12.

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Come ricordo la prima volta
la prima volta da innamorato
quel sapore non l'ho mai provato
tu sei qualcosa che non c'è mai stato
ti ho sognato, Afrodite
tu sei qualcosa che non c'è mai stato.
Blanco

Stava correndo, la musica e il suono dei passi sull'erba a coprire il battito accelerato del suo cuore, quando il cellulare gli prese a vibrare in mano. Era Alessandro, con due giorni di ritardo e con il nome lampeggiante sullo schermo, a riprendersi tutto lo spazio (nel cuore e nel cervello) che Riccardo, a forza e violenza, era riuscito a riappropriarsi in quei giorni – perché ci aveva provato a non pensare ad Alessandro, ci aveva provato e si era illuso di esserci riuscito, qualche volta.
«Ale» sospirò, sistemandosi meglio una cuffietta e calciando un rametto che spuntava tra i fili d'erba.
Al di là della cornetta, Alessandro si schiarì la voce e si portò il telefono all'altro orecchio, facendo ticchettare l'orecchino pendente contro il microfono. «Ciao» disse, e aveva la voce scaldata dal sole e portata via dal vento e dagli strilli di bambini in sottofondo.
«Sei al mare?» gli chiese, deglutendo il respiro affannato. «Mi sembri al mare».
«Sì».
Ci fu un attimo di silenzio, poi Riccardo si lasciò cadere per terra e disse, tutto d'un fiato: «Non volevo disturbarti, l'altra sera. Volevo solo dirti che avevo finito la canzone, cioè la mia parte, e che te l'avevo mandata, non potevo aspettare l'indomani perché...»
Alessandro interruppe il suo sproloquio con un lungo sospiro e un «Lo so». Riccardo si passò una mano sul viso accaldato, all'improvviso estremamente nervoso. «L'hai sentita? Ti piace? Posso cambiare qualcosa, se...»
«Riccardo...»
Riccardo prese un lungo respiro. «Mi manchi, Ale, e lo so... credimi, lo so che non vuoi vedermi, perché ho sbagliato e me lo meri–».
«Ritorno giovedì mattina. Pranziamo insieme?»
Il petto di Riccardo si fece muto per un secondo, mentre il respiro affannato si interrompeva per la sorpresa e per la gioia improvvisa che gli stava invadendo ogni capillare. «Sì» sussurrò. «Va bene, sì».
Si lasciò scivolare all'indietro, mentre un sorriso spontaneo gli si disegnava in viso: si sentiva come nelle prime giornate di sole dopo un inverno gelido, quando le prime margherite cominciano a spuntare nei prati e la luce sulla pelle scalda fin dentro le ossa.
«Ci vediamo a casa mia? Poi decidiamo che fare?»
Riccardo annuì con entusiasmo, cercando di ricacciare indietro la risata che gli proveniva direttamente dal fondo dello stomaco, e disse: «Sì...»
Alessandro sbuffò piano dal naso, al di là del telefono. «Non deve andarti bene solo perché vuoi farti perdonare, lo sai?»
Sapeva che dalla sua voce traspariva il fatto che stesse sorridendo, ma non riuscì a farne a meno, mentre diceva: «Non voglio farmi perdonare, ho solo voglia di vederti. Mi andrebbe bene ovunque, Ale».
Come tutte le volte che Riccardo gli diceva qualcosa di carino, Alessandro non rispose subito, ma sospirò con fiato tremante – e Riccardo se lo immaginò seduto sul telo, il sole che gli faceva brillare la pelle delle spalle e delle braccia, gli occhiali scuri a coprire quei suoi occhi incerti, puntati sul mare agitato. Avrebbe voluto essere con lui, per stringergli un braccio attorno alla vita e sussurrargli all'orecchio che lo amava e che avrebbe fatto di tutto per continuare a ripeterglielo ogni giorno.
«Non c'è bisogno che rispondi» disse alla fine, perché Alessandro continuava a non parlare e il suono del vento gli ricordava il trambusto che aveva nello stomaco. «Mi basta questo, ok? Voglio soltanto vederti».
La voce di Alessandro arrivò bassa, persa tra le urla e i suoni di calci ad un pallone in sottofondo. «Ho finito anch'io la canzone...»
«Per questo vuoi incontrarmi?» tentò di nascondere la lieve delusione, la stilettata al petto inflitta dal pensiero che quello sarebbe stato soltanto un pranzo di lavoro, ma non seppe quanto bene gli riuscì.
Il respiro di Alessandro era veloce come il battito del suo cuore, mentre diceva: «No, Ricky. Cioè anche, ma no...»
Riccardo sospirò e raccolse una margherita da lì vicino. Se la passò tra un dito e l'altro, il cellulare abbandonato sul prato, e si chiese se Alessandro avesse mai avuto il dubbio di essere innamorato di lui – m'ama o non m'ama?
«Ci vediamo a casa tua, allora» soffiò.
«Sì, a casa mia».

Afrodite | Mahmood e BlancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora