Stasi Mediale

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So che volete sapere perché diamine il mio gatto parlasse. E forse è arrivato il momento. Non aspettatevi chissà cosa, è solo il motivo per cui la mia intera esistenza era cambiata.
L'uomo dal naso fin troppo appuntito se ne andò non curante del fatto che io fossi ancora in quel cubo cullata dal dolce colore graffiante della luce che mi passava attraverso il corpo.
<<Dove vai adesso? Non puoi lasciarmi qui. Cosa sta succedendo!>>
<<Puoi aspettare!>> Mi urlò tornando dalla porta che aveva da poco attraversato.
Ero alquanto infastidita. Prima mi da una speranza sulla fiducia e poi mi abbandona li dentro. Più che infastidita, stavo iniziando ad arrabbiarmi.
Ma poi mi resi conto che la mia mano era tornata interamente di un colore roseo. Poi svenni.
Mi ritrovai in uno spazio nero, infinito probabilmente. Non aveva ne inizio ne fine, non c'era nulla. Ad un tratto si materializzò l'uomo di prima, ma sembrava distosto, come se la sua forma non fosse effettivamente reale. Non era di fatto reale quella situazione improbabile.
Mi resi conto che la mia forma era tornata corporea, esistente. Ma... Ero completamente nuda.
<<Aspetta un attimo. Si è come... Impallato>> scrisse qualcosa su una tastiera inesistente. Questo è pazzo, pensai. Ma il rumore dei tasti lo sentivo eccome.
Un suono elettronico a me sconosciuto venne susseguito da lui che prese una forma più sensata.
<<Ciao!>>
<<Ciao?>> Risposi imbarazzata. Mi strinsi un braccio per nascondere la mia nudità.
<<Giusto, scusami. Dammi solo un... Secondo>> fece una smorfia di sforzo, scrisse qualcos'altro su quella misteriosa tastiera inesistente e subito dopo notai i miei vestiti, proprio quelli che avevo a casa mia prima di vivere la cosa più surreale che potesse capitarmi. Ma c'era un problema, io li vedevo, sì. Ma non li percepivo, come se ancora fossi nuda. Toccai la mia ganba sinistra. Niente gonna. La destra, niente gonna.
<<È un filtro percettivo. Non preoccuparti. Non ti vedo più nuda.>> Rise di gusto. E pensai di nuovo che era un folle.
<<Dove siamo? Adesso devi seriamente spiegarmi cosa cavolo mi è successo!>>
<<Aspetta, ti materializzo una sedia. Una anche per me adesso che ci penso. Non ho voglia di star seduto. In realtà sono già seduto, ma non vorrei metterti ansia. Sono un tuo pari in fin dei conti>> qualche tasto premuto nuovamente e mi ritrovo catapultata su una sedia. Li mi resi conto che non avevo molto controllo sul mio corpo. Anche lui era seduto. Non feci caso però al fatto. Guardai me e poi guardando lui era già, su quella sedia verde luminosa. Mi infastidiva però.
<<Rossa? Viola? Non ti piace la forma?>> Probabilmente notò la mia faccia.
<<No no. Va bene così. Non mi interessa. Voglio delle risposte!>> Volevo arrivare al punto. Non mi interessava di fatto del colore della sedia, e non capii perché invece a lui importava tanto.
<<Non ti piace la suspance? Eri una regista. È il tuo lavoro.>> Mi prendeva davvero in giro? Pensai.
<<Non sei simpatico.>>
<<Non arrabbiarti. Sto scherzando, adesso avrai le tue risposte. Allora... Da dove iniziare?>> Si grattò il suo lungo naso prosperoso e mise a posto sul naso gli occhiali. Probabilmente gli stavano scivolando via anche se era impossibile con un naso così.
<<Hai un grosso naso.>> Mi tappai la bocca con una mano.
<<Non volevo. Scusami.>>
<<Non preoccuparti>> rise <<qui nessuno può dire bugie.>>
<<E come sarebbe possibile scusa?>>
<<Tutto a tempo debito strana ragazza.>>
<<Come ti chiami? Tu conosci il mio nome vero?>>
<<No, o meglio. L'ho letto, ma puoi sceglierne un'altro.>>
<<Cosa significa sceglierne un altro?>>
Si sporse in avanti verso di me. <<Significa che puoi scegliere un altro>> sussurrò con quel sorriso da stronzo. Aveva acquistato un po' più di fascino ai miei occhi, ma non dovevo disconcentrarmi.
