SakuAtsu

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Pair: SakuAtsu

Prompt: "Tu non mi conosci, ma sta per accadere qualcosa di terribile."


Atsumu correva.

Veloce come il vento, schiacciava i piedi per terra ad ogni passo in cerca di una spinta più potente, suole di gomma che scricchiolavano agitate e il respiro affannoso, corto, tanto pesante da sentire i polmoni di piombo. Le gambe si muovevano così rapidamente da sembrare che fosse inseguito dal demonio.

Non era molto lontano dalla realtà.

Superò un kouhai confuso, prendendone quasi un altro per disattenzione e scivolò oltre un angolo, slittando per terra e riprendendo agilmente l'equilibrio, ricominciando a correre con più foga.

Lo sentiva urlare nei corridoi, i tonfi pesanti dei suoi piedi che calpestavano il pavimento come volessero sfondarlo, la voce rabbiosa che avvertiva sempre più forte, più vicina, praticamente nelle orecchie.

Sentì il sudore freddo congelargli la spina dorsale.

Sapeva che era una sua impressione, ma percepiva la sua mano ad un millimetro dalla sua schiena e questo lo spinse ad entrare nella prima porta accostata che si ritrovò davanti, buttandosi dentro quasi tuffandosi.

La chiuse svelto, appoggiandocisi sopra ansimando agitato, le palpebre strizzate e la bocca completamente asciutta, spalancata per tentare di prendere quanta più aria possibile.

"Cosa stai facendo?"

Una voce estranea lo portò ad aprire gli occhi e vedere una camera piena di futon ordinatamente piegati. Vicino l'ultimo, scostato dagli altri in un quadrato di parquet più lucido del normale, c'era un ragazzo. Con un mop in mano.

Alto, scuro di capelli, riccio. Due nei sopra il sopracciglio e due occhi che sembravano volerlo bruciare vivo, una mascherina chirurgica abbassata sotto il mento a scoprire una bocca chiusa in stretta disapprovazione.

Sakusa Kiyoomi.

Le foto sulle riviste non gli avevano reso giustizia.

"Tu non mi conosci," La voce era bassa, un sussurro appena, perché lui aveva un udito anormale. "ma sta per accadere qualcosa di terribile."

*

"Tu non mi conosci, ma sta per accadere qualcosa di terribile."

Sakusa strinse le palpebre prevenuto, perché non si fidava di Miya Atsumu.

Le riviste di pallavolo sviolinavano sui gemelli Miya da quando le persone – i giornalisti - cominciarono a distinguerli – il colore dei loro capelli avevano salvato tantissimi posti di lavoro – ma la faccia di quel particolare Miya non gli aveva mai inspirato fiducia.

Quindi sì, lo conosceva. Non personalmente, ringraziando tutti gli Dei, ma sembrava che quel piccolo favore stesse per esaurirsi prima di quanto avesse preventivato.

"Non mi hai risposto." Sibilò Sakusa stringendo le mani sul manico del mop. La trama rigata pareva stranamente rassicurante contro i suoi palmi. "Cosa stai facendo?"

Lo vide mettere su quel sorriso storto, quello che aveva fissato anche troppo tempo sulle pagine patinate dei magazine di sport. Lo odiava. "È una bella stanza, questa." Lo vide cominciare a camminare come se il posto fosse suo e la cosa gli fece montare più di un nervo. "Non sapevo nemmeno esistesse."

"È la tua scuola." Perché erano caduti così in basso da dover arrivare nel fottuto Kansai per i ritiri di allenamento. L'eliminazione del Sendai nelle proposte dell'allenatore era ancora una ferita troppo fresca per poterne parlare liberamente. "E questa non è l'ala della tua squadra."

"L'hai detto. È la mia scuola." Dio quanto lo odiava. Il suo istinto non sbagliava mai.

Continuava a guardarlo con quel ghigno osceno, percorrendolo dai piedi infilati nelle scarpe da ginnastica gialle alle punte ricce dei capelli che quel giorno non era riuscito ad ammansire. "Perché stai passando il mop? La pulizia non è di tuo gradimento?"

Non lo era mai, sfortunatamente. E dipendeva solo da lui.

Sakusa aggrottò le sopracciglia e lucidò il parquet un altro po' di volte dove aveva previsto avrebbe dormito, lontano da Motoya e i suoi dispetti imprevedibili. Quando fu soddisfatto, lo ripose nell'armadietto.

Sentì un suono che preannunciava guai. "Oh mio Dio, è vuoto!" Alitò Miya e Sakusa si girò a guardarlo confuso. Sembrava non aver previsto di dirlo ad alta voce, perché si riscaldò di viso e di voce. "Non guardarmi così! Ho un demone che vuole farmi il culo!"

Quella conversazione non sembrava voler cominciare ad avere un senso nel breve periodo, quindi Sakusa si ritrovò a sospirare stancamente. "È per questo che hai violato la mia privacy e sei entrato?"

"Hey, è la mia scuola, posso fare il cazzo che mi pare qua dentro." No, in realtà. E lo sapevano entrambi. "Ho fatto una cosa e Samu vuole uccidermi."

Fu quasi tentato di chiedere cosa avesse combinato, quando si sentì il ruggito di un "ATSUMU STRONZO!" venire dal corridoio e vide Miya sbiancare. "Fammi entrare là dentro!"

"No. Cosa hai fatto?"

"Sakusa, ti supplico, ti onorerò dei miei set per tutto il ritiro e non ti insulterò nemmeno una volta, ma fammi entrare!"

"Che me ne faccio dei tuoi set di merda?" Ma si scostò appena e Miya si scaraventò dentro l'armadietto, chiudendolo un attimo prima che la sua fotocopia incazzata si affacciasse alla porta della stanza.

Sakusa incrociò lo sguardo di quello che era ovviamente Miya Osamu – ancora, grazie tinta e grazie riviste – e mise su la sua espressione più annoiata. "È qui?" Lo sentì ringhiare. Quei due erano estenuanti.

"Chi?" Domandò Sakusa distrattamente e Osamu strinse le palpebre, valutandolo con concentrazione.

Un paio di secondi di troppo e sembrò accettare la sua ignoranza in materia: si girò e se ne andò, lasciandolo solo.

Si accovacciò con un sospiro accanto al suo borsone, sentendo la voce del Miya idiota soffocata da dentro l'armadietto. "Se ne è andato?"

Ponderò di mentire per stare più tranquillo, ma pensò che se Miya se ne fosse andato avrebbe vinto comunque. "Sì."

Sentì lo sportello cigolare e Miya raggiungere guardingo la porta, passo felpato come una pantera demente e orecchio teso ad ascoltare i suoni rabbiosi di suo fratello.

Quando pensò non ci fosse niente da temere, si girò verso di lui con il solito ghigno storto. "Beh, ti sei guadagnato set fantastici dal grande Miya Atsumu. Dovresti sentirti onorato, sconosciuto-kun."

Sakusa alzò gli occhi dal borsone, scoccandogli un'occhiata al veleno. "Prima mi hai chiamato per nome." Quasi sorrise, vedendolo perdere un bel po' di smalto. La soddisfazione era immensa. "Sai perfettamente chi sono, sconosciuto-kun."


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Salve a tutti!

Come non terminare questa raccolta con due idioti orgogliosi? Non si poteva infatti.

Mi sono stranamente divertita ad immaginarmi tutte queste situazioni. Ho sofferto nel rimanere in termini di lunghezza da me inventate (perché col cavolo che mi sono avvicinata alle 500 parole ...), ma mi è piaciuta tantissimo questa esperienza!

Ringrazio Gabri e Deh che ci sono SEMPRE, prima, durante e dopo e che mi hanno su(o)pportata come si fa con i malati di mente. Luv u!

Ringrazio chi mi ha fatto sapere cosa ne pensava, chi ha letto e basta, chi leggerà, chi mi ha dato consigli, TUTTI!

Grazie grazie grazie!!!

Buone vacanze!!!

Terrible First MeetingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora