Nel giro di un paio di settimane si concluse il primo semestre per tutto l’Hofer’s college e l’ansia per gli esami era palpabile. Nessuno, oltre noi di belle arti, sapeva come sarebbero stati gli esami di quell’anno. Una cosa bella di essere definiti i "nullafacenti" del collegio era che era in parte vero! Gli esami pratici, ossia i più numerosi, erano da anni sempre gli stessi nella nostra facoltà e si svolgevano con una semplice revisione di sei opere create durante il primo anno, ma la vera esaminazione finale si aveva a fine anno. Alla sessione di febbraio c’erano i professori che davano consigli su cosa migliorare, indicandoci un presunto voto da cui potevano partire. Il mio voto base era sempre 25 e andava bene. Perciò i primi due esami per noi erano tranquilli. I due successivi erano teorici, e quell’anno dovemmo affrontare storia dell’arte moderna e il primo anno di Estetica.
Li passai entrambi con 26 di voto e mi andò bene.
Finiti i primi esami si poteva godere di due settimane di pausa, immersi nel totale noioso vecchio college. Molti degli anni più grandi si divertivano uscendo la sera in città o organizzando piccole trasferte di un weekend o un giorno appena fuori città, in modo da svagarsi insieme. La mia classe non aveva mai pensato di organizzare una roba del genere: in primis perchè non eravamo così affiatati, in secondo luogo perché quelle due settimane significavano libertà e nessuno voleva sprecare tempo prezioso a stare con la solita gente, ma le sfruttavano per vedere fidanzate, famiglie, amici o fare i rubacuori.
Per me, quelle due settimane, erano sinonimo di silenzio e pace interiore. Potevo avere il dormitorio mezzo vuoto, il bar era spesso libero ed i giardini erano più silenziosi di qualsiasi altro periodo dell’anno scolastico. Potevo quindi iniziare a godermi l'inizio della bella stagione con piacevole solitudine: andando a sostare sulle panchine, ad osservare i primi alberi in fiore o anche semplicemente a sdraiarmi su qualche poltrona all’aperto del bar, di solito occupate da quelli del quinto anno.
Passavo due settimane di totale solitudine e mi ricaricavo un po’, non chiamavo neppure a casa sapendo che avrei trovato lo stesso silenzio.La mattina mi permettevo di far colazione al bar, circondato di miei mille fogli e matite, voglioso di combinare qualcosa iniziavo a copiare i rari studenti seduti ognuno al proprio tavolo singolo; disegnavo i baristi e gli insegnanti che sostavano fuori dall'enorme vetrata. Tracciavo un veloce contorno di qualche piccione che dondolava all’esterno ed infine macchiavo con il fondo del caffè il foglio, dandogli un colore marroncino che impregnava il foglio del suo buon odore.
“E se lo fai con il tè come esce?” una voce mi colse di sprovvista alle spalle, appena alzai il viso rividi il volto del ragazzo del terzo anno: mi stava guardando con un sorriso naturale sbocciato sul suo volto, in attesa ed incuriosito di una mia risposta.
“Su-suppongo esca un marrone più chiaro, forse tendente al grigio.” mormorai soffiando una risata, trovandomi all’improvviso nervoso.
“Ah si? Il colore varierebbe da un tè all'altro? Perché non ci provi?” chiese dunque sempre con quel tono pieno di curiosità.
“Perchè non amo il tè, o gli infusi” ammisi semplicemente e l’espressione del ragazzo tornò ad avere quel broncio contrario con cui lo avevo conosciuto.
“Posso sedermi?” chiese in seguito senza dir nulla prima, diedi il mio permesso al ragazzo togliendo qualche foglio dal tavolo per fargli spazio. Il moro appoggiò i suoi libri ed infine mi osservò con le braccia incrociate al petto.
“Davvero non ti piacciono i té? Sembri un tipo da tè.” riprese il discorso con faccia seria e non potei che sorridere.
“Mi dispiace, ma non amo l’acqua sporca” risposi alzando leggermente le spalle. Lui rise lievemente al mio commento, le mie orecchie sentirono un suono soave quanto quello della Moser, ma con un timbro maschile e meno leggero. Eppure la sua voce era cristallina, quella contrapposizione mi piacque molto e quasi volli sentirla di nuovo.
“Quindi bevi solo caffè?” chiese alzando un sopracciglio ed io annuii.
“Si, almeno mi tengono sveglio” ammisi anche se ero ben consapevole di quanto non fossero adatti alla mia ansia patologica.
“Li bevi davvero o li usi come pittura?" Era sempre più curioso quel ragazzo e alla sua ennesima domanda sorrisi.
“Entrambi, suppongo. Mi piace molto l’odore, più del gusto sicuramente e il colore che danno al foglio.”
“Ha lo stesso colore dei tuoi occhi” disse schiettamente dopo essersi sporto verso il foglio per ammirare il colore. Quella sua frase mi prese alla sprovvista, alzai di slancio il mio sguardo sul ragazzo e per qualche piccolo istante sprofondai completamente in due buchi neri, i suoi occhi scuri erano ancora immersi a studiare le mie iridi tremolanti per l'imbarazzo di quelle sue parole, ed infine deglutii male, andandomi a soffocare da solo.
“Oi, tutto ok?” chiese preoccupato subito lui ed io annuii con il viso in fiamme per l’imbarazzo al suo commento.
“Ah, sisi, mi capita spesso di deglutire male” risposi sventolando una mano in aria per cambiare discorso dalla mia figuraccia.
“Te eri nella classe della Moser, giusto?” chiese dopo poco il moro aprendo uno dei suoi libri. Dall’interno del libro uscirono vari pezzi di foglio ripieni di appunti o disegni di arti umani e scheletri.
“Ah, sì, sono del secondo anno di belle arti.” risposi ricordandogli la classe.
“Si, lo so. Ti dava fastidio la gamba contratta del modello.” rimasi sorpreso dal suo ricordo di me tramite quel dettaglio impercettibile a molti altri.
“Alla seconda lezione ti dava fastidio un tuo compagno che continuava a tossire in quel modo poco sicuro; alla terza lezione hai litigato con il tuo foglio a causa della brutta piega che aveva preso in un angolo.”
Sorrisi alla sua spiegazione dettagliata del mio comportamento e annuii imbarazzato.
“Ero così ovvio?”
“No, ma eri giusto nella mia linea di osservazione, sullo sfondo del modello ed eri più interessante del tic fastidioso del tipo.” disse sorridendo lui. Arrivò poi il suo ordine al mio tavolo: era un infuso di frutti rossi e sorrise ben felice appena lo vide, ringraziò la cameriera ed infine mi guardò soddisfatto del suo infuso. Lo versò perfettamente all'interno della tazza per poi assaporarne il gusto. I miei occhi si incantarono sull’acqua colorata di un perfetto magenta, sembrava quasi artificiale, ma il profumo dei frutti rossi era travolgente; mi sarebbe piaciuto imprimerlo sulla carta.
“Come ti chiami? Ho solo sentito il tuo cognome un paio di volte dai tuoi compagni è Maire, giusto? Sei Francese?"
Ecco l’ennesima domanda dal ragazzo ed annuii semplicemente ad ogni sua domanda. I suoi occhi neri erano ben fermi su di me, in attesa di sapere il mio nome, era forse la seconda volta che tentava di scoprirlo, ma io mi scordavo sempre.
Aprii bocca per dirlo ma bofonchiai qualche parola incompleta prima sentendo l’ansia salire.
“He-Henri Maire.” dissi infine con un sorriso imbarazzato per quella penosa fatica che avevo messo per dire il mio nome.
“Henri? come Matisse?” domandò piacevolmente sorpreso di quella coincidenza che in realtà non lo era.
“Si, è il pittore preferito di mia madre e ha deciso di donarmi il suo nome.” ridacchiai un po’ imbarazzato su quel fun fact su di me.
“Te sei..?” chiesi curioso di dare finalmente un nome a quel bel volto sorridente e sereno che mi si presentava, purtroppo, di rado.
“Emile Sinclair." sorrise pronunciando il suo nome e lo trovai perfettamente in linea con esso.
“Piacere, Sinclair” dissi sorridendo, trovando piacevole chiamarlo col suo cognome.
“Oh, no, no, chiamami Emile per favore.” mi corresse subito.
Era raro che ci si chiamasse per nome all’Hofers, perciò non nascosi la mia espressione di sorpresa a quella sua richiesta particolare, ma non mi tirai indietro ed annuii.
“Allora chiamami pure Henri” lo invitai di ricambio non volendo essere il primo a sembrare distante.
“Con estremo piacere.” sorrise soddisfatto Emile al mio invito.
Tornai così al mio silenzio ritrovandomi catapultato di nuovo nella realtà e nel bisogno di scegliere i corsi da fare. Emile si sporse qualche minuto dopo verso di me per buttare l’occhio sui miei fogli. Alzai lo sguardo sul ragazzo che stava sorseggiando il suo infuso curioso dei cazzi miei.
“Sto scegliendo i corsi da seguire per il secondo semestre.” chiarii al ragazzo che parve abbastanza sorpreso.
“Che corsi avete?”
“Antropologia delle arti e cultura, cromotologia, psicologia dell'arte, e pittura con copia dal vero.”
“Antropologia hai detto? Avete il professor Fuentes?” lanciai un occhio veloce al nome del professore e confermai subito.
“Si, avete avuto un corso con lui?” Emile negò e sorrise.
“Lo abbiamo come primo anno di antropologia delle arti e cultura di quest’anno, saremo in classe assieme, Henri” il mio nome pronunciato da lui mi fece uno strano effetto e mi lasciai sfuggire un sorriso.
“Bene, insomma, lo frequenterai?"
“Forse, non lo so, devo ancora dare un’occhiata agli altri corsi. In fondo mancano ancora un paio di settimane, posso scegliere con calma.” annuii alle sue parole trovandolo comprensibile il suo pensiero. Ero io quello pieno d'ansia che, per ottimizzare i tempi, preferiva fare tutto subito, anche se male a volte.
“Te ne starai qua in collegio queste due settimane?” chiesi volendo fare conversazione con lui.
"Sì, tornare a casa mia sarebbe troppo una noia per solo due settimane; poi mi piace la città, ho tutti i miei amici qua.” alla sua risposta annuii sorridendo lievemente. Lo invidiavo che avesse compagnia in città, tanto da potersela godere.
“E te? Resti qua?”
“Si, anche per me sarebbe solo noia il viaggio per casa. Ma sto bene anche qua alla fine, quindi..”
“Già, basta avere la compagnia giusta, no?” Emile pose quella domanda ingenuamente ed io annuii non volendo fare la prima impressione dell'asociale che ero, ma al ragazzo non sfuggì il mio sorriso imbarazzato. Lo vidi abbassare la tazzina e sporsi verso di me per controllare il disegno.
“Ti è uscito bene” si complimentò con un sorriso gentile, come per recuperare quel suo ultimo commento non voluto.
“Grazie, dovrei dipingere più spesso con il caffè” pulii il pennello nel bicchiere d’acqua ormai sporco che mi avevano portato per la colazione, lo asciugai velocemente su un fazzoletto ed infine gli feci fare un paio di giri fra le dita per giocherellare in quel lieve imbarazzo che mi si era accumulato nella testa.
Voltai la pagina per dare un’occhiata anche agli altri disegni e osservai quale prossimo schizzo colorare: ce ne era uno della professoressa di storia dell’arte che non mi dispiaceva, ma ormai ero agli sgoccioli con il fondo di caffè e la mia espressione contrariata lo suggerì ad Emile. Gentilmente la sua mano passò la sua tazza ormai finita di tè e con un sorriso curioso mi invitò ad usarlo, a sperimentare con quello.
“Sicuro? Puoi finirlo” ridacchiai a vedere la tazza rossa davanti ai miei occhi.
“Fai pure, io sono a posto.” bevve poi un sorso dal suo bicchiere di acqua giusto da portarlo in pari a metà ed infine me lo porse per pulirci il pennello.
“Appena lo finisci devi mostrarmelo.” Emile mi sorrise gentilmente, rivolse uno sguardo all'enorme orologio della stanza e decise che era meglio andarsene per quel giorno. Alla sua promessa sorrisi annuendo, anche se non sapevo quando mai l’avrei rivisto.
Probabilmente mai, ma il fato preferì cambiare le cose per me con quel ragazzo.Spazio autrice
Buongiorno a tutti 🤍
Mi scuso per questo capitolo breve, purtroppo anche il terzo sarà su questa lunghezza, ma dal quarto in poi si allungheranno un po' di più.
Finalmente abbiamo avuto la loro prima interazione seria e dovevate vedermi mentre la scrivevo, ero tutta euforica lmao. Io proud mom con questi due e si vedrà in futuro.Grazie anche oggi di aver letto il capitolo, spero vi sia piaciuto e non vedo l'ora di leggere i vostri commenti! Come sempre, se trovate errori segnateli con ‼️ e le vostre parti preferite con una ⭐
A mercoledì ~
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Non c'è nulla di speciale
RomanceSi è sempre detto che i collegi sono un altro mondo ma non si capisce quanto distanti dalla vita di tutti i giorni finché non ce se ne stacca. Le amicizie all'interno possono rivelarsi pericolose al di fuori, o piacevoli sorprese. Non si può sapere...