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Il sole di Marzo, seppur accompagnato da una leggera e fresca brezza, picchia violentemente sulle nostre teste, mentre quell'aria così pulita ci permette di respirare a pieni polmoni. Miliardi di piccoli fili d'erba ci circondano, con qualche piccola margherita che spunta qua e là. 

Questo angolo di verde, lontano dalla caotica e grigia atmosfera della città, è sempre stato un rifugio dopo il mio trasferimento nella capitale.

Non lo avevo cercato, nonostante all'epoca necessitavo così tanto di un nascondiglio a colori per sfuggire da quel film in bianco e nero che si stava trasformando passo dopo passo nella mia vita.

Nell'esatto giorno in cui l'ultimo grosso scatolone da trasloco con dentro i miei infiniti libri era stato svuotato, sapevo di dover riempire le mie narici con dell'aria pulita, poiché ormai aride da tutta quella polvere. 

Avevo chiuso la porta d'ingresso in fretta e furia per poi riversarmi per la strada, stringendomi nella leggera felpa di cotone che indossavo. Tirava un vento freddo, quasi gelido, segno dell'imminente arrivo della stagione invernale, quando, d'un tratto, scorsi un albero in lontananza, nel bel mezzo del nulla.

Tutt'oggi non ne comprendo appieno il motivo, ma invece di alzare i tacchi e tornare in casa, al caldo, nella speranza ottusa di aprire il frigo e trovare qualcosa da mangiare, rimasi lì ancora un po', per molto tempo, riparata da quella vecchia quercia dai rami ancora robusti, dalle foglie ancora verdi e rigogliose. 

Vengo sempre qui, senza un motivo realmente valido.

Mi sento in pace, in armonia con ciò che mi circonda, come se pian piano mi stessi tramutando in uno di quei poeti inglesi, romantici fino al midollo, che probabilmente darebbero qualsiasi cosa per essere ispirati a comporre i loro testi, proprio da un luogo come questo. E mentre loro affondano le radici nella fantasia, io invece ho la fortuna di essere davvero poggiata su questo soffice prato. 

Non l'avevo cercato. Forse era stato lui a trovarmi; a pensare che la mia compagnia fosse migliore di qualsiasi altra.   

E ora le nuove consapevolezze del giorno precedente, mi hanno spinto verso un qualcosa di nuovo. Con una piccola borsa tra le mani, a distanza di qualche ora dalla partenza dell'aereo diretto a Dubai, ho deciso di offrire anche a Christian un rifugio, qualora fosse nei paraggi e ne avesse bisogno. 

"Come si sta bene qua" respira a pieni polmoni, con lo sguardo rivolto all'azzurro, per poi sdraiarsi sulla tovaglia colore del cielo sbiadito.
Alzo gli occhi dal mio quadernino per potermi voltare verso di lui.

Questa è la prima frase che ha pronunciato da quando siamo arrivati. I suoi occhi hanno scrutato ogni minimo particolare intorno a noi, mischiando il loro colore di partenza a quell'altro più acceso, carico di pigmento.

Io, amando sempre di più quel suo essere silenzioso di fronte alla pace, ho aperto la borsa per afferrare la cassaforte dei miei pensieri scritti a penna e ho semplicemente continuato a scrivere. 

Ogni parola pronunciata sarebbe stata pleonastica.

Tra di noi non era mai stato necessario alcun tipo di discorso-tappa buchi, anche il silenzio, soprattutto se accompagnato da il leggero canto di un usignolo, è più dolce e piacevole dello zucchero filato, in sua presenza. 

Christian scruta la luce del sole che attraversa i disordinati rami dell'albero, strizzando gli occhi un paio di volte come per abituarsi. Li stropiccia un po' con il dorso delle mani, probabilmente con così tanta forza che mi verrebbe da bloccare quel gesto, con la paura che possa cancellare i miliardi di puntini che gli ricoprono le guance. 

Un bambino di otto anni. 

Identico a quelle piccole pesti dai visi paffuti che spesso e volentieri mi fermano per strada, timorosi io possa divorarli, come un mostro cattivo. Dopotutto non hanno tanto torto, sono così belli da farmi molto spesso immaginare come potrebbe essere mangiare di baci un piccolo esserino nato da me. Poi scuoto la testa divertita. Io? Mamma? Non so nemmeno badare a me stessa, a quanto pare.

Vivere tre viteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora