𝐈𝐈. 𝐀𝐭𝐥𝐚𝐬 𝐒𝐩𝐞𝐜𝐭𝐨𝐫

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𝐀𝐭𝐥𝐚𝐬

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𝐀𝐭𝐥𝐚𝐬

«𝐍𝐢𝐜𝐞 𝐭𝐨 𝐦𝐞𝐞𝐭 𝐲𝐨𝐮.»



Lord knows and I think I know it too sometimes
Every time and they reachin' out for what's mine
I've been awake for days
So we out living life in the night
Pray to god, man I hope I don't die
I've been awake for days
So we out living life in the night
Pray to god, man I hope I don't die in the night



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𝐄rano anni che si era abituato ai dolori del mattino, che gli annunciavano il buongiorno. Lo scontro della sera precedente aveva iniziato a farsi sentire, soprattutto perché quell'idiota si era ribellato alla morte. Nessun uomo sano di mentre avrebbe dovuto farlo.
Si tirò a sedere nel letto e si stiracchiò appena. Fissò le nocche delle mani, scorticate dai pugni ben assestati e storse il naso. Un altro giorno come Atlas Spector lo aspettava, l'ennesima giornata tranquilla e identica alle precedenti. Soltanto la sua vita notturna era ricca di adrenalina.
Si voltò a fissare il cellulare sul comodino accanto al letto, non appena iniziò a squillare. La nona sinfonia di Beethoven squarciò il silenzio. Ironico il fatto che non fosse altro che l'inno alla gioia.
Visualizzò il nome sullo schermo: Martin.

«Pronto?» Rispose velocemente a telefono, lanciando le lenzuola all'aria. Sapeva che prima o poi quella vita movimentata gli avrebbe fatto perdere la concezione della realtà. Come ogni mattina, insieme ad uno dei suoi migliori amici in città, Atlas faceva colazione in un bar poco distante dalla cattedrale di Edimburgo, nella città vecchia, cuore indomito di storia e leggende.

«Hai fatto di nuovo tardi! Toccherà a te offrire la colazione, amico mio.» Martin era quasi sempre allegro, tranquillo e orgoglioso del suo lavoro. Spesso Atlas si soffermava a pensare all'incoerenza della propria vita. Il suo migliore amico era un poliziotto, era sempre in prima linea per ogni crimine della città e dava la caccia a uno dei vigilanti più temuti e violenti che Edimburgo avesse mai conosciuto: proprio lui. Eppure non era mai stata un'amicizia pianificata, era semplicemente capitato, durante una sera ad un pub, con una sbornia di troppo.

«Sì, beh, ieri sera si è fatto tardi e non ho sentito la sveglia questa mattina.» Bofonchiò di tutta risposta, la voce era ancora un po' rauca e impastata dal sonno. Acciuffò un jeans e una camicia pulita e si rinchiuse nel bagno per iniziare a prepararsi. Sistemò il cellulare in viva voce mentre si sciacquava il volto con l'acqua gelida, per darsi una bella risvegliata.

Intanto Martin parlava tranquillamente, prendendolo in giro e immaginando la sua movimentata vita notturna, non immaginando di certo quanto lo fosse effettivamente. «Oh, capisco. Un film? Horror? Non ti fanno bene gli horror, Atlas, sai? Sei sempre più nervoso il giorno successivo.» Ridacchiò.

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