𝐈𝐕. 𝐏𝐫𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐚 𝐫𝐢𝐜𝐞𝐯𝐞𝐫𝐥𝐚

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Sono infelice di professioneSogno che sono morto, il mio corpo in strada, la processioneTra bourbon e burbukaImbalzato, fumo un bazookaNon faccio scena, ma scena mutaFarfalle nello stomaco, dammi l'insetticidaVoglio ridisegnare il mondo, dammi una...

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Sono infelice di professione
Sogno che sono morto, il mio corpo in strada, la processione
Tra bourbon e burbuka
Imbalzato, fumo un bazooka
Non faccio scena, ma scena muta
Farfalle nello stomaco, dammi l'insetticida
Voglio ridisegnare il mondo, dammi una matita
Voglio ridere come non avessi mai pianto
Voglio la luna e camminarci sopra come Armstrong
L'abbiamo fatto ed ero innamorato, finalmente
Ma il giorno dopo già non provavo più niente
Portami sulle onde dell'oceano quando si alzano
Uccidimi e fammi risorgere come con Lazzaro
Dammi tutto allo stato puro
Di più di un vestito scuro
Di un roseo futuro
Non mi ammazzerà una sbronza, ma il primo bicchiere sicuro.


Atlas detestava il suo compleanno, ma solo Hercule gli aveva fatto gli auguri per la prima volta, dopo anni. Avevano trascorso il resto della serata a bere, chiacchierando del più e del meno, prima di cadere in uno strano silenzio. Non era stato imbarazzante come la maggior parte delle volte, sembrava solo adatto alla situazione. E per fortuna nessuno dei due aveva sentito l'impellente necessità di distruggerlo con la stessa forza con cui si frantuma un vetro dopo un sasso lanciato.
Dopo un paio d'ore, poi, se n'erano andati da casa di Martin, prendendo due taxi diversi per tornarsene a casa. Si era divertito a svuotargli quasi tutto il whisky, anche perché se avesse dovuto aspettare Martin, probabilmente sarebbe invecchiato nella bottiglia fino a un tempo indefinito.

Atlas si era svegliato relativamente presto, nonostante la sbornia da smaltire. Alla fine i suoi orari erano rigorosi, raramente non li rispettava. Aveva cercato un'aspirina smaniosamente in tutta la casa, per mettere a tacere i mal di testa.
Si era preparato frettolosamente e aveva letto qualche mail in maniera distratta dal telefono, rispondendo educatamente a tutti gli spam.
Alla fine aveva raggiunto la propria biblioteca e stava armeggiando col mazzo di chiavi per aprirla.

«Hai fatto le ore piccole?» La voce squillante e allegra di Lindsay giunse alle sue orecchie. Roteò gli occhi al cielo e si strinse nelle spalle.
Si voltò a guardarla, indossando il solito sguardo scocciato.

«Già, apri questa cazzo di porta, dai.» Diede uno spintone alla porta, con la chiave ancora nella toppa. Era consapevole non servisse a nulla, stava soltanto iniziando a sfogare un po' del nervosismo del giorno.

«Deduco dal tuo solito tono scorbutico che ieri sera tu non abbia sfogato un po'.» Lindsay gli sfilò le chiavi dalle mani e ridacchiò divertita. Si avvicinò alla porta e la aprì, permettendogli di entrare. «Avresti bisogno di uscire un po' più spesso, socializzare, conoscere il mondo.»
Atlas detestava il suo continuo appunto alla sua vita sessuale. In realtà era già tanto che riusciva a tollerarla, di solito non andava d'accordo con gli altri esseri umani, era più bravo ad ucciderli che a socializzare. Il mondo lo conosceva abbastanza bene da poter dire con sicurezza che faceva piuttosto schifo e non c'era assolutamente nulla di interessante là fuori. A parte qualcuno che doveva soffrire agonizzante. «Cos'hai fatto ieri sera?» La ragazza iniziò a sistemare alcuni scaffali, mentre Atlas si liberò dalla giacca di pelle, lanciandola su un divanetto. Era pronto a dirigersi verso il proprio ufficio.

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