A casa.

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Mentre eravamo in macchina, il silenzio aveva preso il sopravvento, quel silenzio era il mio preferito. Lo chiamavo "il silenzio notturno" perché faceva pensare a quello che di giorno non ti passava nemmeno per la testa: mia mamma prima di diventare ciò che ho conosciuto in adolescenza, mi faceva sempre notare le stelle, le comete, la luna ...
Tutto di quel cielo blu dava segno di libertà, marcava il territorio facendoci capire che dove eravamo adesso, era solo di passaggio, e che la fuori ci aspettava un nuovo mondo, una nuova vita da iniziare.
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Dopo una buona mezz'ora arrivammo a casa.
Nella nostra casa.

Scendemmo dalla macchina e sempre in silenzio ci incamminammo verso la porta di casa, la quale Zulema aprì con le chiavi.
"Perdonami." disse sotto voce, che quasi non la sentii.
Dopo aperta la porta fece per entrare, ma dopo un respiro profondo, si girò di scatto e mi abbracciò, di nuovo. Tutta quella trasparenza, tutto quell'affetto, da dove derivavano? Qual era la motivazione? E perché proprio adesso?
Non sapevo cosa fare.
Dovevo cadere in tentazione o fargliela pagare?
Più che non capire lei, non capivo me stessa: c'erano giorni in cui agivo senza pensare e altri in cui pensavo troppo ma non agivo mai, e questo era uno di quelli. Non sapevo come uscirne e non sapevo chi fossi. Ero in un limbo. Non ero io.
Ma basta, non dovevo pensarci troppo: ascoltai il mio cuore, come bene sapevo fare e l'abbracciai, ricambiando il gesto.
Mi era mancata, come sempre.
Entrambi ci lasciammo trasportare, e si sa, dopo qualche bevuta in un locale, la notte ci portava brutti scherzi.
Avrei dovuto disprezzarla per il suo carattere e per il suo modo di saper rovinare le cose. Sarei dovuta andare, eppure una parte di me voleva rimanere: mi staccai dall'abbraccio e iniziai a fissarla per indurla ad entrare in casa, ma non lo fece perché semplicemente non voleva, infatti si inchiodò alla colonna della porta e a sua volta mi fissava.
"Bionda, forse non hai capito. Tu dormi qui stanotte, e pure le altre." mi impose la regina araba rimanendo concentrata sui miei occhi. "E chi mi obbliga? Tu?" chiesi ridendo sarcasticamente, ma lei non si mosse di una virgola, restava lì a guardarmi.
"Entra." disse ricomponendosi, per poi incrociare le braccia al petto, ma io scossi la testa per negare la sua richiesta, allora si avvicinò a me più del previsto e il suo sguardo dagli occhi, passò alle mie labbra, dove si soffermò per qualche istante.
"Te lo ripeto l'ultima volta biondina, entra." disse seria sfiorando le mie labbra con le sue, e il mio stomaco esplose dalla sensazione che solo Zulema Zahir riusciva a suscitate dentro di me.
All'improvviso mi ritrovai a sacco di patate su di lei, che mi portò fino in camera mia ignorando le mie proteste.
Arrivate davanti al mio letto, mi ci buttò di peso ridendo, ma diventò subito seria non appena mi avvicinai a lei, facendo combaciare i nostri seni.
"Cosa c'è sotto, Zulema?" chiesi alla donna di fronte a me, che stava perdendo il suo autocontrollo. "Io.. Cioè" balbettò, ma subito dopo si schiarì la voce riprendendo a parlare: "Vai a letto bionda." disse indicando il letto con gli occhi. "Solo se anche tu ci vieni." dissi avvicinandomi ancora di più, fino a sentire il suo fiato caldo sul mio collo. "Ma smettila." disse ridendo leggermente. "Da quanto tempo non ci coccoliamo, Zulema?" chiesi accarezzandole il viso. "Levati." disse contraendo la mascella ma io non ne volevo sapere. "Perché mi volevi allontanare?" chiesi con calma, continuando ad accarezzare la sua pelle liscia e perfetta. "Bionda..." bisbigliò, cercando di respirare, cosa che il suo battito cardiaco le impediva per l'accelerazione. "Dimmelo" dissi facendo scivolare la mia mano sul suo petto, dove disegnavo delle circonferenze immaginarie, ma lei negò la mia richiesta scuotendo la testa. "Okay..." dissi. Improvvisamente presi Zulema in braccio e la poggiai sulla mia scrivania, e tenendo lo sguardo sui suoi occhi corvini, strusciai le mani lungo il suo corpo, abbassandomi fino alla sua parte intima: levai i suoi pantaloni mantenendo lo sguardo, perché cercavo di sedurla e mi riusciva molto bene, onestamente; stavo per levarle l'intimo quando mi fermai e dopo essermi morsa sensualmente il labbro, le rimisi i pantaloni agganciando i bottoni, stringendole dopo le cosce. Il suo autocontrollo ormai era andato a puttane, un vantaggio per me.
Scese dalla scrivania, afferrandomi per il collo e subito le sue labbra erano sulle mie e continuando a baciarsi mi ritrovai sotto di lei, nel letto. Ma basta essere dominata, era il momento giusto per farmi valere: l'afferrai per i capelli, cambiando le posizioni e mettendomi sopra di lei, e quando mi sfilai la maglia, involontariamente mossi il bacino su di lei e riuscii a sentire il suo gemito strozzato, così mentre sganciai la zip della sua maglietta, lo rifeci per sentire quella musica che riproduceva Zulema, ma sfortunatamente mi fermò.
"Va bene, te lo dico." disse leccandosi le labbra, sospirando. "Oh bene!" dissi sorridendo soddisfatta, così mi levai da sopra di lei, sedendomi seria e lei fece lo stesso. "Io.." disse interrompendosi subito, perdendosi con lo sguardo nel vuoto. "Tu?" chiesi incitandola a parlare, ma lei portò la mano alla sua bocca per togliere le pellicine ed io mi preoccupai per lei, sapeva tenere sotto controllo le emozioni, alla perfezione, non capivo cosa le stesse succedendo, allora cercai di aiutarla afferrandole dolcemente la mano e la tenni fra le mie accarezzandola.
"Prenditi il tuo tempo." dissi guardandole la mano, era come consumata. "Sei l'unica che mi ha fatto perdere la testa." disse.
Spalancai gli occhi dalla sua risposta.
Il mio corpo non reagiva, era come bloccato, mentre il mio sguardo perso nel vuoto.
Non riuscivo a reagire.
La sua risposta fu scioccante, non aveva mai confessato una cosa del genere, a nessuno per quel che sapevo e in quel momento ogni pensiero raggiungeva la mia mente, ogni emozione era rilasciata dal mio cuore.
Non sapevo controllarmi come la donna di fianco a me, infatti, in preda al panico mi alzai e camminai il più veloce possibile per raggiungere la cucina, dove afferrai un bicchiere rovesciandoci di campari al suo interno; bevvi tutto d'un fiato per prendere più alla leggera quel che poteva accadere lì, in quella casa e dopo raggiunsi Zulema in camera, ma al mio arrivo non la trovai.
Convinta fosse scappata nuovamente, caddi a terra e fissai il letto con le lacrime agli occhi, a cui diedi il permesso di uscire una volta per tutte.
Non volevo più alzarmi da quel pavimento rivestito da un tappeto morbido, e tanto meno cercarla. Ormai era da lei scappare.
Le mie lacrime stavano aumentando, come i fazzoletti usati di fianco a me.
Piangevo come una bambina e non sapevo controllarmi, ma tutto si bloccò quando una mano afferrò la mia maglia tirandomi su.
"E che cazzo! Sto cercando di dormire!" esclamò Saray, facendo alterare il mio sistema nervoso.
"Che cazzo vuoi? Vai a dormire e tappati le orecchie rincoglionita!" esclamai urlando e ovviamente iniziammo a litigare come non mai e la mia regina araba arrivò facendomi subito dimenticare che quella gitana mi aveva fatto imbestialire.
Strinsi dalla gioia il fazzoletto che avevo in mano e corsi subito da lei abbracciandola come non mai.
Non se n'era andata.
"Ti prego, possiamo parlare?" chiesi staccandomi dall'abbraccio, per poi mettermi dietro l'orecchio la ciocca di capelli che mi impediva di vedere la perfezione di Zulema.
Lei annuì incerta e fece cenno a Saray di andarsene. Quest'ultima mi squadrò con un ghigno, allora io ero pronta per menarla quanto bastava, ma sfortunatamente Zulema mi afferrò per i fianchi, portandomi dolcemente in camera mia.
"Scusa se me ne sono andata in quel modo, avevo bisogno di riflettere un attimo." iniziai tenendomi stretta la donna di fianco a me. "Sono partita dal presupposto che lo facessi per qualcosa, perché detto da te è talmente strano.. Insomma non è una cosa da te" dissi incrociando i nostri sguardi. "Perché stavi piangendo come una pazza?" chiese alternando lo sguardo tra il mio occhio destro e il mio occhio sinistro, rivelandosi preoccupata.
"Pensavo di averti fatta fuggire.." risposi tirando su col naso e il silenzio prevaleva nella stanza, il mio sguardo vagava e l'ansia cresceva, così presi la mia borsa, cacciando dentro la mano per afferrare il pacchetto di sigarette, dal quale ne presi una, che accessi con uno dei tanti accendini che avevo sparpagliati per casa e aspirai subito il fumo, finendo la sigaretta in poco tempo.
"Non sprecare qualcosa di prezioso." la sua voce, amplificata dal silenzio, mi fece salire un brivido lungo la spina dorsale. "Che vuoi dire?" chiesi mentre spegnevo la sigaretta. "Come le lacrime. Perché sprecarle per qualcosa del genere?" chiese rubando una sigaretta dal mio pacchetto. "Forse, cara Zulema, perché non voglio perderti." risposi studiando ogni suo movimento. Adesso voleva scappare con quella sua parte filosofica?
"Sono qui." disse come se mi avesse letto nella mente e dopo si accese la sigaretta, e si, era così tanto bella da togliere il fiato, quanto bella da ucciderti.
Mi raggiunse e con gesto delicato mi prese i fazzoletti che avevo in tasca per prenderne uno, che sventolò in aria mentre continuava ad aspirare il fumo di quella sigaretta.
"Bandierina bianca." disse ad una certa, e insieme cascammo in una piccola risata colma di mancanza, quella mancanza per cui non puoi vivere, e forse io volevo vivere con lei, perché potevo colmare ogni vuoto ridendoci solo insieme.

E sfortunatamente la mia forza, i miei passi, il mio percorso per la vendetta andò in frantumi, perché non seppi più resistere: appena lasciò la sigaretta nel posacenere l'afferrai delicatamente dal viso e la baciai dolcemente, assaporandola nuovamente.

Ed è proprio quando ti manca qualcuno che non puoi fare a meno di lottare fino a quando quella certezza non raggiunge il limite. Vuoi tutto e all'istante, potresti diventare anche pazzo perché è diventata ormai una dipendenza.
Di quale certezza sto parlando?
La certezza è il momento in cui ti rendi conto che di quella persona non puoi che non averci a che fare.
La vuoi e ogni giorno che passa la vuoi sempre di più.
Ed io a Zulema non ho mai smesso di rincorrerla.

Meglio tardi che maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora