2. Vivere nell'ombra

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Simone era entrato in un circolo vizioso da cui non riusciva più a tirarsi fuori.
Jacopo gli chiedeva di andare con lui e Manuel da qualsiasi parte e Manuel riusciva a convincerlo utilizzando la psicologia inversa e facendogli ricatti morali, ricordandogli che Jacopo lo faceva solo perché era preoccupato per lui, che doveva accontentarlo e che, ogni tanto, era giusto fosse lui a sacrificarsi per il fratello.
E Simone era costretto ad accettare ma avrebbe preferito fracassarsi le ossa piuttosto che uscire con loro, con Manuel soprattutto.
Quando erano tutt'e tre insieme non faceva altro che guardarlo male, ignorare le sue parole o parlargli di sopra, insultarlo indirettamente e finivano anche spesso per discutere ogni volta che Jacopo li lasciava da soli per qualche minuto.

Manuel, dal canto suo, riteneva che quello adottato da Simone fosse solo vittimismo, un modo per attirare le attenzioni di Jacopo su di lui approfittandosi del bene che il fratello gli voleva.
Ogni volta che uscivano insieme lo vedeva tranquillo, sereno. Diceva sempre di non saper stare in mezzo alla gente ma dimostrava tutto il contrario, a quella festa aveva pure rimorchiato.
E a lui le persone false non piacevano.
C'era qualcosa in Simone che gli faceva storcere il naso, trovava in ogni sua azione o parola un secondo fine, un significato nascosto.

E lo stesso valeva per Simone.
Riteneva che Manuel fosse uno che si dà tante arie per niente, uno convinto di avere tutti ai suoi piedi e tutto il mondo tra le mani quando - invece - non aveva nulla di tutto questo.
Era solo uno sbruffone che amava vantarsi, che dava peso alle apparenze e alle cose materiali.
Tutto ciò che diceva era per Simone insensato, fuori luogo e non riusciva proprio a mascherare quell'antipatia nei suoi confronti, non ci provava nemmeno in realtà.

Avevano più volte messo in chiaro di non starsi simpatici, ne era consapevole anche Jacopo, ma fingevano di essere in pace ogni volta che c'era lui presente, lo facevano per il suo bene, unica cosa che li accomunava.

Quel giorno erano seduti ai tavolini di un bar del centro, faceva più caldo del solito e Simone non la smetteva di guardarsi ossessivamente attorno, aveva paura di incontrare i suoi compagni di classe, paura che potessero prenderlo in giro anche lì.
Jacopo era dentro al bar, aveva incontrato un amico di vecchia data, mentre Manuel e Simone seduti non aprivano bocca ma il primo si rese conto del comportamento strano di Simone e non riuscì a restare in silenzio.

«Ma che c'hai? Me pari uno co' le manie de persecuzione. Te devono arrestà pe' caso?» chiese ridendo ma Simone non rideva neanche un po'

«No, coglione» rispose a tono, Manuel non poteva capire perché fosse tanto in ansia, non perse nemmeno tempo a spiegarglielo «È per colpa tua se devo stare qua, ti ricordo»

Manuel roteò gli occhi «Ancora co' 'sta storia? Guarda che manco a me piace stà co' te»

«Smettila di insistere allora. Trova una scusa a Jacopo, digli che ti sto sulle palle e che con me non vuoi uscirci, qualsiasi cosa»

«Ma che te costa stà co' lui, prende' 'npo' d'aria?»

«C'ho le mie cose da fà, va bene?»

«Seh, tipo dare la forma tua al letto. Secondo me tu' padre manco se rende conto quando ci sei e quando no, stai sempre chiuso a suonà, a studià. Ma nun te rompi?»

Certo che si rompeva, certo che avrebbe voluto uscire e prendere aria fresca ma come? Ogni volta che si ritrovava circondato di gente iniziava a sentire l'ansia salire, iniziava a guardarsi intorno preoccupato che qualcuno potesse prenderlo di mira. La sua camera, lo studio e il piano erano il suo riparo e Manuel non poteva capire nemmeno quello.

«Saranno cazzi miei cosa mi piace fare e cosa no?» chiese Simone incrociando le braccia

«Mettiglielo un po' de zucchero nel caffè, capace te passa 'st'amarezza che te porti addosso»

Inaspettato || Simone x ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora