Una sensazione fortissima di sonno mi pervase il corpo e la mente. Sapevo che non potesse accadere, ma accadde comunque.
Mi svegliai di soprassalto nel mio letto, nella mia casa, sulla Terra. Mi alzai a sedere e mi guardai le mani, ammetto che guardai anche tra i miei pantaloni. Tutto era normale, tutto scorreva come doveva. Non ero più in quel luogo. Lo riuscivo a ricordare solo ed esclusivamente come quando si ricorda un sogno. Era solo quello, uno stupido sogno? Probabilmente sì, pensai. Girai la testa verso il mio telefono, cliccai sullo schermo, ed eccoli la, i famigerati numeri. Erano esattamente, e nuovamente le 04:04. Mi salì un forte mal di testa, mi strinsi le mani attorno alle tempie e mi buttai sul letto sdraiandomi.
Non ci potevo credere. Mi riaddormentai.
La solita sveglia delle otto del mattino in punto. Mi alzai, spensi la sveglia. Mi strofinai gli occhi. Presi dal comodino il tabacco, mi girai una sigaretta e appoggiata allo schienale del letto con il posacenere sulle gambe, iniziai a scorrere la mia agende sul cellulare.
Quel giorno molto importante è arrivato prima del previsto. L'incontro con un produttore molto importante per la produzione di un mio film, il quale potrebbe andare sui grandi schermi cinematografici di tutto il mondo. Un passo enorme per la mia vita. Ma non ero preparata psicologicamente. In quel momento, leggendo la note su quel giorno preciso dell'agenda, mi ricordai della breve vita onirica che ho vissuto poco prima. E constatai che molto probabilmente ebbi dormito per più di un giorno. Da paranoica che sono chiamai subito uno psichiatra, che mi diede appuntamento la settimana successiva. Lo segnai sull'agenda, finii la sigaretta riguardando alcune riprese del cortometraggio in produzione che avevo in quel periodo e successivamente all'averne cancellate alcune, mi alzai a farmi una doccia.
L'appuntamento è alle 10:30 a 10 km di distanza da casa mia. Erano le 8:30 ormai, ma avevo abbastanza tempo, che programmai due giorni prima a posta, per attaccarmi i cyber-dread che feci un mese prima. L'avevo anche rimosso, infatti decisi di farlo la sera tornata da lavoro. Avevo in agenda due riprese notturne, ma essendo inverno pieno mi bastava registrare alle 17:30 del pomeriggio. In due orette avrei finito e sarei tornata a casa a mettermi i cyber. Non so se avrei mangiato.
Guardo il mio casio sul polso, 9:00 devo muovermi, pensai. Guardo le mie mani e mi saltano all'occhio le mie unghie, quindi con un bel pensiero altamente superficiale, pensai che avrei potuto mettermi anche meno nelle riprese della sera se avessi spremuto gli attori molto di più, così da aver il tempo di farmi anche le unghie, le mie belle unghie lunghe nere. Un bel discorso superficiale no, ragazzi?
Tornando a noi e alla faccenda, mi recai al luogo in cui sarebbe avvenuto l'incontro col produttore. Un bar abbastanza carino, a tema serie tv, apprezzai il fatto che fosse meno formale di uno stupido incontro in un ufficio spoglio su cui puoi vedere i molteplici premi vinti su uno scaffale pulitissimo, li in bella mostra, per spaventarti. No, queste persone sono diverse a quanto pare, ma se si tratta di fantascienza, un po' geek lo si è dentro.
Entrai, mi sedetti e appena arrivò il cameriere gli dissi che dovevo aspettare delle persone, e notando il mio pc con già Final Cut aperto, per chi non lo sapesse è un programma di montaggio professionale, mi disse <<ah, congratulazioni>> appoggiandomi la sua mano magrolina con una penna tra le dita, sulla mia spalla. Di solito il contatto fisico con uno sconosciuto mi da un fastidio assurdo, ma in questo caso, notando nei suoi occhi una forte gioia empatizzante nei miei confronti, che non mi diede alcuna noia. Gli sorriso e lo ringraziai con disagio, non volli trarre conclusioni affrettate, anche se dicendo così, vuol dire che le ho già pensate.