<<I tuoi piedi sono rosei. Prima erano trasparenti, come me. Cosa significa. Spiega per favore.>>
<<Va bene. Credo sia realmente arrivato il momento, ma sono sicuro che la tua più grande domanda è... Perché il tuo gatto parlava?>>
<<Sì. Perché? Non farmi aspettare dai. Sei peggio di me>>.
<<Ero io.>>
<<Chi?>>
<<Il gatto.>>
<<Cosa significa?>>
<<Significa che ero io.>>
<<Scusa cosa?>>
<<Io. Me. Me stesso.>>
<<Spiegati. Cosa vuol dire "ero io">>
<<Ti svegli alle 04:04 da un mese. Vedi i colori cambiare. Un buco nero ti insegue. Ti ritrovi trasparente in cubo trasparente uguale, e l'unica cosa che vuoi sapere, è perché il tuo gatto parla? Hai dei problemi ragazza.>>
<<Imogen. E comunque sì. Non prendermi per pazza che lo sei tanto quanto me. Guardati come sei vestito. Abbinamenti terrificanti.>>
<<Hey. Non insultare la mia felpa, me l'ha fatta mamma.>>
Mi sentii umiliata da me stessa. <<Non fare quella faccia, non ho una mamma>> rise di gusto <<e neanche tu ce l'hai.>> Questa frase mi distrusse. Lui prese una forma più rigida. Si sistema sulla sedia. Scrisse qualcosa al computer immaginario e girò di scatto la testa. Abbassò gli occhiali e mi fissò dritto negli occhi.
<<Vuoi vederti?>>
<<Cosa significa?>> e si presentò l'immagina di un viso di fronte a me, senza bordi, come se sfumasse fluttuando nell'aria, o qualsiasi cosa mi facesse respirare.
<<Chi è?>> Ma lo capii subito perché seguì il labiale della mia domanda.
<<Cosa vuol dire!?>> Ero spaventata. La faccia che avevo davanti e che ripeteva in sincrono le mie stesse movenze, dovevo essere per forza io. Ma non era la mia faccia, non quella con cui sono abituata a convivere da tutta la vita.
Mi alzai di fretta e cercai di scappare. Un cliché, scoprii in futuro che tutti provano a scappare da li. Ma non c'è uscita. Non una convenzionale. Ma ci arriveremo dopo a questo.
Più correvo e più rimanevo ferma, come se le due sedie e l'uomo si riproducessero all'infinito. E quando mi fermai mi resi conto di non avere il fiatone. Lo capii subito, non era reale. Forse ero ancora in quel cubo. Ferma, in stasi, fluttuante e trasparente.
<<Sei tu! Sei sempre stata tu. Ma non ti vedevi, non hai mai visto. Provavi a vedere. Ma non ci sei mai riuscita. Quasi nessuno ci riesce. Non sei poi tanto diversa da tutti.>>
<<Io non sono tutti!>> Mi infuriai come una bestia e mi buttai su di lui ma ovviamente riuscì a fermarmi prima che potessi tirargli uno schiaffo. No, non mi bloccò con le sue mani. Pigiò qualche tasto e mi bloccai, come quando tu lettore metti in pausa un film. Tutto rimane immobile. Non potevo parlare, ne sbattere le palpebre.
<<Okay okay. Sei riuscita a dimostrarmi la tua forza di volontà e la tua tenacia. Basta e avanza. Era solo un piccolo test psicologico. Promettimi che non mi picchierai quando ti riavvierò.>> Non potei rispondere logicamente. Come diamine pensava che potessi farlo. Sapeva bene in realtà che non potevo.
<<Giusto. Scusa.>> Guardò in basso, qualche tasto nuovamente e mi sbloccò.
<<Cosa sono diventata? Un film. Non puoi bloccarmi a tuo piacimento.>>
<<In realtà posso. Ma solo qui.>>
<<Solo qui? Cosa vuol dire solo qui? Ancora non è finita vero?>>
<<Attenta osservatrice. Adesso smetterò di tenerti col fiato sulle spine e ti racconterò tutto. Tazza di té? Ti va?>>
<<Sinceramente? Sicuramente non sarebbe reale, tutto questo non è reale. Sono un'amante della fantascienza, so come funzionano certe cose, o per lo meno posso intuirlo, quindi so perfettamente che se mi dovessi dare una tazza di té non sarebbe qui neanche quella, quindi... Sì grazie, con due zuccheri.>> Appoggiaia la schiena allo schienale. Non ricordavo nemmeno di essermi seduta a dir la verità. Comunque sia feci il suo stesso gioco. A lui piaceva, lo notai dal suo sorriso che non riusciva palesemente a controllare. Ero contenta di stargli simpatica, senza un motivo apparente però. Amdava ben e basta.
