Capitolo 5

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Era già calato il sole da tempo quando decisi di rientrare nel rifugio, si prospettava una nottata incerta: le nuvole erano talmente fitte che risultava impossibile vedere qualsiasi stella e persino la luna si era trasformata in una piccola sagoma giallognola.

Di solito sentivo I grilli- e non solo loro- la sera, ma quella volta la foresta era insolitamente silenziosa.

Credetemi, le foreste non sono mai silenziose- non ero sicura se dovessi considerarla una foresta o un bosco dato che non mi ero messa a misurarne la superficie, ma sembrava sconfinata.

Fatto sta che quella notte non si prospettava serena.

<<È ora di dormire,>> dissi guardando Stephane, lui era ancora affacciato ad una delle finestre e osservava l'esterno come in attesa di qualcosa.

<<Li potremmo raggiungere,>> mi dispiaceva da morire dovergli dire di no, che era stato deciso così e basta.

<<Vedremo...>> speravo che il giorno dopo se ne fosse già dimenticato.

Anche se, ripensandoci, è stupida la credenza che i bambini si dimentichino delle cose solo perché sono bambini, è più facile siano i vecchi a dimenticare le cose.

Ad ogni modo Stephane annuì e si raggomitolò ai piedi del letto come tutte le sere, non disse nemmeno "buonanotte", chiuse gli occhi e si addormentò quasi all'istante.

Io, al contrario, feci molta più fatica.

Una cosa estremamente fastidiosa che mi succedeva sempre era pensare a qualcosa di normale per poi arrivare a "com'è che fa la gente a cucinare le rane? Vanno bollite?"

Ecco, quella sera iniziai pensando a "beh alla fine con le scorte che ci hanno lasciato possiamo sopravvivere almeno due settimane" a "cosa faccio se non tornano mai più?"

La cosa era bastata per tenermi sveglia fino a tardi, non sapevo che ore fossero ma mi rendevo conto non fossero passati solo dieci minuti.

Mi alzai e presi a camminare per la stanza, sarei andata in cucina se non avessi avuto paura che Stephane si svegliasse a letto da solo nel bel mezzo della notte e avesse un attacco di panico.

Camminare al buio faceva sembrare la stanza più grande, e di rimando mi sentivo tre volte più sola.

Non avevo mai affrontato la separazione da qualcuno: non avevo amici stretti e non avevo parenti- non che li volessi conoscere, per carità- perciò per me era strano sentire la mancanza di qualcuno in quel modo.

Non dico stessi piangendo o cose simili, ma non ero... felice, è un po' come quel sentimento che si prova quando la vita alla fine non va male, non hai nulla di cui lamentarti eppure non sei davvero felice.

Mi faceva sentire un po' egoista dato che io almeno avevo un tetto sulla testa e non dovevo camminare nel bosco come una vagabonda.

<<Amanda?>> Mi avvicinai al letto e toccai delicatamente la spalla di Stephane.

<<Ehy, è presto, torna a dormire>> gli dissi, lo vidi scuotere la testa.

<<Non voglio,>> disse in tono serio e deciso, non avrebbe ritrattato.

Tanto valeva che accendessi la luce a quel punto.

Vidi Stephane seduto con le gambe incrociate, aveva un'espressione seria e stava corrugando la fronte come se pensasse a qualcosa di molto complicato.

<<Cosa c'è?>> Gli chiesi, lui si arruffò i capelli e non disse nulla.

Erebo era intento a inondare le lenzuola di saliva dato che appena sveglio sbavava come un mastino di fronte ad una bistecca.

La storia delle Anomalie e dell'AnticristoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora