Cioccolatini per Azul

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Non era rimasta così tanto a fissare uno specchio-portale come in quel momento. Si era incantata a guardare le onde che si creavano sulla superficie più a lungo del dovuto, indecisa se varcare la soglia o andarsene. Alla fine fece un profondo respiro e si immerse.

Come sempre, la bellezza di Octavinelle toglieva il fiato, ma stavolta non aveva tempo per ammirarsi attorno e partì a passo spedito verso il Mostro Lounge. Sapeva sarebbe stato difficile parlare con lui, era molto probabile che fosse immerso nel suo lavoro e che se gli avesse chiesto qualche minuto avrebbe rifiutato, a meno che non usasse un'altra strategia.

Aveva preso posto su uno dei divanetti, aveva chiesto a uno dei camerieri del locale di metterla in lista per poterlo incontrare nella sala VIP e adesso non le rimaneva altro che aspettare. Sospirò, nervosa da come sarebbe potuta andare, giocherellando con la cannuccia del drink che era stata costretta a comprare, senza averlo ancora toccato.

Quando l'ansia stava iniziando ad essere insopportabile, le si avvicinò lo stesso ragazzo con cui aveva parlato in precedenza e le disse che era arrivato il suo turno, chiedendole di seguirlo. Ora doveva mantenere i nervi saldi, perché era abbastanza certa che dopo che Azul avesse ascoltato i reali motivi per cui era lì avrebbe cercato di liquidarla.

«Buon pomeriggio e benvenuta nella sala VIP. Come posso esserti utile?», la salutò appena prese posto, con il suo solito cordiale e professionale sorriso.

(Y/n) tardò a rispondergli, prendendosi il tempo per pensare a come cominciare. Era stata così tanto seduta a ragionarci su, ma ogni inizio sembrava pietoso.

Il sorriso di Azul svanì. «Non ho mica tutto il giorno, ho anche altri affari da concludere, quindi se ti vuoi sbrigar-»;

«Non sono qui per fare con un contratto con te», lo interruppe, infine, buttandosi.

Il ragazzo parve irritato e allo stesso tempo sorpreso da quella risposta, celando una vena curiosa che però doveva sopprimere in favore degli affari.

«Se non sei qui per stipulare un contratto allora ti chiedo di andare», si girò verso una pila di fogli d'oro, sfogliandoli pigramente, leggendo tutte le clausole che gli capitavano davanti agli occhi.

«No. Devo darti una cosa», recuperò la bustina e la poggiò sul tavolo, facendola scivolare in direzione dell'altro, «questi per l'esattezza. Sono cioccolatini di San Valentino, li ho fatti io», spiegò in fretta, temendo che se si fosse presa del tempo lui avrebbe chiamato qualcuno per accompagnarla fuori.

Azul distolse gli occhi dai contratti, con fare indagatorio. Osservò la bustina più a lungo del previsto, poi alzò lo sguardo, rivolgendo tutta la sua attenzione a lei, mettendo via i fogli dorati.

«Non posso accettarli», fu secco, incrociando le dita sulla scrivania.

«Cosa? Perché no?», (Y/n) spalancò gli occhi, incredula.

«Non accetto regali unilaterali».

Quello era un bel guaio e (Y/n) si sentiva una stupida a non averlo previsto, era ovvio già solo sapendo come funzionava la sua Magia Unica. All'improvviso le venne un'idea.

«Accettali ugualmente. Poi fra un mese, durante il White Day, ricambierai dandomi del cioccolato bianco, come si usa fare nel mio mondo», propose. In realtà gli unici ragazzi che restituivano i dolci durante la seconda festività erano solo quelli che ricambiavano i sentimenti, ma questo Azul non poteva saperlo e se serviva per fare in modo che li prendesse, allora anche lei li avrebbe accettati. Era così imbarazzante pensare all'idea che lui, dopo un mese esatto, si sarebbe presentato da lei con dei cioccolatini bianchi, conoscendo il vero significato dietro il gesto, ma doveva reprimere il rossore che stava cominciando a palesarsi per ascoltare cosa avesse da dirle.

«Se è così, va bene, li accetto. Ora se vuoi accomodarti all'esterno», fu freddo e all'apparenza indifferente al regalo e questo portò (Y/n) a stringere le labbra e a sospirare, aspettandosi una simile risposta.

«Va bene», annuì arresa e si alzò, «buonasera, senpai», lo salutò dirigendosi verso la porta.

Quando si chiuse, Azul si poggiò alla sedia, distendendo un po' i nervi. Buttò una veloce occhiata al sacchetto ancora posto sulla scrivania, provando una strana sensazione. Si staccò dallo schienale, poggiando i gomiti sul tavolo e ponendo le mani intrecciate davanti alla bocca. Fissò l'oggetto, serio, corrucciando le sopracciglia. Poi, alla fine, lo prese e lo mise nel primo cassetto, non volendo che nessun altro vedesse il suo regalo.

«Fate entrare il prossimo», annunciò, sperando di dimenticare quell'incontro il prima possibile.

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