𝐗𝐗𝐈𝐗. 𝐏𝐫𝐨𝐦𝐞𝐬𝐬𝐚

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Thought I found a way
Thought I found a way out (found)
But you never go away (never go away)
So I guess I gotta stay now
Oh, I hope some day I'll make it out of here
Even if it takes all night or a hundred years
Need a place to hide, but I can't find one near
Wanna feel alive, outside I can't fight my fear
Isn't it lovely, all alone?
Heart made of glass, my mind of stone
Tear me to pieces, skin to bone
Hello, welcome home
Walkin' out of time
Lookin' for a better place (lookin' for a better place)
Something's on my mind (mind)
Always in my head space


Thought I found a wayThought I found a way out (found)But you never go away (never go away)So I guess I gotta stay nowOh, I hope some day I'll make it out of hereEven if it takes all night or a hundred yearsNeed a place to hide, but I can't find o...

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Il viaggio di ritorno era silenzioso. Atlas avrebbe voluto spezzare quel momento, con qualche parola adatta alla situazione, ma non ne era capace.
Era più bravo ad avvelenare l'aria con qualche commento sarcastico.
Non aveva mai odiato la sua natura quanto in quel momento. E non avrebbe mai pensato di poter dire che preferiva Hercule sorridente.
Avrebbero escogitato un piano, qualcosa per risolvere quella questione, naturalmente. Shayla li avrebbe raggiunti al suo appartamento. Nel frattempo erano in treno insieme ad Isak ed Ida. Non aveva mai trovato così imbarazzante e pesante il silenzio.
Hercule, seduto al suo fianco, sospirava di tanto in tanto, guardando fuori al finestrino. Poteva sentire quasi gli ingranaggi del suo cervello arrovellarsi su tutti i problemi.
Odiava non vedere le sue rughe d'espressione agli angoli della bocca, né poter fissare le fossette quando sorrideva. Non poteva far a meno di pensare che tutta quella storia fosse solo colpa sua e, che se non fosse mai nato o fosse morto, non si troverebbero a quel bivio. Avrebbe risolto ogni cosa, soprattutto avrebbe riportato Heaven tra le braccia di suo padre, di Shayla poco gli importava. L'aveva risparmiata solo per non rendere una bambina orfana di madre, sapeva abbastanza bene quanto fosse doloroso.

Hercule sospirò, ancora. Era la nona volta che lo faceva. Si sentiva pazzo a contare. Si tirò poi in piedi, col capo abbassato come se lo avessero appena riempito di pugni allo stomaco. «Scusate, vado un momento in bagno.» Seguì la sua figura allontanarsi e aggrottò la fronte, preoccupato.

Tornò a voltarsi verso i suoi amici, entrambi seduti di fronte, e si passò una mano in volto. Sentì Ida armeggiare con il piede all'altezza delle sue gambe e inarcò un sopracciglio. «Capisco di essere dannatamente attraente, ma lo sai che non mi piacciono le donne? E poi come faremmo con Be-»
Le parole gli si mozzarono in gola per il dolore, dopo un ben assestato calcio agli stinchi. Si fece sfuggire un rantolo di dolore. «Mi dici che cazzo di problemi hai?»

«Io?!» Ida sbuffò scocciata. «Dovresti dircelo tu!»

Atlas si massaggiò la gamba, maledicendola in tutte le lingue che conosceva. Socchiuse gli occhi e scosse il capo. «Vuoi che ti faccia una lista in ordine cronologico o alfabetico? O preferisci la mia cartella medica?»

Isak tossicchiò. A volte era assurdo pensare che fosse lui a dover mettere un punto alle loro liti da cane e gatto. «Forse, però, Ida ha ragione, no? Credo tu debba dire qualcosa a Hercule.»

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