Postura fiera, mento alto , braccia incrociate dietro la schiera. Il kommandant delle SS se ne stava così, al centro della grande stanza militare. Girava liberamente per il salone, fissando attentamente i suoi soldati, ad uno ad uno. I suoi occhi glaciali li fulminavano. Questi, di contro, a capo chino attendevano che lui parlasse. Lo temevano , eccome se lo temevano e facevano bene. Perché Stephan in quel momento era furioso.
"Ora mi dite come avete fatto a farvi fregare da quattro insulsi italiani? Imbecilli!" Esordi il comandante " A cosa cazzo vi è servito l' addestramento militare se poi non siete in grado di affrontare quei pezzenti?" Proseguì duro. " Quei luridi penseranno di poterla fare franca e vi giuro che se una cosa del genere dovesse ripetersi vi fucilerò tutti, ad uno ad uno. In questa caserma comando io ed i miei soldati devono preoccuparsi di sopprimere qualsiasi tipo di resistenza contro il regime, non di importunare le ragazzine -li fulminò con lo sguardo, riferendosi a quanto accaduto con Glenda- Da adesso in poi chi non esegue gli ordini muore .Ora andate a lavorare, idioti, esigo i nomi di coloro i quali hanno osato sfidare la mia autorità, la Germania ed il nostro regime, giuro che rimpiangeranno di essere nati" Sentenziò mortale Stephan.
I suoi soldati recepirono immediatamente l' ordine
" Ed ora sparite!"Aggiunse autoritario
" Ja , Herr Kommandant" Asserirono , prima di congedarsi
Quella notte, infatti, dei ribelli avevano osato infrangere il coprifuoco e , nel buio della notte, erano riusciti a sabotare decine di carri da guerra tedeschi, apportando danni irreparabili. E Stephan questo non lo accettava. Lo mandava fuori di testa. Per lui era un affronto intollerabile e fremeva all' idea di avere tra le mani quei ribelli. Li avrebbe massacrati senza pietà. La sua devozione verso il regime nazista era folle, estrema. Viveva per quel lavoro, gli piaceva da impazzire. Considerava la sua razza superiore e per Stephan la superiorità si mostrava con la forza e la violenza. L' essere superiore sopprimeva l' altro.Stephan non era un semplice ufficiale, per lui quello non era solo un lavoro come per i suoi colleghi: quello era il trionfo dei suoi ideali. Di quella radicalissima e malsana convinzione che per rendere il mondo migliore fosse innanzitutto necessario ripulirlo dalle erbacce velenose. Le razze " inferiori" per lui dovevano essere eliminate. Ebrei, zingari, oppositori al regime stavano rubando ossigeno all' umanità. Non se ne sarebbe fatto scappare nemmeno uno, li avrebbe uccisi tutti , si disse. E pensare che quella notte, i suoi soldati non erano riusciti a bloccare l' azione disorganizzata di pochi ribelli lo fece incazzare come una bestia. Anche perché questa incompetenza tedesca avrebbe potuto fomentare altri episodi di ribellione, vista la mancata risposta da parte degli occupanti. Quegli incapaci non erano buoni nemmeno a gestire dei poveri oppositori al regime. E se ricordava poi che alcuni di loro avevano tentato di mettere le mani addosso a quella ragazzina si infervorava ancora di più. Stephan tolse la giacca della divisa incazzato nero, poi sollevò sugli avambracci le maniche della camicia. I suoi muscoli erano in costante tensione. Si sedette sulla sedia girevole dietro la scrivania per poi versarsi da bere. Si massaggiò le tempie mentre pensava a come risolvere la questione. Quell' affronto aveva scatenato la bestia. Fu così che Stephan partorì la brillante idea di compiere una rappresaglia. Decise che , mentre i suoi soldati si sarebbero incaricati di incastrare i colpevoli di quell' affronto, lui avrebbe ucciso 25 italiani a caso, tanti quanti erano stati i carri tedeschi danneggiati. Sorrise cattivo: nessuno avrebbe osato mai più sfidarlo.
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"Perché?" Urlò Glenda contro suo fratello e suo padre.
" Adesso basta, piccola, la risposta è no, rimarrai a casa, fine del discorso!" Le disse suo fratello deciso. Suo padre annuì. La ragazza allora abbassò lo sguardo e corse a rifugiarsi nella sua stanzetta. Sfogò la sua frustrazione contro il cuscino, mentre gli occhi si inondavano di lacrime. Se c' era una cosa che non sopportava era quella di essere esclusa da ogni decisione o evento di rilievo. Suo padre e suo fratello lo facevano sempre. Con la scusa che era piccola e signorina, non veniva mai coinvolta in alcun tipo di decisione. Glenda non ne comprendeva il motivo. Era una ragazza e possedeva un cervello proprio come loro. Era un essere pensante e poi aveva già compiuto diciotto anni: il loro comportamento era totalmente insensato. Trovava assolutamente ingiusto quello smisurato senso di protezione che gli uomini di casa nutrivano nei suoi confronti. Che senso aveva tenerla allo scuro da ogni cosa?
Francesco ed il signor Eugenio , in realtà, l' amavano incondizionatamente e tenevano Glenda e sua madre il più lontano possibile dalla realtà cruda. Non che in quegli anni di guerra fosse semplice, con l' occupazione tedesca in corso ed i continui bombardamenti poi la situazione era tesa, però loro cercavano sempre e comunque di proteggerla. Continuavano a lasciarla vivere nella sua campana di vetro, lontana dalla miseria di anni difficili. Sua madre non se ne preoccupava, era una donna d' animo buono, ma che vuoi per l' educazione ricevuta, vuoi per il carattere non sembrava essere interessata a ciò che la circondava. Abbracciava la mentalità dell' epoca che vedeva dalla donna come l' ombra dell' uomo e le andava bene così. In vita sua non solo non si era mai affannata, ma aveva comunque una splendida famiglia, una casa invidiabile, viveva negli agi:quella vita le era comoda . I problemi di attualità non le erano mai importati. Sua figlia, invece , era diversa. Era stata educata ad essere remissiva, tutti volevano proteggerla, preservarla, ma dietro quel viso dolce e gli atteggiamenti pacati si celava una guerriera. Glenda era dolce e forte, fragile e combattiva al contempo. E per quanto la società le imponesse delle regole rigide da rispettare, la sua indole caparbia sembrava sfidarle sempre. Era una ragazza tutto pepe, molto difficile da gestire.
" Vai Francesco, fa attenzione, a tua sorella passerà" Disse il signor Eugenio salutando suo figlio. Questi lanciò un ultimo sguardo in direzione della camera della sua amata sorellina impertinente. Le voleva un bene dell' anima ed anche se odiava vederla piangere si sarebbe fatto uccidere pur di non metterla in pericolo o turbarla. Quel giorno, infatti, il kommandant delle SS Stephan Hoffman aveva indetto una " riunione in piazza" obbligatoria per i cittadini romani maschi che abitavano presso il quartiere Montesacro. Francesco che aveva contatti con la resistenza romana ed era perfettamente al corrente del sabotaggio dei carri armati tedeschi ad opera dei ribelli aveva compreso subito che quella bestia si sarebbe vendicata. Lui non era affatto stupido ed aveva intuito che il kommandant avrebbe ribadito la sua pozione con la forza e la violenza.
Quell' uomo era un animale, Francesco lo sapeva bene. Stephan era famoso per la sua crudeltà fuori dal comune e per i suoi modi spicci. Egli non era tipo da molte parole e convenevoli:o si eseguivano i suoi ordini,o si veniva uccisi.
Ad ogni modo Francesco, pur non essendo un abitante del quartiere incriminato, in quanto viveva presso Rione Monti, decise di recarsi in piazza. Voleva vedere con i suoi occhi le intenzioni di quel bastardo.
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" Alla base di tutte queste razze aristocratiche non si può non riconoscere l'animale da preda, la trionfante bestia bionda che vaga alla ricerca della preda e della vittoria; questo fondo occulto, di tanto in tanto ha bisogno di scaricarsi, l'animale deve uscire di nuovo alla luce tornare alla vita selvaggia, - nobiltà romana, araba, germanica, giapponese, eroi omerici, vichinghi, scandinavi - si assomigliano tutti in questo bisogno" Recitò Stephan solenne, ripetendo a menadito parole del celeberrimo filosofo tedesco Friedrich Nietzsche.
Si rivolgeva alla folla fiero, con marcata superiorità sprezzante. La sua ideologia si basava anche sul pensiero di Nietzsche che da reazionario qual era fu travisato come nazionalsocialista.
Il kommandant era stretto nel suo lungo cappotto grigio , sul quale spiccava la croce di ferro. Mostrava una spaventosissima calma. Quella era una calma devastante, la calma gelida di chi pregusta la vittoria.
La folla tremò dinnanzi alla sua figura imponente. I suoi oggi azzurrissimi sembravano vetro, erano taglienti. Da uno come lui ci si poteva aspettare solo una crudeltà smisurata.
" Che queste parole siano da monito per le vostre azioni. Buona visione, signori" Aggiunse Stephan, enfatizzando sprezzante le ultime parole.E fu così che il Kommandant si mosse elegantemente per lasciare spazio ai suoi soldati che trascinarono selvaggiamente venticinque uomini italiani al centro della scena.
Stephan si godeva la scena dall' alto, mentre riservava occhiate di sfida alla folla. Come a rammentargli chi comandasse. Si muoveva con disinvoltura nella sua alta uniforme. Sembrava il re del mondo e quelle povere persone erano burattini nelle sue mani.
Le urla dei venticinque malcapitati erano da brividi, ma i tedeschi sembravano sordi a quei lamenti.
Il kommandant era ormai pronto a guastarsi la scena, con il suo odioso sorrisino di vittoria stampato sul volto, ma in quel momento nella la folla incontrò due perle azzurre. Stephan fissò immediatamente quell' immagine e riconobbe immediatamente Glenda. La vide spaurita in mezzo alla marea di persone che popolavano la piazza. Lei, testarda com' era, ovviamente non aveva obbedito alle disposizioni di suo padre e di suo fratello ed aveva deciso di scappare da casa e di assistere a quella " manifestazione " . La ragazza era confusa, troppo ingenua per comprendere che i 25 uomini sarebbero stati giustiziati. Poteva percepire la tensione che aleggiava, ma ancora nemmeno immaginava ciò che sarebbe accaduto.
" Fermi!" Ordinò Stephan ai suoi soldati.
" Cosa? Che stai dicendo Stephan?" Osò ribattere Friedrich, il suo caro amico, nonché collega.
" Sta zitto e voi fate come vi dico, subito!" Proseguì irremovibile. L' avrebbe allontanata da lì, lei non poteva vedere quel massacro. Si chiese poi cosa ci facesse lei lì, quella ragazzina continuava a stupirlo. Il comandante arginò la folla sconcertata e focalizzata sui venticinque malcapitati , mentre con passo svelto si avvicinò alla ragazza. La raggiunse in fretta .
" Signorina , non dovreste stare qui, questo non è posto per voi" Disse Stephan alla giovane, la quale ovviamente non fu d' accordo.
" E perché? Io voglio vedere che succede" S' impuntò lei.
" Glenda, non vi consentirò di assistere a questa scena, quindi seguitemi, altrimenti mi costringerete a portavi via di forza" Sentenziò irremovibile lui. Ma lei era testarda e fece per sorpassarlo lo stesso. A quel punto il kommandant stanco di quel teatrino l' afferrò saldamente per la vita e se la trascinò dietro , lontano da quel luogo, non prima di aver ordinato con un cenno della mano ai suoi soldati di procedere.
Glenda , durante il breve tragitto, urlava e scalpitava.
" Calmatevi, lo faccio per voi, credetemi se vi dico che non è il caso che vediate quello spettacolo" Cercò di convincerla lui.
" Lasciatemi!" Gli urlò contro la ragazza, scalciando.
" E va bene , vi lascio, ora va bene?" Acconsentì il il comandante mentre la depositò delicatamente con le spalle contro il muro di un palazzo posto in una traversina. Ormai erano abbastanza distanti dalla piazza .
" Come vi permettete di trascinarmi qui contro la mia volontà? Lasciatemi andare! " Proseguì lei coraggiosa, cercando di togliarselo di dosso.
Stephan , però,fu più veloce e la bloccò contro la parete, posizionandosi esattamente davanti la sua esile figura. Faceva pressione sulla ragazza, ma senza farle del male. Stava comunque molto attento a non schiacciarla.
Lei non reagì bene a quell' imposizione e nell' impeto del momento gli assestò uno schiaffo in volto.
Stephan girò la testa di lato per poi rivolgerle un' occhiata dura, che la raggelò all' istante. Glenda solo allora si rese conto di cosa aveva appena fatto: aveva colpito il comandante delle SS. La giovane prese a tremare , davvero preoccupata dalla possibile reazione di lui. Stephan in altre circostanze avrebbe ucciso a mani nude, ma quell' iniziale rabbia venne subito rimpiazzata da qualcos'altro . Il kommandant si trovò a pochi centimetri dal volto di lei e quella vicinanza lo mandò in tilt. Osservò le labbra tremanti di Glenda ed i suoi meravigliosi occhi che diventarono acqua pura. Era terrorizzata, si percepiva da un miglio di distanza. Ed eccolo di nuovo, quell' immane impulsò di baciarla tornò prepotente. Stephan osservò le sue labbra piene e tremolanti : era così innocente. Sentì immediatamente il bisogno di sporcare quell' innocenza. Il suo profumo , i suoi capelli oro, tutto di lei gli annebbiò i sensi. Rapito si avvicinò.
"Per favore non..." Lo supplicò la ragazza, prima di essere interrotta da lui che le posò delicato una mano sul viso.
" Shhh, solo un bacio , ti prego" Disse al limite. Si era ridotto a pregare una donna, ma non poteva farne a meno.
Stephan non resistette più, sentiva che se non l' avesse baciata subito sarebbe impazzito. E così, mentre lei respirava affannosamente dalla paura, lui unì le loro labbra in un bacio casto ed al contempo passionale. Glenda rimase inerte a subire quell' intrusione, mentre Stephan la baciava con estrema dolcezza, riservandole un rispetto che non aveva mai dispensato a nessuna. Prese ad accarezzarle i capelli lucenti e con il pollice le spazzò via una lacrima dal viso. Quel bacio fu il più bello della sua vita.La pelle vellutata di lei ed il suo profumo delicato lo mandarono in estasi. Stephan la baciava con così tanto trasporto che sembrava stesse traendo ossigeno da quelle labbra. In quel preciso istante , lei divenne l' ossessione più grande della sua vita.
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Sei la mia ossessione
Ficción históricaRoma ,1943 Stephan Hoffman è un valoroso soldato tedesco, fiero comandante delle SS, che nel settembre del 1943 guida l'occupazione tedesca di Roma. Bello e cinico, all' età di venticinque anni si è già macchiato di terribili atrocità. Durante l' oc...