Una tazza di té era davanti a me fluttuante formatasi senza che io me ne rendessi conto. Come un battito di ciglia. Iniziai a sorseggiarla.
<<Quando vuoi comunque>> lo incoraggiai a raccontarmi una volta per tutte quello che aveva da dirmi.
<<Direi che è il momento>> sussurrando sporgendosi verso di me.
<<Prego. Nessuna fretta immagino>> era ben felice che io avessi iniziato a rispondergli in quel modo. Compiaciuto iniziò.
<<Mi chiamo Larsen. Non ho un cognome, e neanche tu ce l'hai, sappilo.>> Non mi meravigliò più di tanto.
<<Tutto ciò che hai vissuto fino ad ora, cancellalo dalla tua mente. Ma sono sicuro che tu lo abbia già fatto. Tutti quando escono dalla stasi intermediale prendono coscienza subito. Solo chi non voleva davvero uscirne impazzisce e si suicida. Ci sono stati alcuni casi, poverino.>> L'ultima parola la disse con molto malincuore. Guardò verso terra. Poi si ridiede un tono e riprese.
<<Esiste una sorta di computer. Non è proprio un computer ma per farti capire tutto devo utilizzare parole semplici.>>
<<Non sono una bambina. Spiega i fatti, non usare esempi.>>
<<Okay okay. Allora. Esistono tre dimensioni. La stasi intermediale. La stasi mediale, che è questa. E la realtà mediale. La stasi intermediale è quella che hai vissuto fino a ieri. Il tempo li è dilatabile, le persone non ci fanno caso però. Ma ogni tanto la Madre, che è l'Albero Vita e noi siamo nel suo interno, sceglie delle persone e ne estrapola la coscienza per renderla cosciente con lei. Come dei prescelti o cose così. Menti brillanti. Gli mandi segnali per tutta la vita, e loro, per riuscire ad essere estrapolati devono riuscire a cogliere questi piccoli indizzi. Quando arriva il momento e l'elaborazione dei dati è completa, il grande buco nero ti risucchia>> alla fine ha deciso di sdrammatizzare, visto la mia faccia un po' terrificata.
<<Il gatto. Quando queste persone vengono scelte per far parte dell'Albero Vita attivamente, uno di noi deve lavorare con la Madre per estrapolare la mente di queste persone al meglio possibile. Senza errori di scrittura in sostanza, come un codice informatico. Per non spaventare la mente, i Controller, così ci definiamo noi, ci presentiamo come qualcosa di gradimento dalla mente. Nel tuo caso, un gatto nero col collo spelacchiato di nome Rory.>> A questo punto abbassò gli occhiali sporgendosi verso me. Sorrise compiaciuto.
<<Eri la mia guida?>> Tutto quello che avevo appena scoperto mi distrusso ma allo stesso tempo ero curiosa di quello che sarebbe successo dopo.
<<E i genitori?>>
<<I genitori sono altre menti, separate dalla tua essenza. Ma nel collettivo bisogna dare alle persone un senso.>>
<<Quindi viene estrapolata la nostra coscienza da questo Albero Vita, per? Per cosa?>>
<<Sostanzialmente? A nulla. Solo a rendere più potente la Madre. Ma è qui che viene il bello. Di solito questo discorso viene fatto una volta che la mente prende la sua forma all'Interno del cubo. Ma io ho scelto di farti questo discorso nella stasi mediale perché qui avrei potuto controllare ogni cosa e soprattutto dirti che qualcosa... non va. Qualcosa sta succedendo alla Madre e nessuno di noi ne ha idea. Abbiamo iniziato ad estrapolare più coscienze possibili perché la stasi intermediale sta iniziando un collasso cronologico. Il gatto ero io, i colori? Sempre io. Ma il tempo che si ferma, il fatto che ti svegliassi alle 04:04 tutti le mattine della tua vita. Quello non ero io. Sta succedendo qualcosa di enorme e abbiamo bisogno di salvarvi tutti piano piano, ma tu sei una delle poche che ce l'ha fatta, e io lo sapevo. Ad ognuno di noi viene assegnata una coscienza da estrapolare, ma pochi ci stanno riuscendo bene. Ci vuole tempo di solito, ma tu, tu ce l'hai fatta. Tu sei riuscita ad uscirne. L'unico problema è che il tuo corpo si sta ancora assestando, ci vorrà un po' di tempo probabilmente, la tua mente è forte. Ho iniziato poco tempo fa. Per te è passato circa un mese. Invece, per me, sono 21 anni che ti aspetto.>>

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