Capitolo 1

474 48 387
                                    

Gruasa

La stanza era immersa nel buio, solo alcuni spiragli di luce filtravano attraverso le tende delle finestre, schiarendo l'ambiente. Due occhi verdi si spalancarono di colpo: la ragazza sbatté più volte le palpebre, focalizzando tutto intorno a lei. Dopo essersi resa conto di essere nella sua stanza, si mise a sedere sul letto strofinandosi il viso. Ancora lo stesso incubo, il medesimo da ormai quindici anni. Gli occhi del padre erano ancora impressi nella sua mente, proprio come quando li aveva visti in quella stanza.
Nel rivivere quell'incubo le sembrava di tornare indietro nel tempo, quando aveva appena cinque anni e di ritrovarsi vicino ai cadaveri di Yanis ed Elena, i suoi genitori.

Aspettò che quell'angoscia ormai amica scivolasse via, alleggerendola dal peso del dispiacere. Aveva imparato a non piangere più per quella scena, il muro che aveva messo tra lei e quell'avvenimento era diventato più che solido, proteggendola.

Era molto che non si disperava per loro, aveva giurato a sé stessa di non versare altre lacrime: quello che le era successo in quel lontano passato non si poteva riparare, meglio conservarle per drammi futuri. Prima che potesse scendere dal letto, qualcuno bussò alla porta sulla sinistra. «Avanti» invitò lei con un leggero sorriso, sapeva già chi fosse. Una donna entrò nella stanza: i capelli mori erano raccolti in uno chignon di trecce e Kendra rise nel vedere la sua camminata goffa, ormai così familiare. Aveva il volto tondo e paffuto, con poche rughe vicino agli occhi e sulla fronte. Era una donna sui cinquant'anni, sempre in movimento e con l'affanno a causa del suo peso.

«Buongiorno principessa, ma siete ancora a letto? Muovetevi, siete in ritardo, avete lezione stamani.» Spalancò le tende e un'onda di luce investì tutto. La ragazza si coprì il viso, ferita da tutta quella luminosità. «Buongiorno anche a te Sara» sorrise Kendra scendendo e dirigendosi nella sala da bagno. Dopo essersi lavata velocemente tornò in camera: il letto era già stato rifatto e i vestiti che la notte prima aveva gettato a terra erano stati piegati e messi via.

«Veloce, Mia Signora, non abbiamo tutto il tempo.» Sulle coperte bianche Sara aveva sistemato l'abbigliamento per l'allenamento. Con il suo aiuto Kendra indossò le vesti dopodichè la donna la costrinse a sedersi alla pettiniera.

La principessa vide, riflessa nello specchio, Sara pettinarle i lunghi capelli rosso scuro e legarle le ciocche laterali in due trecce per poi unirle dietro il capo. Con un po' di talco e dei cosmetici le nascose quelle leggere occhiaie dovute al poco sonno. «Meravigliosa, anche se in una tenuta poco femminile» sussurrò Sara accarezzandole la guancia.

La ragazza sorrise, amava le sue carezze. Mangiò al volo della pappa d'avena, afferrò la spada e uscì dalla stanza per raggiungere l'arena. Scese la scale che conducevano al piano terra che lo collegavano al primo piano, dove si trovavano le stanze dei reali e l'enorme biblioteca del castello. Imbucò un grande corridoio illuminato da vetrate, alternate da alte colonne che sostenevano gli archi a tutto sesto del soffitto, da cui calavano pesanti vessilli. Lo stemma di Renuad brillava alla luce del giorno: due spade rosse incrociate, rivolte verso il basso su uno sfondo oro, spiccava ovunque.

«Sorella!» La voce di Joan attirò la sua attenzione: proveniva dalla sala del trono, questo voleva dire che ci fosse anche il sovrano. Non poteva ignorarlo. S'inchinò quando si ritrovò alla presenza di re Sven Renuad: aveva i capelli brizzolati, grossi baffi nascondevano le fini labbra, sotto a un naso pronunciato.

«Buongiorno, Vostre Maestà» asserì Kendra riservando ai monarchi un inchino. L'uomo alzò gli occhi grigi, severi.
«Buongiorno anche a voi» parlò passando lo sguardo sul suo abbigliamento, per niente consono a una corte.

Le venne incontro suo fratello, che con la sua figura si frappose tra lei e il sovrano.  «Quante volte ti ho detto di non passare in questi corridoi quando vai ad allenarti? Conosci l'etichetta di corte, non regalare a nessuno il pretesto di farti riprendere» disse lui con voce pacata.
Anche lui aveva i capelli rossi scuri, lunghi fino al collo sempre in ordine, con una fine barba che gli disegnava il mento e gli circondava la bocca fin sotto il naso.
Al contrario di lei, aveva due profondi occhi marroni, proprio come quelli della madre.

Le Cronache di Mizar - il diario di MerakDove le storie prendono vita. Scoprilo ora