Capitolo 6

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Y/N'S POV:

Questa mattina mi sono svegliata alle 5 del mattino, un vero incubo, non ho altre parole per descrivere quello che mi attende. Mi trovo compressa in uno scomodissimo sedile di un dannatissimo autobus diretta chissà dove. La missione segreta di oggi è sopravvivere alla gita aziendale che è in programma. Un incubo... ma forse questa parola l'ho già usata parecchie volte oggi. In realtà è un vero e proprio mantra, me lo sto ripetendo da quando la mia sveglia ha suonato, o meglio dire tuonato, solo poche ore fa. Era ancora buio pesto quando sono uscita di casa per recarmi all'appuntamento mattutino. Dell'alba, all'epoca, non c'era neanche l'ombra.

Siamo un fiume in piena di dipendenti assolutamente decisi a divertirsi, ma ditemi voi cosa ci si può aspettare da una giornata in cui il programma principale è il rafting? Il rafting, avete presente?

Gommoni impazziti di gente che vuole suicidarsi a tutti i costi, sballottati dalla forza delle onde, lanciati addosso a sassi giganti. E ditemi un po', secondo voi in uno scontro tra essere umano e un ammasso di rocce chi potrebbe mai uscire vincitore? Mah, io azzarderei un'ipotesi, ma forse qualcuno potrebbe definirmi di parte...

L'autobus si inclina pericolosamente a destra e io finisco per la millesima volta a colpire il povero braccio di Sun Jung, che come sempre non mi dice niente. Dannate stradine di montagna.

Se i ruoli fossero invertiti io mi sarei già incazzata nera, ma qui oggi sono tutti così felici della gita da non farsi rovinare la giornata da niente. Nemmeno da me, che invece sembro la personificazione del cattivo umore.

Questa gita unisce insieme tutte le cose che detesto di più: la sveglia all'alba, o meglio la sveglia di notte, un lunghissimo viaggio in autobus e per finire un'attività sportiva pericolosa ed inutile. Per farmi diventare di cattivo umore sarebbe bastato fermarsi all'affermazione di attività sportiva, perché devo ammettere che io detesto tutte quante le attività sportive, anche quelle che non sono affatto pericolose. Far fatica non mi piace, non mi diverte e non mi crea alcuna soddisfazione.

«Y/n, mi sembri davvero terrorizzata all'idea di fare rafting» mi dice la mia compagna di viaggio con falsa comprensione.

«Non sono terrorizzata, sono solo molto molto seccata di dover essere in questo maledetto autobus...» rispondo sinceramente, cercando di aggrapparmi al sedile mentre il nostro allucinante mezzo affronta l'ennesima curva a gomito.

Ma dove diavolo stiamo andando? In Nepal?

Sun Jung mi lancia un'occhiata di sincero turbamento. Cielo, è turbata per me.

In verità ho cercato ogni scusa per evitare di partecipare a questa spedizione suicida, ma Namjoon mi ha minacciato. Non lo dico tanto per dire, mi ha letteralmente minacciato nel caso avessi deciso di non venire. A quanto pare qui in Corea tutto quello che è aziendale è un obbligo. È come una specie di postilla presente sul contratto di assunzione: non devi firmarlo, ma devi rispettarlo, perché la causa aziendale qui viene prima di qualsiasi altra cosa. Prima della propria vita privata, prima del diritto al riposo e al sonno, prima del diritto di infischiarsene delle spedizioni suicide. E io che m'illudevo che fossero solo i giapponesi quelli disposti ad alienarsi per la causa; a quanto pare lo sono anche i coreani.

D'altronde dovevo saperlo che finiva così, altrimenti perché mai i coreani erano primi nella classifica della popolazione che lavora di più al mondo? Me l'ha mandata Jennie qualche giorno fa, ma non ho ancora capito cosa sperava di ottenere. Farmi lavorare? Non penserà mica che basti così poco...

Sì, le gite aziendali si devono fare, costi quel che costi, e si devono anche fare con il sorriso sulle labbra.

Quello che forse ha alimentato la mia rabbia riguardo a questa vicenda è che Namjoon mi ha prima costretto a partecipare iscrivendomi lui stesso, e poi si è dileguato. La causa ufficiale è un viaggio di lavoro e quindi oggi non ci sarà. Il bastardo...

ℂ𝕠𝕞𝕖 𝕀𝕟𝕔𝕚𝕒𝕞𝕡𝕒𝕣𝕖 ℕ𝕖𝕝 ℙ𝕣𝕚𝕟𝕔𝕚𝕡𝕖 𝔸𝕫𝕫𝕦𝕣𝕣𝕠 {Nam x Reader}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora