Scuola

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La scuola non era più la stessa: i corridoi, le aule, in tutto di quella scuola sembrava mancare qualcosa o forse ero io che avevo un vuoto dentro di me. Non poteva essere colmato con niente, c'era solo una possibilità che non sarebbe potuta arrivare. Anche se speravo con tutto il mio cuore che da quella maledetta porta sarebbe entrata. 

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Dopo la laurea non ero più sicura di niente. Mi sembrava di seguire un copione già scritto. Ho sempre messo il punto e a capo, mi facevo del male da sola andandole incontro e finivo sempre con il rimetterci io, come se fosse stata sempre colpa mia, ero io l'errore. Caddi troppe volte e la maggior parte delle volte non sapevo come rialzarmi, fortunatamente c'era Mencìa al mio fianco, ma non ci sarebbe stata per sempre. A scuola, la mia famiglia e i miei amici non mi riconoscevano più: è proprio semplice cambiare quando si è feriti, e allora perché quando si è feriti non si può semplicemente ritornare felici?  La domanda che mi ponevo sempre a cui non ho saputo dare risposta. Infatti decisi di cambiare, dovevo far ritornare quella che stava sul cazzo a tutti, e detto fatto lo feci, lo feci davvero. Ma tutto ciò lo facevo per una ragione: non volevo più saperne di Zulema Zahir, volevo essere spensierata senza paura e senza quelle stupide paranoie, anche perché non avevamo mai avuto niente che mi rendeva felice, solo momenti di caduta e di salita, affaticandomi sempre perché quella che voleva aggiustare tutto ero io, a lei importava solo scopare, scopare e basta. In cambio ho avuto solo sofferenza ed io non ero in cerca di più dolore di quel che avevo già. Avevo aperto gli occhi e avrei vissuto a pieno la mia vita, per sempre. 

"Allora bellissima, cosa facciamo con il caravan?" chiese Mencìa prima di addentare il suo panino. "Non voglio venderlo, ormai fa parte della nostra vita" risposi mentre guardavo il piatto e con il cucchiaio spostavo il contenuto di esso, cercando la felicità ormai persa. "E come facciamo a comprare la casa, tesoro?" chiese con un sorriso falso sulla faccia mantenendo lo sguardo sul mio, curiosa della mia risposta. "Perché dobbiamo comprarla per forza?" chiesi quasi infuriata, non volevo abbandonare i miei ricordi. "Non voglio vivere come un barbone" rispose la mia amica trattenendosi la risata. "Ma stai zitta" cascammo in una risata colma di felicità. Ho sempre adorato Mencìa, sapeva far sorridere le persone con poco e Rebeka se l'era fatta scappare. Più le persone sono felici più scappano dalla felicità trascurandola. 

"Ti rendi conto che ci siamo laureate?" dissi dal nulla alla mia amica, alzandomi ed esultando come un tifoso di calcio. "Si cazzo. E che sia chiaro, andiamo a festeggiare in quel bellissimo locale!" esclamò Mencìa emozionata.

Meglio tardi che maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora