Tu sei Lucifero vestita, sì, con orli e perle
Tu ti incateni in mezzo al fuoco e dici: "Viemmi a prende'"
Il nostro amore delicato è uno zucchero amaro
Che ci vogliamo solo quando poi più non possiamo
E sto cadendo nel burrone di proposito
Mi sto gettando dentro al fuoco, dimmi: "Amore no"
Finiranno anche le fiamme ma il dolore no
E non puoi uccidere l'amore ma l'amore può
Capisci
So che puoi farlo, finiscimi
Aspetto la fine, tradiscimi
Poi dimmi: "È finita", zittiscimi
C'est la vie, è la vie
No, no, no, no, no𝐇𝐞𝐫𝐜𝐮𝐥𝐞
Hercule alzò le mani in alto, in segno di resa. Erano giorni che rimuginava su ciò che aveva fatto. Si sentiva un mostro, tremendamente in colpa. Non aveva idea che dietro quei pagamenti ci fosse l'uomo che aveva rappresentato l'incubo per la vita di Atlas.
Adesso, ogni volta che trovava il coraggio di guardarsi allo specchio, impallidiva. Ripercorreva il naso ancora arrossato e gonfio. Non odiava quel dolore, anzi. Era consapevole di averlo meritato per aver tradito la fiducia di Atlas. E detestava soprattutto se stesso, perché si era lasciato prendere da dei sentimenti inattesi per lui, non credeva che potesse prenderlo a tal punto.
Adesso che gli amici di Atlas erano lì a minacciarlo, un po' li capiva e si sentiva sollevato dal fatto che non fossero persone "normali", quanto piuttosto due soldati ben allenati.Isak, così gli pareva si chiamasse, teneva una pistola puntata contro di lui. «Oh buonasera, dottore, disturbiamo?» Diede un calcio a una sedia, facendola cadere. Hercule sussultò appena. Aveva lo stesso lampo di rabbia che aveva visto nello sguardo di Atlas. «Dove cazzo è Atlas?»
«Vi spiegherò ogni cosa, se me ne date la possibilità.» Hercule si tirò in piedi, tenendo le mani ben in vista. «So dove lo tengono. Ho intenzione di aiutarvi. I-io non sapevo sarebbe andata a finire così...»
Ida lo guardava con scetticismo. La vide corrugare la fronte e mordersi le labbra. «E perché dovremmo crederti, dottore?»
Hercule deglutì. «Perché voglio aiutarlo. Ho fatto un macello.»
Isak abbassò l'arma. Inclinò il capo e storse il naso. «Tu ora ci racconterai tutto. Poi saremo noi a trarre le conclusioni.» Prese una sedia e la mise in avanti, invitandolo -anche se in modo minaccioso- a sedersi.
Hercule annuì e fece come richiesto. Prese il proprio pc e iniziò a smanettare sulle Mappe, cercando di individuare il posto dove tenevano rinchiuso Atlas. La sua immagine, mentre era dolorante e rinchiuso in una camicia di forza, era impressa nella sua mente come un marchio di fuoco. Indicò sullo schermo un vecchio complesso abbandonato. Ricordava che gli avessero raccontato che venne chiuso anni addietro, dopo alcuni trattamenti crudeli e violenti nei confronti dei pazienti. Era un ospedale psichiatrico, ormai abbandonato e fatiscente all'esterno, ma le mura e la struttura si erano ben mantenute, permettendo a Perez e ai suoi seguaci di poterlo sfruttare per i loro lavori, in completo silenzio e tranquillità. Era dislocato dal centro città, in aperta campagna. Il paesino più vicino era anche abbastanza lontano, per cui potevano agire senza alcun problema: non avrebbero attirato attenzione in nessun modo.
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•𝐍𝐢𝐠𝐡𝐭𝐦𝐚𝐫𝐞•
Mistério / Suspense𝐆𝐢𝐯𝐞 𝐩𝐞𝐚𝐜𝐞 𝐚 𝐜𝐡𝐚𝐧𝐜𝐞 Atlas è -apparentemente- un uomo sereno. Trascorre una vita solitaria, beandosi della tranquillità della città di Edimburgo. Soprattutto, però, gode della sua vita notturna e del suo catrame, dei suoi peccati. Sot...