8. Verità su carta

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Erano passate settimane dall'ultima volta in cui Manuel e Simone si parlarono.
Gli capitava di scontrarsi a scuola ma cambiavano direzione o restavano solo a guardarsi da lontano, il che spezzava il cuore ad entrambi.

In compenso, però, Simone era riuscito ad integrarsi nella nuova classe ed era tutto merito di quei compagni meravigliosi che si era ritrovato accanto.
Aveva anche conosciuto Pin: era molto timido ma si capivano per ciò che avevano passato. Avevano parlato molto ed era confortante per entrambi conoscere qualcuno che potesse capirli completamente.

Jacopo aveva notato l'umore di Simone, sapeva a scuola stesse andando tutto bene e non riusciva proprio a spiegarsi da dove provenisse il suo malessere.
Mille cose gli ronzavano in testa e la conclusione più logica era ci fosse qualcuno che lo stesse facendo soffrire, un ragazzo, un suo fidanzato di cui non conosceva l'esistenza.
Provava a chiedere ma Simone diceva andasse tutto bene, gli fingeva un sorriso e cambiava discorso raccontandogli un aneddoto su uno dei suoi compagni che Jacopo, ormai, sentiva di conoscere come se fossero suoi.

Simone stava provando a distarsi suonando il piano in camera sua.
Gli capitava spesso di sentire la voce di Manuel in testa, le frasi che si dicevano, e allora cercava di coprirla con la musica, sperava di coprire i suoi pensieri con quella.
E spesso ci riusciva, anche se per poco tempo.
Vederlo a scuola gli faceva tanto male, anche se provava a non dimostrarlo in nessun modo.
E gli faceva male soprattutto doversi accontentare di quello scambio di sguardi freddi, entrambi con gli occhi spenti, costretti a soffrire.

Colpì i tasti con un gesto nervoso, creando un rumore assordante all'interno di quella stanza.
Subito dopo si portò le mani sul viso e non poté non pensare a quando quella notte, la prima notte, l'inizio di tutto quel calvario, Manuel si era messo accanto a lui proprio lì, davanti a quel pianoforte.
Gli sembrò quasi di sentire di nuovo il suo fiato sulla bocca e la sua mano sulla guancia.

«Così lo rompi, e va bene che a papà e mamma i soldi non mancano ma non ti sembra uno spreco?» Jacopo si avvicinò a lui e gli accarezzò velocemente i ricci scompigliandoglieli. Simone non rispose così Jacopo si sedette accanto a lui e premette in modo spassionato due tasti a caso «Non ricordo più nulla di come si suona questo affare»

«Eh per forza, al corso andavo sempre da solo»

«Assurdo come prima io ti abbia trascinato lì quasi con la forza per poi lasciarti solo» rise

«Sei un fratello pessimo» disse scherzando

Jacopo rise e poi si voltò verso di lui «Simo ti trovi male a scuola, per caso?» chiese

«No, affatto. Anzi, penso sia l'unica cosa ad andare bene in questo momento»

Jacopo annuì, lo sapeva già ma averne la conferma lo aveva tranquillizzato.

«Allora cosa c'è che non va? Ultimamente mi sembra di non sapere più niente di cosa succede nella tua vita e mi dispiace. Non capisco se sono io troppo lontano perché forse dedico più tempo a Carla che a te o se non mi parli più»

«Non saprei che dirti»

«Perché piangevi in quel modo? Perché stai di nuovo chiuso qui dentro?» Simone sospirò «Ho ragione io? C'entra un ragazzo?» chiese e Simone si trovò costretto ad annuire «Vuoi dirmi cosa è successo?»

«Pensavo di essere speciale per lui, me l'aveva fatto credere e invece sono solo stato uno come tutti gli altri»

«In che senso?»

Inaspettato || Simone x ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora