CHAPTER 29

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Playlist:

• Cigarette Daydreams - Cage The Elephant
• I Love You So - The Walters

Michelle se ne stava seduta sul divano, le gambe distese in avanti e il capo poggiato sul bracciolo del salotto di casa sua. Guardava il soffitto come se fosse capce di darle delle risposte, come se sapesse cosa dirle. La verità era che non lo sapeva neppure lei che diavolo desiderasse sentire.
Stava aspettando che sua madre tornasse, non aveva capito se stesse facendo gli straordinari oppure avesse deciso di passare a fare la spesa. Comunque aspettava, guardava l'ora, contava i minuti e prendeva dei respiri profondi, intensi.
Ogni volta che l'aria le entrava nei polmoni sembrava bruciare, le veniva da piangere ma si costrinse a resistere. Non poteva permettersi di essere debole, ormai non poteva permettersi più niente.
Bel modo di iniziare le vacanze.

Il rumore delle chiavi che giravano nella serratura la risveglió dal coma d'angoscia in cui era piombata. Le si chiuse la gola e il tessuto scolorito dei cuscini sembró volerla inghiottire. « Aiutami a sistemare le cose. » La voce stridula della signora Richardson ruppe presto il silenzio del salotto e fece sussultare Michelle, si alzó subito e afferró le buste per portarle in cucina.
Doveva parlarle a tutti i costi.

Quando arrivarono vicino al bancone in finto marmo si mise poggiata contro il bordo, su un fianco; incroció le braccia al petto. « Devo dirti una cosa. » Lo sgurdo era serio, il tono carico d'ansia.
La donna aveva già iniziato a smistare le cose nel frigo, aveva lo stesso viso della figlia ma il corpo più formoso, da giovane doveva essere stata bellissima, ma ora era decisamente sola. « Mi ascolti? »
« Mi aiuti? » Michelle sospiró infastidita e ubbidì, si accovacciò, prese a passarle le cose dal basso in modo che potesse ordinarle più velocemente.
Poi si rimise composta. « Devo dirti una cosa, ascoltami un secondo. » La donna voleva solo mettersi a letto dopo una giornata di lavoro sfiancante, non aveva voglia di sentire i gossip della figlia, cosa fosse successo a scuola e quanto fossero abominevoli i professori.

Si fermó e posó una mano sul fianco, da sopra il cappotto che non si era ancora tolta. « Ti hanno sospesa? »
« No. »
« Sarai bocciata? »
« No... »
« Allora non è importante. »

Michelle rimase zitta, fu tentata di non dirglielo, non ancora. Ma sapeva che più avesse aspettato più sarebbe diventato peggio. « Sono incinta. »
La madre, che aveva ripreso a fare le sue cose, si voltó lentamente; forse sperava di aver sentito male.
Non sapeva cosa risponderle, se incazzarsi, chiederle di chi o perchè. Come aveva fatto ad essere così stupida, dopo tutte le cose che le aveva spiegato, dopo aver visto quanto fosse stato stronzo suo padre?

Una risatina nervosa le accarezzò le labbra dipinte di un rosa ormai sbiadito dalle lunghe ore di lavoro.
« È uno scherzo. »
Michelle prese a torturarsi le dita, le stringeva e poi le tirava, faceva schioccare le nocche e si asciugava il sudore sui pantaloni. « Non è uno scherzo, sono incinta. »
« Di quanto? »
« Tre mesi. » Non piangere Chelle, non ora.
Pensó per un momento che sarebbe svenuta, l'ansia la stava bruciando viva e lo sguardo della madre non era certamente rassicurante. Lo sapeva già cosa avrebbe detto, che fosse una stupida, una cretina che si era innamorata di un ragazzo che non l'avrebbe mai potuta considerare. « Chi è il padre, lo sai? »
Michelle scosse il capo, non ci riusciva proprio a non essere perfida. Le stava dando della poco di buono? « Si. » Sicura, Michelle? Forse Anna non ha tutti i torti, forse non sei stata solo con Alexander.
« E lo sa? »
« Si. »
« Che ha detto? »
« Che si prenderà le sue responsabilità. »
« E cioè? Ha dei soldi, cosa ha da darti per aiutarti a crescere un figlio? » Il tono di voce era chiaramente critico, si era già spostata con le dita tre volte i capelli dietro le orecchie, un gesto dettato dal nervosismo; stava cercando di non esplodere.

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