Con me
l'anatomia ha perso la testa.
Sono tutto cuore,
mi batte dappertutto.
Vladimir MajakovskijSua madre gli chiese come stava, quando poco prima di cena spuntò in cucina, già scalzo e senza maglietta.
«Sto bene, ma'» le rispose, rubando un pomodorino dal tagliere su cui lei li stava affettando. Ma non era vero che stava bene: si sentiva svuotato, un guscio vuoto – ma questo a sua madre non voleva dirlo, perché avrebbe dovuto darle una spiegazione e lui di spiegazioni non ne aveva neanche per se stesso.
«Dove hai dormito, mentre eri a Milano?»
Riccardo aggrottò la fronte: sua madre aveva imparato a rispettare la sua privacy, specialmente quando si parlava del suo lavoro. «Da Ale...» mormorò. «Perché lo chiedi?»
Sua madre lo guardò rapidamente e poi riprese a tagliare i pomodori, sorridendo appena. «Sei sicuro?»
«Mamma, ma che stai dicendo? Certo che sono sicuro».
Lei ridacchiò ancora e poi alzò le spalle. «E questo Ale...» mormorò. «Quando me lo fai conoscere?»
A Riccardo mancarono un po' le ginocchia. «Mai» disse categorico. «Cercalo su internet» e tentò di uscire dalla cucina, o almeno di allontanarsi da lei il più possibile. Sentiva che se fosse rimasto in quella stanza per un altro secondo lei gli avrebbe fatto una domanda ancora più scomoda.
«Tesoro» lo chiamò, quando lui era già sulla porta. Riccardo si girò e la guardò: aveva posato il coltello e adesso se ne stava appoggiata al bancone, gli sorrideva dolcemente per rassicurarlo.
«Dimmi, ma'» sospirò, cercando già una scusa per spegnere la curiosità che le leggeva sul volto.
«Lui mi sembra proprio un ragazzo a modo» e fece un sorriso tenero. «Non è vero?»
Riccardo ridacchiò. «Lo è, sì. Ed è un bravo artista, sai? Dovresti vederlo mentre scrive...» si interruppe un attimo, ripensando a quella mattina, ai suoi occhiali, allo scricchiolio della penna sulla carta. «Sembra fatto per quello, e poi non è mai soddisfatto, scrive e cancella e riscrive. Dovresti proprio veder–». Si bloccò, conscio di star straparlando; e sua madre lo fissava e sorrideva, le braccia incrociate sul petto. Pieno di imbarazzo, si grattò il collo e abbassò lo sguardo.
«Lui lo sa, tesoro?»
Riccardo non la guardò e non rispose, il terrore si era impossessato di lui: era così trasparente?
«Riccardo...» lo richiamò dolcemente.
«Ma'» e alzò la testa su di lei per un solo secondo. «Per te è ok?» mormorò, torturandosi le dita.
Lei fece un verso sorpreso e poi lo raggiunse – aveva le braccia aperte. «Come ti viene in mente? Certo che è ok» e lo strinse forte, in un abbraccio di cui Riccardo non sapeva di aver bisogno. «Ma lui lo sa?» ripeté.
Riccardo scosse la testa. «Sa che...» respirò profondamente. «che mi piace, ma non sa quanto». Era la prima volta che lo diceva ad alta voce ed era felice che il suo interlocutore fosse sua madre, che si staccò da lui solo per accarezzargli una guancia e per guardarlo negli occhi.
«Te l'ha fatto lui questo?» e gli puntò un dito sul collo. Riccardo si sfiorò la pelle e poi comprese il perché di tutte quelle domande: Alessandro gli aveva lasciato il segno di un morso, appena sotto l'orecchio.
Nonostante la faccia di bronzo che di solito lo caratterizzava, Riccardo arrossì tremendamente e sua madre scoppiò a ridere, allontanandosi da lui per riprendere ad affettare i pomodori.
Stava per dire qualcosa, quando Riccardo la fermò alzando una mano. «Non un'altra parola. Non ho intenzione di parlare di questo con te». Si sentiva il viso andare a fuoco e gli era passata ogni traccia d'appetito.
Lei gli fece una smorfia per prenderlo in giro. «Il mio bambino è innamorato» disse, gesticolando verso il cielo, come se stesse parlando con Dio.
«Non sono innamorato, mamma!» brontolò, il viso ancora più rosso. Voleva sparire e voleva farlo al più presto, ma sua madre adesso lo stava guardando, seria, e gli puntava il coltello addosso: «Però se ti fa stare male lo prendo a calci nel culo, hai capito?»
La risata di entrambi riuscì a riempire il vuoto che Alessandro gli aveva lasciato dentro e la parola innamorato, detta da sua madre, gli sembrava quasi esprimere una condizione accettabile.Era un messaggio quello che lo fece rigirare nel letto quella sera, incapace di dormire e anche di stare sveglio, perché quel ringhio dentro al petto proprio non ne voleva sapere di lasciarlo in pace.
Leggere il nome di Alessandro sullo schermo gli diede un leggero tremolio alle mani e sfarfallò le ciglia per essere sicuro d'aver visto bene.
"Ho mandato la strofa a Michi, dice che è molto buona".
Riccardo si sfregò gli occhi e rispose: "Sapevamo già che era buona. Mi hai scritto per dirmi questo?"
Il messaggio che Alessandro mandò diceva: "Cosa volevi che ti dicessi?"
Riccardo sospiro, si rigirò un po' nel letto, e poi scrisse quello che aveva desiderato scrivere fin da subito, incapace di trattenersi: "Che ti manco, ad esempio..."
Quasi percepì il sospiro di lui, lo vedeva muovere i piedi tra le lenzuola – passarsi una mano sul viso per ponderare la risposta. "Ci siamo visti quattro ore fa".
"Quindi ti manco".
Alessandro gli inviò una serie di faccine, tutte che alzavano gli occhi al cielo. Riccardo si passò una mano tra i capelli e poi stese le braccia per farsi una foto, imitando l'espressione dell'emoticon e ruotando leggermente il viso per mostrare il collo; la inviò senza nessuna descrizione.
Alessandro scrisse per un po', poi sul cellulare di Riccardo si aprì un'altra schermata: lo stava chiamando.
«Quando la smetterai di fare le boccacce non sarà mai troppo presto» fu il suo saluto, la sua voce era bassa e profonda e strascicava un po' le parole. «Però bello il succhiotto, hai idea di chi sia stato?»
Riccardo pensò un secondo, poi sorrise e disse: «Qualcuno che non mi ha detto di averlo fatto e che mi ha costretto ad inventare una scusa con mia madre». Sapeva che non era vero, ma non voleva che Alessandro sapesse che aveva rivelato tutto alla madre – avrebbe pensato che fosse per lui una cosa più seria di quanto desiderasse far trasparire.
Alessandro ridacchiò, dicendo: «Cosa le hai detto?»
«Che sono andato a far serata e ho rimorchiato una tipa». Era la prima cosa che gli capitò in mente, ma anche quella giusta da dire per stuzzicare un po' Alessandro, che rimase in silenzio al di là della cornetta, finché Riccardo non lo incalzò, dicendo: «Stai pensando a me che rimorchio una tipa?»
La voce dell'altro arrivò scocciata e secca: «No».
«E allora a cosa stai pensando?»
Ancora silenzio, poi Alessandro si sfiorò il viso con una mano, forse per stropicciarsi gli occhi. «A tutti i baci che oggi mi hai rubato...»
Lo stomaco di Riccardo prese a fare la centrifuga, mentre cercava qualcosa da dire. «Non te li ho rubati».
«E poi penso anche a quella pasta insipida, ma soprattutto ai baci che mi hai rubato»
«Ale...» lo supplicò, perché non capiva dove volesse andare a parare. Voleva fargli capire che quello che Riccardo provava non era ricambiato? Che lui non aveva mai effettivamente desiderato baciarlo? «Non te li ho rubati» – lo volevi anche tu, no?
Ma Alessandro si mosse dietro la cornetta e ridacchiò: «L'hai fatto, Riccardo, e ora li rivoglio indietro».
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Afrodite | Mahmood e Blanco
FanfictionAlessandro è contraddizione, reticenza, silenzio. Riccardo prende sempre l'iniziativa e ha un mostro impazzito nello stomaco - dicono che sia amore. --- Abbracciami, desiderava dirgli. «Abbracciami». Aveva sempre avuto questo problema, non riusciva...