BokuAka

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Pair: BokuAka

Prompt: "Togliti di mezzo prima che lo faccia io stesso."


C'erano poche situazioni in cui Akaashi perdeva il controllo. Minime. Quasi nulle.

Uno dei suoi nonni malato, ad esempio. O vedere i suoi genitori in difficoltà, conscio che non avrebbe potuto aiutarli in alcuna maniera. Stop.

Erano situazioni particolarissime e, per ora, rare, che nella scala della gravità generale potevano introdursi comodamente tra un 7 e un 8. Un decesso avrebbe significato 9. Un incidente grave 10. Esattamente in quell'ordine, perché se uno era morto si poteva fare ben poco, ma una situazione critica poteva avere risvolti inaspettati e causare molto più shock.

Immaginava, almeno.

In realtà non aveva mai avuto il dispiacere di trovarsi in quelle situazioni estreme, ma pensava che l'omicidio (effettuato dalla sua provatissima persona) potesse tranquillamente catalogarsi come un 3. Perché, in quel momento, lo avrebbe fatto sentire infinitamente bene.

Quell'esame si stava rivelando una fantasiosa arma di tortura e di esplosione cerebrale: professori volatilizzati nel nulla, mail senza alcuna risposta da mesi, tutor sadici che riversavano tutte le loro più pure frustrazioni su studenti sull'orlo di una crisi di nervi, esercitazioni prive di spiegazioni e tonnellate di libri inutilmente prolissi da conoscere a memoria.

Akaashi aveva passato gli ultimi due giorni sveglio.

Ore di veglia a seguire lezioni e spiegazioni e ore di sonno ad ingozzarsi di bevande energetiche, studiando come un posseduto e sfogliando le pagine di tomi e quaderni con scatti così secchi da averne strappate almeno una trentina.

I suoi occhi erano rossi, secchi e bruciavano come se dovessero prendere fuoco da un momento all'altro. A nulla valevano gli occhiali perennemente sul naso, le lenti piene di ditate che venivano strofinate con troppa fretta in una pulizia insoddisfacente.

Non si faceva la doccia da almeno una settimana, si nutriva di caffè, crackers e bevande energetiche ed era arrivato ad un punto in cui era abbastanza sicuro di riuscire a vedere gli odori.

Quindi, quando quella sera sistemò sulla sua scrivania tutti gli appunti che gli sarebbero serviti e impostò il portatile a caricare docilmente in un angolo, allungò una mano per rinvigorirsi di Monster Energy, tastando ciecamente la pila ordinata che aveva organizzato sul comodino.

Afferrò l'aria.

Sospirò seccato, strizzando gli occhi alla ricerca di una pazienza che, lo sapeva, era evaporata da due mesi a quella parte.

Spostò lo sguardo sulla sua scorta, sperando che le lattine fossero solamente rotolate via ma comunque ben presenti nella sua stessa camera, tuttavia il punto vuoto dove fino alla sera prima erano docilmente impilate lo derise.

Digrignò i denti, perché quello non era previsto.

Tentando di riacquistare un minimo di calma – e fallendo miseramente -, si avviò all'ingresso per mettersi le scarpe con la chiara intenzione di svaligiare il konbini sotto casa.

Ma il maledetto konbini sotto casa, scoprì, era svuotato della sua linfa vitale, se non per un'unica lattina che campeggiava sola soletta in uno scaffale altrimenti deserto.

Preso da un'agitazione che non comprese pienamente, allungò il passo freneticamente, avvicinandosi al suo tesoro con una visione a tunnel che lasciava oscurato il mondo circostante.

Era lì, pronta, in attesa di essere acquistata e assorbita dalle due membra insonni.

Allungò la mano, ancora troppo lontano per afferrarla ma abbastanza vicino da poterne sentire l'odore metallico e l'energia trasmessa per osmosi, quando qualcuno si mise in mezzo, ridacchiando e dandogli le spalle, muovendosi per prendere la sua unica ragione di vita.

Un ringhio sgorgò istintivo dalla gola di Akaashi. "Togliti di mezzo prima che lo faccia io stesso."

Il tizio – enorme, alto, con sicure aspirazioni suicida – strinse la mano attorno alla bevanda, girandosi a guardarlo con occhi spalancati e la faccia terrorizzata.

Akaashi non si fece scrupoli. "Lasciala e nessuno si farà male." Sibilò, artigliando le dita nel vuoto e socchiudendo le palpebre minaccioso.

Il suicida deglutì. "Era tua? Oh mio Dio, scusami, è che con Kuroo volevamo fare un esperimento e così pensavamo ..."

Akaashi lo guardò, dubbioso e infastidito.

Non sapeva chi fosse questo Kuroo, non voleva sapere nulla di quel tizio, ma se avessero sprecato anche solo una goccia della sua linfa vitale si sarebbe sentito in dovere di eliminarli dalla faccia della terra. Non sapeva come, visto che il ragazzo davanti a lui sembrava costruito come un armadio, ma era intelligente, qualcosa si sarebbe inventato.

Il tizio illuminò il suo viso con un sorriso enorme e Akaashi ne rimase un po' interdetto. "Sei sotto esami, vero? Se vuoi abbiamo una scorta di bevande energetiche, puoi prenderne qualcuna, sembri averne bisogno."

"Io ..." Sì. La risposta doveva essere sì, perché ne necessitava più dell'aria, ma era stupito dallo sviluppo della situazione.

Abbassò il braccio, strofinandosi le mani nervosamente. Improvvisamente, era dispiaciuto per aver fantasticato mille e uno modi per far fuori qualcuno in mezzo secondo. "Mi scuso per averti aggredito." Balbettò. "Di solito non lo faccio ma, beh ..." Alzò le spalle, la vergogna che cominciava ad assalirlo.

"Non preoccuparti! Il mio amico Kenma lo fa in continuazione quando gioca, dice che lo disturbo!" Rise e la nottata di Akaashi sembrò d'improvviso meno scura. "Sono Bokuto Koutarou, a proposito, se vieni ti offro la Monster e prendi quello che ti serve."

"No, posso pagarla da solo, davver-"

"Mi piacerebbe offrirti qualcosa." Lo guardò e lo vide farsi rosa sulle guance. "Sei veramente carino e, beh, farei qualsiasi cosa per sapere il tuo nome."

Oh.

Akaashi sapeva che non era in forma. Aveva occhiaie profonde, la sua pelle era pastosa, i capelli un pasticcio sporco ed era quasi sicuro che i suoi pantaloni fossero bucati.

Sorrise, perché quella era una piega che non si sarebbe mai aspettato. "Sono Akaashi Keiji." Mormorò piacevolmente imbarazzato e Bokuto si illuminò.

Sembrava un bravo ragazzo, pensò seguendolo fuori dal konbini. E aveva tantissime bevande energetiche.

Ne prese più di un paio, lasciandogli in cambio il suo numero di telefono e la promessa di un appuntamento per la settimana seguente.

Giusto il tempo di finire gli esami.

Terrible First MeetingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora