Arrivata in camera mia, accompagnata da Larsen tutto si schiarì, la sbornia passò automaticamente attraversando la soglia della mia camera. Come un reset. E poco dopo ricordai cosa disse Larsen sul sonno, non ne abbiamo bisogno. E a quel capii che molto probabilmente erano le stanze stesse a risistemare gli squilibri del corpo. Un enorme letto si figurò magicamente davanti ai miei occhi.
<<Non ti servirà però ci da un senso di appagamento ancora, sdrairsi tra soffici coperte. Quindi quando serve, basta pensarlo. E poi i letti non solo servono a dormire>> concluse facendomi l'occhialino e girandosi per andarsene. Appena più vicino alla porta e noto Maghne sulla soglia a fissare la scena. Mi vergognai e probabilmente divenni rossa in volto. Mi mise tanto disagio, quanto eccitamento unendo l'argomento di cui parlava Larsen e la sua allusione, con la perfetta visione di quell'uomo.
Lui non batté ciglio. Nulla di nulla. Totale apatia. Ma la mia domanda sorgeva spontanea. Che ci faceva li?
<<A domani Im>> e Larsen andò via senza aspettare la mia risposta. Girando i tacchi e andandosene con disinvolura senza muovere un muscolo facciale. Credo forse di aver visto un leggero cenno a Maghne ma quest'ultimo lo ha fissato muovendo giusto gli occhi, ma non il corpo il collo. Una pietra.
<<Cosa ci fai qui? Mi odi>>
<<No. Non ti odio>> iniziando a camminare verso di me. Proprio vicino al mio viso continua <<ora sia uomini che donne avranno solo occhi per te e non più per me>>. Dopo aver finito la frase alza la testa e mi scavalca non curante di me li ancora ammaliata dalla sua bellezza e infuriata per la sua arroganza.
<<Allora... Im>> girandosi di scatto mentre girovagava per la mia stanza facendo finta di essere interessato ai muri e non a me <<da dove vieni?>>.
<<Brighton, East Sussex. Inghilterra. Tu?>>
<<Sacramento, California. Stati uniti>>
<<Ma hai gli occhi quasi a mandorla>>
<<Ma parlo la tua lingua. Mia madre era una Koreana del Nord scappata e si rifugiò negli Stati Uniti. Conobbe mio padre, Bill Dillinger. E divennero Su-bin e Bill Dillinger. Per fortuna era ricco sfondato, così lei non dovette trovare lavoro e poté crescermi>>
<<Perché mi stai raccontando la tua vita?>> Lui stava ancora passeggiando nella mia stanza senza mai voltare il suo viso verso il mio. Io invece lo fissavo in ogni sua mossa.
<<Perché mi va. Raccontami di te>> si stravaccò sul letto appongiando la schiena al muro. Non era comodo, cambiava continuamente posizione, faceva versi di fastidio e in fine prese un cuscino e lo mise dietro la testa. "Così va meglio" lo sento sussurrare. Io intanto gli stavo raccontando della mia casa, del mio gatto, dei miei genitori <<ma mi stai ascoltando?>>.
<<Certo>>
<<Non mi pare>>
<<Eh invece sì>>
<<E alloea dimmi, qual'é l'ultima cosa che ho detto?>>
<<Tua madre Esme Max e tuo padre Henry Max, lei proprietaria di una ditta di pulizie e lui azionista ed imprenditore si incontrano e si innamorano, e nascesti tu. Vualá>>
<<Okay. Avevi ascoltato. Un punto per te>>
<<Raccogli punti sulle persone che ti scoperesti? Brava. Poi stili una classifica?>>
<<Sei uno stronzo. Come ti permetti!>> Mi alzai di scatto dal letto su cui mi sedetti poco dopo di lui. Lui mi seguì di impulso, si avvicinò a me e disse <<stavo solo scherzando>> mi fece infuriare ancora di più.
<<Arrogante del cazzo, vattene se devi stare qui ad infastidirmi e basta>> stava diventando una soap opera o una Fan Fiction, non più un film di fantascienza.
<<Calmati dai. Stavo davvero scherzando>>
<<Perché sei ancora qui? E perché ti sei scomodato nel venire da me. Hai sbagliato stanza?>> Ero palesemente ironica. In quel momento era lui a fissarmi in piedi e io stravaccata sul letto non curante.
<<No. Non ho sbagliato stanza. E pensavo fossi meno fredda. Ieri sera ne hai dato la prova>> a quel punto attirò la mia attenzione.
<<Che prova scusa?>> Quasi urlai.
<<Nulla di che>> smise di guardarmi e sorrise.
<<Spiega. Adesso>>
<<Ma nulla. Sostanzialmente... Tu... Ad un certo punto... Lascia stare>> tra una pausa e l'altra io mi arrabbiai ancor di più.
<<Muoviti. Parla. Adesso>> mi avvicinai a lui apparentemente minacciosa. Anche se dentro me ero abbastanza divertita.
<<Okay okay. Mi hai solo detto che ero, testuali parole, "un bel manzo da fottere". Eri anche bella ubriaca>> iniziò a ridere.
<<Non c'è nulla da ridere. Smettila. Ero ubrica, non le penso quelle cose>>
<<E la frase "in vino veritas"? Dove la mettiamo?>> Aveva pienamente ragione, lo pensavo davvero, ma non ricordavo di averlo mai detto. Non credevo si potesse dimenticare qualcosa in quel luogo. Ma a quanto pare era così.
<<La mettiamo sai dove?>> Sprezzante io che esagero il tutto per essere più interessante ai suoi occhi.
<<Allora sei un po' simpatica. Pensavo solo arrapata>> gli lanciai subito un cuscino addosso e luo si parò la faccia. Non avrebbe fatto alcun dolore, però il gesto ha il suo significato ben intriso. Lui intanto se la rideva di gusto.
<<Adesso va via che ho voglia di vergognarmi da sola rannicchiata nel letto. Non posso nemmeno dormirci sopra>> assunsi un tono lamentoso.
<<E se ti dico che non me ne andrò?>>
<<Sai cosa ti dico? Fai cosa vuoi. Io mi rannicchierò, proprio qui>> indicando un punto preciso sul letto <<tu fa cosa vuoi. Ti ignorerò.>>
<<No tu non lo farai. E sai perché? Perché adesso attirerò la tua attenzione>> uno schermo ologramma davanti a lui si figurò. Tastò qualche tasto che non vidi e poi mando lo schermo vicino al viso.
Un video era davanti a me, tipo un video di sorveglianza, anche se non notai mai telecamere in giro. Mi chiesi da dove provenisse e poi vidi il soggetto del video, notai il problema più grosso.
<<Larsen? Cosa significa?>>
<<Non lo sappiamo. Sestri lo sa già ovviamente, ma ho pensato dovessi vederlo anche tu dato che ti ha assoldata come un mercenario al suo cospetto. Parla sempre di te, però questo video non ha senso. Assume il suo senso solo alla fine. Continua a guardarlo.
<<Stai scherzando?>> Mi alzai in piedi di colpo <<cosa facciamo adesso? Lui fu il primo a dirmi del problema in questo luogo che stava nascendo. Perché mentire? Non capisco>> camminavo su e giù per la stanza come una trottola in ebollizione, metafora un po' improbabile, ma avrete sicuramente capito tutti.
<<Probabilmente era ancora lui. Non sappiamo con precisione quando, né ne sappiamo il motivo. Ma ci stiamo lavorando. Mi devi solo giurare che fai finta di nulla, esattamente come con i "Capitani". La tattica è uguale, stessa moneta no? Adesso calmati, respira, siediti, per favore>>
<<Le telecamere. Dove sono? Si trovano anche qui in questo momento?>>
<<Non esistono telecamera. Le uniche sono nella polvere. Polvere di sonno, il quale non viene mai consumato, che si accumula e ci mostra delle cose. Come estensioni degli occhi. C'è chi la comanda, ma è casuale. Per questo spesso stiamo a parlare in una nostra Stasi Mediale, anche se ci sono dei momenti bui in cui possiamo parlare liberamente, ma pochi minuti dura>>
Lo interruppi <<perché?>>
<<Perché cosa?>>
<<Perché ci sono momenti bui. Come avete fatto ad hackerare la polvere e avere quel video?>>
<<Siamo tutti connessi alla Madre. Basta utilizzare il Controller. Non è solo ciò che credi, è una sorta di Computer e lo si studia bene dall'interno, quindi in collegamento con la Stasi Intermediale, per poterne estrapolare i fatti. È tutto collegato, una sorta di Data Base su cui vedere tutti solo che lo si cracca. Comunque fai ottime domande. Ti avevo sottovalutata.>>
<<Grazie. Però, perché esistono momenti di buio. Non hai risposto>>
<<Non ho risposto semplicemente perché non lo sappiamo. Non ne abbiamo idea. Non si è ancora capito, forse interferenze. Ma sono solo ipotesi. Per ora. Forse davvero tu puoi aiutarci, con le giuste domande si possono avere risposte illuminanti>>
<<Basta, basta, basta. Voglio andarmene da qui, non ce la faccio più>> si alzò e venne da me per abbracciarmi ma lo bloccai ponendogli una mano sul petto. Era muscoloso, mi piacque, ma dovetti focalizzarmi e la tolsi <<perché mi mandi via>>.
<<Non mi serve compassione. La mia disperazione è già finita. Posso reggere questa situazione, sono forte>> e mi scese una lacrime, che lui pulì poco dopo. <<Scusami. È stato automatico>> non doveva scusarsi, mi fece piacere, ma di certo non glielo dissi. Niente soddisfazioni.
A quel punto lo abbracciai, mi deciso di farlo per non farmi vedere in viso mentre dicevo <<ho paura>>. Meglio un'umiliazione che l'altra. Imogen debole era rara, anche se in realtà la sua forza è solo una corazza, che l'ha aiutata tanto nella vita. Io sono forte per non mostrare la mia debolezza. Forse un po' tutti siamo così.
<<Andrà tutto bene>> mi accarezzava i capelli.
<<Lo dicono i genitori ai figli per non farli preoccupare. Ma come facciamo a salvare Larsen e scappare da qui? Non è fisicamente possibile>>
<<Sì che lo è. E noi troveremo il modo di salvarlo e uscire da questo posto.>> Era troppo sicuro di sé. Non mi piace avere certezze, perché la maggior parte delle volte vengono infrante. E si soffre, si soffre molto.
Mi staccò dal suo petto, mi fissò negli occhi e <<se vuoi torno a fare battutine a sfondo sessuale, o i miei sguardi intensi così tu ti sciogli e si pensa ad altro>>.
<<Stronzo>> gli tirai una pacca di finta rabbia sulla sua spalla mentre mi asciugavo gli occhi. Lui si mise a ridere leggermente e mi fece sedere sul letto.
Da quel momento in poi parlammo e dialogammo per ore. Del più e del meno. Mi sentivo a mio agio, forse c'era attrazioni sessuale da parte di entrambi, ma no ragazzi, non feci sesso con Maghen. So che volevate solo questo, ma tutto a tempo debito. Tranquilli.
<<Quindi saresti stato uno scrittore ma sei finito per diventare un Hacker>>.
<<Non sono un hacker>> rise.
<<Sì invece, hai craccato un computer di cui non sai assolutamente nulla e si mostra come un esemplare totalmente naturale>>.
<<Non ero da solo, Sestri mi aiutava>>
<<Sì, però lo sai fare. Io no>>
<<Non vuol dire nulla. Anche tu potresti imparare con un inplemento mentale>>
<<Un che cosa?>>
<<Un'idea innestata nella psiche>>
<<Spiegati meglio>>
<<Con i computer di questo luogo puoi inserire nella mente di una persona delle capacità in più mai apprese prima. Tipo un programma sul pc>>
<<Matrix>> dissi io esultando.
<<Come Matrix, esatto>>
<<Non avevano tutti i torti>> non rispose, sorrise e basta.
Naturalmente sapevo perfettamente grazie a loro la verità su questo luogo. Ma non ve ne parlerò finché non si arriva al succo. Lo so, mi sto un po' prendendo gioco di voi. La suspance è fondamentale per tenere vivo e sveglio l'interesse dell'ascoltatore. Quindi ve lo dirò, anche questo, a tempo debito. Mi spiace.
Tornando a noi. Un'allarme durato 3 secondi risuonò nella mia stanza.
<<Eri in area medica. Non te lo ricordi. Ci dice che dobbiamo andare ai nostri Controller>> mi disse lui notando il mio dubbio probabilmente dal mio viso impregnato di curiosità.
<<Grazie. Mi hai letto nel pensiero. Quindi dobbiamo andare?>>
<<Adesso>> rispose lui.
Ci alzammo dal mio letto, uscimmo dalla porta e a quel punto non seppi come salutarlo. Neanche lui in realtà. Si vedeva dalla sua faccia e dal suo corpo mai visto così rigido. Anche se non è che lo avessi visto poi così tanto. Lo conoscevo solo da due giorni, o qualcosa di simile, non avevo un'idea precisa di quante ore fossero passate.
Mi abbracciò. Ma era un abbraccio amichevole, chiodato al suolo, imbarazzato. È durato pochi secondi e girò dietro di se avviandosi verso il suo Controller.
<<Arrivederci Im>> disse lui alzando una mano tutto mentre camminava. Ovviamente non mi guardò neanche.
<<Ciao Maghne>> e girò l'angolo. Poco dopo la sdra si deformò e imboccai la via del mio di Controller.
Camminando ripensai a quel video. Larsen bloccato all'interno di un cubo trasparente identico al mio, e una persona di fronte a lui. Subito non si capiva chi potesse essere, ma qualche secondo dopo, alla fine del video, si poteva riconoscere chi fosse. Era chiaro, qualcuno ne prese il posto fingendosi amici nostri. E lo dico proprio perché due Larsen nella stanza, uno dormiente e l'altro no, solo una cosa poteva dire. Solo una. E dei brividi lungo la mia schiena si figurarono forti su di me.
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Gli Specchi Hanno Gli Occhi
Science FictionUna giovane regista, si sveglia ogni giorno alle 04:04 del mattino senza un apparente motivo. Una mattina, distrutta dal suo orologio biologico, iniziò a notare cambiamenti quasi impercettibili nella sua vita che iniziano a farle dubitare dell'esist...