Capitolo 15

12 2 0
                                    

Era il giorno del mio compleanno. Ok, non era vero, mancava una settimana e qualche giorno al mio compleanno, dato che quell'anno il sei giugno cadeva di mercoledì e io non avevo la pazienza di aspettare, avevo deciso di festeggiare in anticipo, molto in anticipo. All'inizio doveva essere una cosa tranquilla, avrei invitato solo Danica e avremmo passato un sabato assieme, non era colpa mia se Stephane, che era tornato in uno dei centri dell'ICTA, aveva pregato il suo supervisore di farlo uscire per venirmi a trovare. E non era colpa mia se Stephane lo aveva detto a Carlos, che lo andava a trovare almeno una volta ogni tre giorni. Di certo non era colpa mia se Devin o Elizabeth lo erano venute a sapere. L'unica colpa che avevo era quella di aver invitato una persona in particolare, ossia Elliot.

Era sera quando lo avevo chiamato, probabilmente mi stavo annoiando, anche se cercai di convincermi che la mia esperienza di quasi morte mi avesse aperto gli occhi in qualche modo. Gli chiesi se voleva venire al mio compleanno, e lui accettò senza pensarci un attimo.

In quel momento avevo di fronte una persona che non mi ricordava affatto il bambino che avevo conosciuto, se non per le fossette e uno spazio tra i denti davanti. Aveva i capelli tinti di rosso raccolti in una coda non molto lunga.

<<Ehi,>> gli dissi, lui mi guardò dall'alto in basso e poi, senza preavviso, mi abbracciò, io me ne restai immobile lasciandomi sfuggire una risata nervosa.

<<Ehi,>> ripetè lui.

<<È bello vederti>> dissi quando si allontanò.

Portava una giacca di jeans, e in un secondo momento notai portasse una spilla "hi, my pronouns are he/they" e forse la fissai un po' troppo a lungo perché Elliot la picchiettò con un dito.

<<Mi avrai contagiato tu>> scherzò.

<<Hai cambiato nome?>> gli chiesi, ləi scosse la testa.

<<Elliot mi piace>> aggiunse <<posso entrare?>>

Lo lasciai entrare, non dico fosse l'ultimə, ma c'era spaventosamente vicino per qualcuno che era venuto in auto. Feci un giro veloce di presentazioni prima di dover cambiare la canzone che avevo messo nelle casse perché Carlos l'aveva definita troppo vecchia e "questa non la conosce nemmeno mia mamma" che oltretutto era il quarto adulto responsabile in una festa con otto persone in totale. Era un po' strana come festa dei diciannove anni, ma mai deprimente come quella dei miei diciotto, che avevo passato in una cella d'isolamento dell'ICTA. Era uno di quegli eventi speciali.

Mi ero presa un attimo per starmene per conto mio, adoravo la compagnia delle persone con cui andavo davvero d'accordo, ma la cicatrice che mi ero guadagnata appena qualche settimana prima, di tanto in tanto, bruciava, costringendomi a prendere tempo.

Sentii bussare alla porta, io e Danica ci girammo allo stesso tempo.

<<Vado io>> dissi scuotendo la mano, quando le passai vicino lei mi fermò mettendomi una mano sulla spalla per baciarmi la guancia.

Una cosa interessante che avevo imparato di Danica era che essere la sua ragazza veniva con PDA gratuito. Mi spaventava definirmi la sua ragazza — definire lei la mia ragazza —  ma ne avevamo parlato, parecchio anche, e avevamo deciso di provarci. Le relazioni tra Anomalie e gente comune non erano espressamente vietate, ma erano in pochi a guardarle nello stesso modo in cui venivano viste relazioni qualsiasi, sia dalla gente normale che dalle Anomalie. A nessuna delle due interessava cosa pensasse la gente, ma dovevamo prenderlo in considerazione. Non aiutava che fossimo due donne, una delle quali trans e l'altra di colore.

Copiai il gesto di Danica dandole a mia volta un bacio sulla fronte per poi andare alla porta.

Non aspettavo nessuno, ed ero quasi certa di non aver ordinato nulla da internet, perciò mi aspettavo di ritrovarmi davanti un venditore porta a porta. Invece no.

<<Buon compleanno, Andy>> mi salutò Erik. Io rimasi a guardarlo per un secondo prima di ricambiare il suo sorriso.

<<Pensavo ti fossi dimenticato l'indirizzo>> scherzai.

<<C'ero vicino>> ammise.

Guardai il pacchetto che teneva in mano, era piccolo ed ero abbastanza sicura non fosse stato semplice incartarlo e farci persino un fiocchetto. Lui me lo lanciò e per poco non lo feci cadere prima di afferrarlo.

<<Mi dispiace>> disse, alzai lo sguardo e lo vidi genuinamente dispiaciuto, aprii la bocca per chiedergli di cosa si stesse scusando. E poi non ne ebbi più bisogno perché lo vidi da me.

Dietro Erik vidi un ragazzo, per qualche ragione aveva l'aspetto di un sedicenne, ma dava l'impressione di essere centinaia di anni più vecchio. Aveva i capelli biondissimi e gli occhi praticamente bianchi, ma il sorriso era lo stesso.

<<Amanda>> mi salutò, e nemmeno la sua voce era la stessa, più squillante in un certo senso.

Sentii il fianco bruciarmi, la cicatrice... no, erano i punti, si erano scaldati tutti di colpo e stavano bruciando. Mi piegai in due e penso di aver urlato, perché quasi all'istante sentii qualcuno piegarsi di fianco a me, non sapevo chi fosse, ma il mio cervello decise di farmi immaginare fosse Danica. Allo stesso tempo sperai che lei fosse rimasta dentro, al sicuro.

<<Ti ho dato la possibilità di venire con le tue gambe, Amanda>> lo sentii a malapena, ma il mio nome mi risuonò nelle orecchie facendo scaldare ulteriormente i punti. Chiunque fosse stato di fianco a me si allontanò, ma ebbi la sensazione che venisse spinto via da qualcosa.

Alzai lo sguardo in tempo per vedere Erik prendermi dalle spalle e sollevarmi. Credo di avergli gridato di lasciarmi andare e forse tentai di dargli un pugno, ma muovermi peggiorava solo il dolore che già sentivo e che mi attraversava tutto il corpo facendomi lacrimare gli occhi.

Erik ripetè gli dispiacesse, ma io volevo solo staccargli la gola a morsi. Lo odiavo e odiavo me stessa per essermi fidata di lui in primo luogo.

<<Nascondi il pacchetto>> mi sussurrò nell'orecchio prima di sbattermi nel retro di un furgone e chiudere le porte.

Mi misi a gridare e a sbattere contro la porta sperando che qualcuno fosse dalla mia parte e che riuscissi ad aprire la dannata porta. Ci provai anche quando il furgone mise in moto. Gridai fino a Tim bruciare la gola, e di colpo avevo di nuovo otto anni e stavo venendo portata via senza sapere cosa fare per riacquistare il controllo.

La storia delle Anomalie e dell'AnticristoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora