Capitolo 11

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Il sole tiepido di fine estate baciava Roma che dava il buongiorno ad una nuova giornata. Il kommandandant , come sempre, si era svegliato di buon mattino e presto si era recato presso il Comando.
Chiuso nel suo studio, Stephan allentò la cravatta, mentre aspirava il fumo di sigaretta . Prese a scrivere la lista di impegni da svolgere, cercando di concentrarsi, ma quel giorno sembrava proprio non connettere, cosa alquanto strana per uno pragmatico come lui. C' era un qualcosa a renderlo irrequieto, a cui non sapeva attribuire bene una causa e non ebbe neanche modo di riflettervi in quanto qualcuno bussò alla porta.
"Avanti" Esclamò Stephan, sempre seccato.
Hermann si fece avanti e con rispetto salutò il kommandant.
" Her kommandant, c' è una missiva per lei" Annunciò il soldato, reggendo in mano una lettera per il suo superiore.
Stephan annuì e con un gesto della mano lo liquidò seccato. Con espressione atona prese a in mano la missiva, ancora ignaro del contenuto di quella lettera e di quanto il contenuto lo avrebbe incredibilmente scosso
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" NOOO, per favore!" Glenda urlò disperata mentre i soldati ammanettavano rudemente il professor Mastroianni.
Stephan , invece, pareva quasi divertito mentre si gustava la scena, come sempre ritto e con le mani dietro la schiena. Era sempre così impostato, quasi non sembrava un essere umano. La fissava in preda all' agitazione  e se ne sentiva compiaciuto. A modo suo, la stava punendo per averlo rifiutato, per essere attratta da un altro uomo, per non desiderarlo come lui desiderava lei. E questo, si disse,sarebbe stato solo il principio.
Rimase impassibile, ad assistere alla scena, mentre la giovane sbraitava contro i suoi soldati. Malgrado tutto, la trovò sempre bellissima, con le guance arrossate dalla rabbia ed i capelli arruffati... se solo si fosse lasciata andare a lui, pensò, le avrebbe risparmiato tutto quel putiferio.
La ragazza continuò a lamentarsi di quanto quei soldati fossero ingiusti e meschini nell' arrestare un uomo innocente , ma di fatto le sue erano solo parole al vento. Cosa avrebbe mai potuto fare una ragazzina come lei contro dei soldati SS?
Come da abitudine, quel giorno Glenda aveva raggiunto lo studio del professore per i soliti controlli di routine e , proprio nel corso del colloquio con il dottor Mastroianni, i tedeschi fecero irruzione nello studio. Giorni prima Stephan aveva ordinato a Teresa, la segretaria del dottore, di comunicare i nomi dei pazienti che avevano fissato appuntamento per una visita nel corso della settimana ed aveva volutamente scelto di arrestare il professore nel giorno e nell'ora il cui si sarebbe svolta la visita di Glenda. In quel modo, voleva dimostrarle quanto lui fosse potente e quanto lei stesse sbagliando nel rifiutarlo in quel modo. Voleva dimostrarle che comandava lui, che bastava una sua sillaba per decidere della sorte di molte persone e che di conseguenza era assolutamente inconcepibile che lei osasse allontanarlo. Perché lui era il kommandant e lei , prima o poi, sarebbe stata sua e , di conseguenza , era inutile provare a scappare da lui.
Stephan pareva estremamente inquietante in quel momento: l' aria minacciosa e lo sguardo vitreo non lasciavano la giovane, la quale in lacrime scalpitava . Era incredibilmente bello , alto e biondo, ma altrettanto spietato e credule, mentre con espressione di scherno attendeva che  il professore veniss spintonato dai suoi soldati . Era incredibilmente irritato, ma non lo dava a vedere, mostrandosi con la sua aria strafottente e da intoccabile.
Così , quando il professore fu trascinato al di fuori dallo studio dai soldati, Stephan decise di rimanere solo con la giovane. La ragazza si era seduta su una poltroncina esausta, la testa fra le mani e gli occhi inondati dalle lacrime. In quel momento scoppiò in un silenzioso pianto liberatorio, dando sfogo ad ogni suo sentimento. Glenda odiava Stephan con tutte le sue forze e sapeva perfettamente che dietro questa terribile ingiustizia vi era proprio lui. C' era per forza il suo zampino. Così, presa da un impeto di rabbia, si alzò e vi si scagliò contro. Il comandante, di contro, era rimasto per tutto quel tempo immobile, con lo sguardo fisso su di lei e con la solita aria indecifrabile. E, quando la vide raggiungerlo con aria minacciosa, affilò un sorrisetto sinistro.
" Voi ! Perché avete fatto questo? Avevate detto che lo avreste lasciato libero, siete un bugiardo, avete solo mentito" Sputò la giovane con il volto livido di rabbia.
A queste parole Stephan s' irritò subito, non accettava le mancanze di rispetto da nessuno, tantomeno da lei. Detestava il fatto che lei l' odiasse, non riusciva ad accettarlo. La ragazza prese a colpirlo sul petto ed a quel punto Stephan reagì. Le afferrò i polsi con impeto, poi con una mossa decisa la spinse verso la parete più vicina, mentre lei tentò invano di divincolarsi.
"Tacete, Glenda! Non sapete quello che dite e non azzardatevi mai più a rivolgermi a me con questo tono, io sono il comandante e voi solo una ragazzina, quindi  esigo rispetto." Tuonò senza ammettere repliche lui con aria glaciale. Glenda lo guardò e notò che la sua espressione era diversa dal solito, pareva meno controllata del solito. Riusciva a scorgere la sua rabbia ed il suo malumore. Ora erano vicinissimi e Stephan fece richiamo a tutto il suo autocontrollo per non sbatterla al muro e farla sua una volta per tutte. Iniziava davvero a stancarsi, avrebbe potuto averla in qualsiasi istante, non sapeva nemmeno lui perché stesse allungando così tanto il brodo, concedendole tempo. Anzi, in fondo sapeva quale fosse il motivo: desiderava ardentemente che lei lo volesse, ma la ragazza continuava a rivolgergli soltanto occhiate di puro odio e questa situazione iniziava a stufarlo.
"A me non importa chi voi siate. Siete un meschino, poiché avete infranto una promessa. E lasciatemi!" Continuò lei, come sempre tenace.
Stephan a quelle parole s' infuriò seriamente , pur celando la rabbia dietro la sua solita maschera di freddezza. Ignorò la richiesta della giovane. Quella ragazzina stava tirando troppo la corda e non aveva la minima idea di cosa avrebbe scatenato. Stava risvegliando la bestia che viveva in lui e quello sarebbe stato solo il preludio di un incubo.

" Io vi ho promesso, dite? Io posso fare tutto ciò che voglio ed al contempo raccontarvi ciò che più mi aggrada, vi ripeto ancora una volta che sono il kommandant e voi siete solo una ragazzina. E se non volete che qualcosa di terribile accada a quello sporco dottore che ha prestato aiuto degli schifosi ebrei, vi conviene assecondarmi Glenda" La minacciò esplicitamente lui , senza peli sulla lingua.
La giovane spalancò gli occhi incredula.
" Siete un mostro! Cosa avete intenzione di fargli?" Urlò di gettò lei, accusandolo tremolante.
Stephan ridacchiò, indifferente a quell'offesa.
" Vi conviene fare quanto vi dico" Rispose tagliente lui. Lo sguardo glaciale non prometteva nulla di buono.
Glenda tremò ancora una volta e solo all' ora si rese conto che quell' uomo aveva finto per tutto quel tempo: la sua finta galanteria celava un animo oscuro e questo era solo un assaggio. Il vero Stephan, la bestia, ancora doveva mostrarsi.
Nonostante ciò la giovane non volle piegarsi e testarda com' era, sperò di avere anche solo una possibilità di liberarsi di quell'uomo.
" Io non vi asseconderò, non mi venderò a voi" Pigolò lei, con voce sempre più incerta .
Dinnanzi alla sua desolazione, il comandante sorriso compiaciuto.
"Molto bene, sono certo che avrete modo di pentirvene" Dichiarò tremendamente serio e minaccioso. Con un gesto rapido mollò la presa su di lei, la quale perse l' equilibro. Poi, con estrema lentezza e come se nulla fosse si sistemò il cappello militare sul capo e lanciandole un ultimo sguardo di sfida, misto ad un fervido desiderio di lei ed abbandonò quella stanza

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