Capitolo 8

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Se vi dico villaggio voi penserete a qualcosa stile medioevo o roba simile, non era esattamente così.

Ok, le strade non erano asfaltate ma fatte a schiena d'asino con dei sassi cubici, ma immagino tanti paesi fossero fatti così.

Le case erano in mattoni e i tetti erano tutti un po' spioventi, ed ecco che arriva la parte interessante, i muri delle case erano bianchi, ma decorati con disegni dai colori accesi: rosso, giallo, blu. Lo stile di quei disegni era qualcosa di minimalista, su una casa era disegnato un mare che pareva in tempesta ed una nave messa quasi in verticale che combatteva contro le onde, eppure mi dava una sensazione di calma. Su un'altra c'era questo grosso albero di mele con sotto due ragazze fatte di triangoli e cerchi, il prato era di un verde acceso e avrei voluto trovarmi lì in quel momento.

Come se non bastasse ogni dieci metri c'era un artista di strada, chi faceva ritratti, chi suonava strumenti con ritmo allegro, forse mi ero sbagliata sul conto di quel posto.

Passammo di fronte ad un ragazzo ed una ragazza che suonavano il flauto, davanti ai loro piedi c'era un cartello di cartone con scritto "ci stiamo per sposare!" Avranno avuto, a dire tanto, diciotto anni, ma sembravano felici, si scambiavano un'occhiata e potevo quasi sentire l'amore che provavano l'uno nei confronti dell'altra.

<<Dove vogliamo andare?>> Chiesi dopo un po' che camminavamo a vuoto, vidi Danica abbassare la testa.

<<Cerchiamo un supermercato o qualcosa di simile,>> disse Devin <<se ricevono consegne da fuori sapranno orientarsi>> spiegò, mi sembrava un'ottima idea, peccato solo non ci fosse una mappa con una freccia che indicasse "voi siete qui".

Elizabeth propose di dividersi ma io protestai che avremmo faticato a ritrovarci, finimmo per fare un compromesso: in pratica ci dividevamo in tre gruppi e controllavamo tre negozi per volta, poi ci ricongiungevamo e cercavamo altri tre negozi, in questo modo non ci saremmo persi di vista.

Io e Stephane- ed Erebo- entrammo in quello che sembrava un ferramenta, alle pareti erano appese delle lastre di ferro colorate, gli attrezzi erano come calamitati su di esse.

<<Buongiorno,>> un ragazzo di non più di vent'anni con i capelli biondi- corti e impregnati di sudore- saltò fuori da dietro una tenda, aveva un grembiule marrone macchiato di... olio? Anche la sua faccia era sporca, come se fino ad un momento prima avesse fatto a botte con la catena di una bici <<come posso aiutarvi?>>

Feci segno a Stephane di stare dietro di me, per quanto quel posto sembrasse accogliente, dovevo ricordarmi che non eravamo al sicuro lì- non che lo fossimo in tanti posti.

<<Ci sono dei supermercati, qui nei paraggi?>> Il ragazzo ci guardò in modo strano.

<<Siete di fuori?>> Io feci cenno di sì con la testa.

<<Siamo solo di passaggio,>> aggiunsi, non dissi nulla dell'ICTA, meno persone sapevano e meglio era.

<<Bei capelli,>> disse il ragazzo indicando Stephane, lui si nascose dietro di me e mi strinse la mano.

<<Quindi, cosa cercate qui? Un posto dove mangiare immagino, lui sembra proprio deperito,>> guardò di nuovo Stephane <<com'è che siete arrivati qui? Ci siete capitati per sbaglio o>>

<<Scusa,>> lo interruppi <<dobbiamo trovare un supermercato, questo posto riceve merce da... fuori?>>

Il ragazzo rise, poi mi guardò con un sorrisetto scaltro <<si vede che non siete di qui,>> mi disse scavalcando il banco che ci divideva con un salto.

La storia delle Anomalie e dell'AnticristoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora