Ritorno

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Ritornai tre anni, duecentosessantaquattro giorni e quindici stagioni dopo quel mercoledì.
La primavera aveva infestato l'aria, piccoli fiori sbucavano dai grandi alberi nel viale. Puntellato di rosa, il paesaggio era simile ad un quadro ottocentesco, romantico e nostalgico.
Il portone malandato del suo vecchio appartamento era socchiuso, decisi di entrare. Abitava all'ultimo piano, lo aveva scelto per la visuale, così mi disse, ma probabilmente era l'unico libero.
Ferma, immobile, guardai la porta per circa venti minuti. Nessuna voce, nessun rumore provenivano da dentro. Niente più si sentiva, niente più c'era.
Poi me ne andai, presi il primo treno per Londra, e non tornai mai più.

Ciao a tutti, questa storia è finita, e un po' mi dispiace. Anche se metaforicamente, ho parlato di una storia che mi è davvero accaduta. Nonostante la perdita non sia stata mortale, per me in un certo senso lo è stata.
Per concludere, vorrei riportare ciò che ho detto l'ultima volta che l'ho visto.

"Questo non è un arrivederci, questo è un addio. Le nostre strade si sono incrociate per un anno, e solo Dio sa quanto gli sono grata per questo. Ma ora la tua strada continuerà lontano, continuerà via di qua, mentre la mia resterà intrappolata qui ancora per un po'. Un giorno, magari, ci rivedremo. Sarai seduto in un bar, su un alto sgabello, sorseggiando il tuo solito Martini doppio, guardando distrattamente l'oliva che gira nel bicchierino.
A qualche metro ci sarò io, seduta su un alto sgabello, con la mia solita Heineken un po' calda, a guardarti incerta.
I nostri sguardi si incroceranno, ma le nostre strade saranno per sempre troppo lontane per rincontrarsi.
Quindi, addio."

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