Capitolo 45

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Una sola parola

Le lacrime continuavano a scendere come due fiumi in piena, senza potersi fermare. Mentre uno continuava a correre con lei caricata sulle spalle, altri tre uomini procedevano davanti a lui, abbattendo i soldati velocemente senza dare loro il tempo di accorgersi del loro arrivo.

La spalla spigolosa dell'uomo le stava perforando la pancia, e a ogni sobbalzo le mancava il fiato. Non riusciva a respirare, tra le lacrime e il dolore al ventre. Sara era morta, per colpa sua... Sara non c'era più... se n'era andata per sempre.

Loro continuavano a correre senza fermarsi, senza guardarsi indietro. E più avanzavano e più Kendra vedeva corpi di soldati a terra, uccisi dai colpi dei quei tre guerrieri che la precedevano. Raggiunsero le scale che conducevano al piano superiore e, prima di salire, gli uomini si fermarono per osservarsi meglio intorno, assicurandosi di non essere seguiti. Una volta certi di non trovare altri sulla loro strada cominciarono a salire le scale.

«Dove cazzo dobbiamo andare?» ringhiò quello che la reggeva.

«Nelle stanze di lei, e lì che conserva il diario» il capo del gruppo fece segno ai suoi uomini di avanzare.

Accucciato sull'ultima balaustra della scala, nascosto della penombra, Adrian osservò gli uomini salire lentamente le scale, le mani sulle armi. Infilò la spada nel fodero e si assicurò che i suoi coltelli da lancio fossero ben fissati al petto. Indugiò ancora un attimo, gli ultimi quattro gradini... tre... due... uno...

Il salto fu leggero e Adrian atterrò addosso a uno di loro. Ruzzolarono giù dalle scale uno attaccato all'altro, ma Adrian sfruttò il vantaggio della sorpresa. Spinse contro uno dei scalini, ritrovandosi a ridosso dell'uomo.

Quest'ultimo tentò di divincolarsi, ma Adrian lo afferrò e con un solo scatto gli ruppe il collo. Il rumore delle ossa fece rabbrividire Kendra: Adrian pareva essersi trasformato, non era più l'uomo pacato e modesto che aveva imparato a conoscere. Il viso era una maschera di pietra, inespressiva a gelida, sembrava emanare un'aurea nera di terrore e morte.

Un altro ragazzo scese velocemente le scale con due pugnali sguainati, ma Adrian fece una capriola per schivare un colpo laterale: la sua mano corse ai piccoli pugnali e ne lanciò due velocemente. Una lama si conficcò nel collo dell'avversario e la seconda nel petto, quello cadde indietro con la braccia aperte.

Il soldato che stava tenendo Kendra la lanciò a terra, raggiungendo l'unico compagno che gli era rimasto.

Il colpo per la caduta le mozzò il fiato: tenendosi il fianco destro strisciò verso il corrimano, tentando di issarsi. Strofinando il volto contro la spalla si liberà del bavaglio, rimanendo però impotente a osservare il combattimento.

Adrian sembrava un felino, maneggiava la spada con leggerezza, i suoi passi sembravano calcolati e studiati da tempo. Schivava e colpiva, evitava e affondava: più che un combattimento, il suo sembrava un ballo.

«Dietro di te!» gridò Kendra. L'uomo con la coda dell'occhio intravide un fendente, si gettò di lato e per poco il colpo non gli ferì una spalla.

Lanciò altri due coltelli, uno andò a vuoto mentre l'altro si conficcò nella gamba dell'assalitore. Lui gridò e cadde di lato, stringendosi la coscia.

Sul viso dell'ultimo Adrian lesse tutto il terrore possibile. Non gli diede qualche secondo in più per pensare e attaccò colpendolo con un montante, girò e poi con un colpo orizzontale. Gli aprì il ventre come un libro e il nemico cadde a terra, dissanguandosi.

Adrian si permise di prendere un forte respiro: erano mesi che non richiedeva al suo fisico uno sforzo come quello. Si voltò verso quello ferito e lo prese per bavero del giustacuore. «Chi vi ha mandato? Chi è a capo di questa spedizione?» ringhiò, pestandogli la gamba sanguinante.

Le Cronache di Mizar - il diario di MerakDove le storie prendono vita. Scoprilo ora