Trascinavo dietro di me, nel trolley rosso, un enorme fardello. Strascicavo i piedi a terra per la poca voglia di camminare, le gambe iniziavano a farmi male, avevo cambiato due treni in giornata e il viaggio non era stato di certo breve a piacevole. Con la coda dell'occhio mi assicurai che fosse ancora lì, non se n'era mai andato, l'uomo in divisa blu. Teneva la mano salda sul cinturino, credo in caso mi saltasse in testa di attaccarlo, forse mi aveva preso per uno scemo, non avrei mai aggredito uno sbirro per scapparmene chissà dove.
Di nuovo mi tornò in mente l'espressione delusa di mio padre, dopo avermi visto con le manette ai polsi, quella è stata l'ultima volta che lo guardai in faccia, perché nel mentre la polizia parlava con la mia famiglia io me ne stavo in silenzio con lo sguardo fisso a terra.
Mi fermò picchiettando con il bastone sulla mia spalla e suonò il campanello della casa di fronte a noi, costruita in legno, triste perché non aveva neanche un po' di colore, le finestre erano talmente sporche che non ci si poteva guardare neanche attraverso. Chi la abitava ci fece aspettare un lungo tempo perché aprì la porta dopo tre minuti che ci eravamo appostati. <È lui?> chiese una donna scrutandomi dalla testa ai piedi, non riuscivo ad immaginare che età potesse avere, perché nonostante i capelli bianchi sembrava piuttosto giovane. Era poco più bassa di me, ma certamente alta per per essere una donna, come la sua corporatura, non era affatto minuta, sono certo che avrebbe potuto atterrarmi con un solo gesto, forse avevano scelto lei per questo. <Si madame> finalmente lo sbirro parlò, era la prima volta che sentivo la sua voce <Non siate così formale, sono una persona comune, il fatto che mi abbiate affidato un tale compito non significa che dobbiate avere pena nei miei confronti>, lei sembrò piuttosto ironica, lui non parlò più, fece solo un gesto con il capo. La donna prese il mio bagaglio a mano dopo aver congedato l'uomo e mi permise di entrare. Quando misi piede in casa un' asse di legno scricchiolò sotto i miei piedi e il tappeto in soggiorno non resse il mio peso e alzò un abbondante cumolo di polvere che mi fece starnutire. <Mettiamo in chiaro un paio di cose, ti tengo qui solo perché faccio un favore ad un amico, non di certo perché mi piace fare da balia> mi puntò il dito contro guardandomi con aria di sfida, indietreggiai <Se ti metterai nei guai sarò pronta a rimandarti indietro, lo giuro, non sei qui in vacanza, è una libertà vigilata, spero di essere stata chiara.> speravo di avere un'espressione impassibile, perché era una donna davvero spaventosa. <Non voglio di certo finire in prigione>
<Lo credo bene, ragazzo> la nostra discussione finì lì, non mi disse il suo nome e io non dissi il mio, nonostante sapevo che lei lo conoscesse già. Mi indicò una stanza al piano di sopra, varcai la soglia e quello che vidi fu raccapricciante, di certo non adatto agli ospiti, ma non ero lì per cortesia.
Sistemai la valigia sul letto, senza estrarre niente. Mi guardai intorno e lì c'era solo una scrivania e un cumulo di scatole vecchie, tante scatole. Non era stata pulita e cambiai solo le lenzuola perché non volevo neanche sapere da quanto tempo erano lì. Non sono un grande amante delle pulizie, ma non avrei vissuto in quel modo, non era sano per la mia salute. Avrei messo a posto la stanza un'altra volta, pensai solo a togliere le scarpe e starmene sul letto a riposare un po'.
<Ajax muoviti a scendere> quella lì mi urlò dal piano di sotto, impiegai due minuti a scendere, solo perché una scarpa si era dispersa chissà dove e quando la raggiunsi, mi guardò soltanto <Chiamami Childe> inarcò un sopracciglio <Sulla cartella però...> serrai i pugni e forse alzai troppo la voce <So cosa c'è scritto, ma non usare quel nome!> non fece chissà quante domande alla fine non le importava granché, annuì soltanto <D'accordo Childe, sappi che un'altro nome non ti esonerà dalla scuola, ci ha pensato Varka ad iscriverti, io non sono pratica in queste cose ma posso dirti come arrivarci> mi sedetti al tavolo davanti a lei e mi parlò per dieci interminabili minuti di come arrivare a scuola, dovevo prendere solo il treno, un sollievo non dover camminare.
Lei si alzò e per cena mangiammo una frittata con dei pomodori nemmeno tagliati a pezzi, era ovvio non sapesse cucinare, la frittata era bruciata e troppo salata.
Non parlammo molto, anzi non parlammo per niente. Mi teneva lì per obbligo non per piacere, non era neanche tanto simpatica, meno le rivolgevo la parola meglio era. Si sparecchiò da sola e feci lo stesso io a mia volta <Lavati il piatto> così feci, con più maestria di lei. Come aveva fatto ad abitare da sola per tutto questo tempo? Non era buona a fare niente, neanche le pulizie. La balia ero io o lei ?
Misi al loro posto le stoviglie, o almeno, dove credevo fosse il loro posto, di certo non lo era il lavandino dove le infilava lei, prima o poi qualcosa si sarebbe rotto.
Mi disse di andarmene a letto e di non fare alcun tipo di rumore <domani parleremo del resto, ora sono stanca> e finimmo un'altra discussione, lei aveva sempre l'ultima parola.
Iniziai a salire le scale, che a ogni gradino scricchilavano, per un attimo ho pensato che sarebbe crollata sotto di me, prima di arrivare in cima alla scalinata mi sporsi sulla ringhiera per poterla guardare un'ultima volta quella giornata, anche quella scricchiolò, per cui alzò lo sguardo e incontrò il mio.
<Posso sapere il suo nome?>
<Skirk> poi si chiuse nella sua camera da letto e non uscì fino al mattino dopo.
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Rebel [Childe x Zhongli]
FanfictionAjax ormai ha abbandonato il suo vecchio nome, sentendo di aver deluso la sua famiglia e desiderando lasciare quella parte di sé nel passato. Ora si fa chiamare diversamente. Childe ha l'aspetto di un bravo ragazzo, ma dentro di lui si cela un'ombra...