Capitolo 3

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Era passata una settimana tranquilla, monotona quasi, era l'alba del mio settimo giorno in quello che avevo iniziato a chiamare "rifugio".

Mi svegliai tardissimo, come sempre, ma avrei dormito persino di più se Erebo non fosse venuto a leccarmi il naso con quella sua lingua di cartavetrata.

Nessuno aveva un orologio a parte Danica, che per qualche ragione aveva detto no alle nuove tecnologie e indossava questo vecchissimo orologio d'argento, di quelli che si devono caricare una volta ogni due giorni.

Passai dalla sala, Devin stava leggendo lo stesso libro per la cento quarantesima volta- era l'unico libro presente nel rifugio.

<<Fuori con Carlos,>> mi disse prima ancora che le chiedessi dove potevo trovare Danica.

<<Grazie, e->> Stephane.

<<Dal recinto>>

<<Grazie>>

Le rare discussioni che avevo avuto con Devin erano state tutte così, immaginavo fosse noioso per lei sapere come le discussioni sarebbero andate prima ancora che qualcuno parlasse, quindi non la trovavo sgarbata.

Andai nel luogo in cui Carlos si esercitava a fare quelle sue capriole volanti: gli alberi erano più radi e aveva lo spazio per roteare.

Arrivai alle spalle di Danica, Carlos si era appeso a testa in giù al ramo di un albero, sembrava sul punto di addormentarsi, ma tutta la stanchezza sparì appena mi vide

<<Ciao Amanda!>> Gridò.

Danica si girò e mi fece un cenno con la mano, non portava più gli occhiali da quando le si erano rotti nell'incendio quindi tendeva a strizzare gli occhi per mettere a fuoco i volti delle persone.

<<Che ore sono?>> Chiesi dopo aver salutato Carlos con la mano e Danica con un cenno del capo.

<<Le 11:45. Credo, non vedo bene le lancette>>

Mi avvicinai per controllare, anche se non è che avessi paura di fare tardi per qualche appuntamento, erano le 11:45.

Ora che le mie attività erano concluse dovevo trovare il modo di occupare le otto ore successive.

Si andavo a dormire alle 9 di sera.

<<Guarda,>> chiamò di nuovo Carlos, stava facendo una verticale sul ramo di un quercia, dondolò le gambe lentamente e poi usò il ramo come una parallela: fece un mezzo giro con le mani ben salde al legno e poi si lanciò in avanti, finendo con l'atterrare in piedi.

Pensai che le ali lo avessero aiutato con l'equilibrio.

Danica batté le mani e Carlos si inchinò come un mago dopo aver tagliato in due l'assistente.

<<Devin ha detto che Stephane è al recinto,>> mi rivolsi a Danica, lei annuì.

<<Si, con Eli,>>

Ossia Elisabeth, non ero sicura di quando fosse stato introdotto quel soprannome, avevo l'impressione che ci fosse sempre stato ad un certo punto.

Prima che muovessi un altro passo- verso il recinto o il letto, ancora non ero sicura- Danica mi chiamò di nuovo.

<<Dovremmo parlare...>> avevo capito cosa intendesse, ma voleva essere precisa a quanto pareva, così aggiunse: <<della scorsa settimana.>>

La storia delle Anomalie e dell'AnticristoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora