevò ancora la testa, con la fronte corrucciata. «Che cosa?». Il suo tono era il solito e a (Y/n) venne naturale strizzare gli occhi per capire cosa avesse detto. Decise di avvicinarsi di più a lui, inclinandosi ancora prima di rispondergli, poggiando i palmi sul tavolo e il peso del corpo su di essi.

«Sono dei cioccolatini», si fermò, aspettando una conferma che avesse sentito. Rimase in attesa più del dovuto prima di ricevere un lieve cenno col capo, poi continuò «li ho fatti per te. Spero ti piacciano».

Senza accorgersene (Y/n), a ogni parola, si stava avvicinando sempre di più al viso del ragazzo, sporgendosi pericolosamente in avanti. Ancora una volta si ritrovò ad aspettare che le rispondesse, non rendendosi conto che Jack, nel frattempo, era diventato rigido e rosso in viso. Avere (Y/n) a una distanza così ravvicinata lo stava distraendo sia dalle sue parole che dalla fame che aveva fino a pochi secondi prima. Se possibile, corrucciò di più le sopracciglia e la fronte e la fissò senza dire niente. Piano piano gli occhi gli scivolarono sulle labbra rosee e le vide muoversi pronunciando qualcosa.

«Allora? Hai capito? Li ho fatti per te», ripeté. Gli prese una delle mani, poggiata vicino al vassoio, e gli schiacciò la bustina al suo interno.

«G-grazie...», riuscì a balbettare, prima di portarsi il palmo libero alla nuca e strofinarsela, sentendo un piacevole disagio.

«Bene», esclamò entusiasta lei, «ora devo andare a prendere il pranzo. Aspettami qui».

«Okay...», mormorò, riuscendo, però, a farsi capire.

Soddisfatta di aver consegnato i dolci, (Y/n) si tirò indietro al suo posto, saltò giù dalla sedia e si allontanò, lasciandosi alle spalle un Jack ancora confuso e imbarazzato.

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