Ad un tratto, un uomo sulla quarantina entrò nel bar, aveva i capelli lunghi, un po' di barba incolta, una maglia di Game of Thrones e una giacca elegante, con un paio di jeans neri e delle scarpe nere. Alquanto bizzarro. Neanche un sorriso che solcava il suo volto. Teneva le mani in tasca, una bella pancia da birra e la schiena eretta. Mi guardava dritto negli occhi, e io, per come sono, non sono mai stata capace di guardare negli occhi, ne reggere lo sguardo, a meno che non mi impegnassi. Infatti lo distolsi subito sul mio pc, ma distogliendo lo sguardo notai con la coda dell'occhio un ragazzo con i capelli lunghi, presunsi, e una valigetta in mano. Era vestito di nero, con una bella catena grossa alla vita, molti anelli e tatuaggi alle dita e delle fantastiche Osiris nere ai piedi. Che pezzo di tronco pensai, ma la sia faccia ancora non la vidi perché mi vergognavo ad alzare lo sguardo, ma guardando leggermente all'altezza delle loro gambe, in prospettiva dietro lo schermo del mio Pc, notai che erano molti vicini a me, dovevo per forza alzare lo sguardo ormai.
Lo feci, che disagio pensai. Protesi la mano destra all'uomo che doveva essere il produttore esecutivo. Ovviamente lui lavora per una grossa casa cinematografica, di cui fanno parte più produttore, e avendo parlato per mail con le segretarie, non sapevo effettivamente che faccia avesse. Ne chi mi avessero mandato, lo riconobbi solo perché sono a conoscenza di molti produttori, ma potenzialmente poteva esserlo in realtà, colui che mi avrebbe prodotto, l'altro ragazzo con lui. Aveva lui la valigetta, ma poteva essere allo stesso tempo l'assistente.
Tutti questi pensieri in una frazione di secondo. Sono sempre stata una che pensa troppo.
L'uomo mi stringe la mano e mi accoglie con un largo sorriso contagioso e con una parlantina adorabile si presenta.
<<Devi essere Imogen. Ciao Imogen>> con voce bassa e sinuosa, il ragazzo mi fa puntare gli occhi su di lui. Riconosco la voce, la riconosco, io lo conoscevo. Era lui, era senz'altro lui.
<<Ciao Maghne>> ovviamente dentro di me ero esaltatissima dal fatto che fosse lui, ma dovetti rimanere composta ai suoi occhi, non dovevo dimostrare follie strane, però feci l'errore di salitarlo col nome. E se non fosse il suo? Se non fosse lui. Magari stavo sbagliando. Ma ad un tratto mi sconvolse. L'altro stavo guardando il telefono, Maghne era seduto vicinissimo a me ormai. <<te lo ricordi anche>> i suoi capelli lunghi mi sfiorarono il viso, erano neri come il buio. Alzó la sua mano e tocco sul trackpad del pc per mettere in Play ciò che dovevo presentargli per vedere se avrebbe accettato. Un cortometraggio che feci da sola tempo prima, il più importante della mia vita, anche se molto amatoriale in confronto a ciò che utilizzavo in quel periodo, ma era arieggiato da una durezza visiva tale che poteva essere molto interessante approfondire.
Appena finirono i cinque minuti di corto, incroció le braccia, prese un respiro profondo appoggiandosi allo schienale.
Il cameriere di prima stava asciugando un piatto, lo guardo spaventata, lui posa il piatto, prende la penna e il taccuino dal suo grembiule e viene da noi a chiedere l'ordine. Noto che Maghne si irrigidisce e dice a basse voce <<proprio adesso?>> girando il capo verso sinistra. <<una coca cola, grazie>> ordina lui. Non me lo aspettavo un banale analcolico come quello.
<<Un Ginseng piccolo grazie>> chiedo io.
<<Una bionda media per me>> guardando sempre il telefono, disse l'uomo alla mia destra.
<<Quindi?>> chiesi io diretta.
<<Quindi...>> si avvicina a me, mi guarda di lato, lo guardo e <<è splendido>> e sorrise.
Non ci potevo credere, ero al settimo cielo.
<<Lo produrró io>> disse fiero.
<<E lui a che serve scusa?>>
<<A nulla, è l'amico di mio padre, mi fa fumare le canne, e io lo porto da chi ha la cocaina>> mi diede fastidio alquanto ma ribattei tranquilla <<e tu lo fai anche?>>.
<<cosa? Ma ti pare? Quando eravamo la ti ho mai parlato di droga?>> effettivamente no, ma ad in tratto realizzai. Noi non ci eravamo mai conosciuti, solo in quel... sogno. Ma allora non è stato un sogno, e se lo fosse stato? O se l'ho conosciuto ma l'ho dimenticato e poi l'ho sognato contemporaneamente a lui. A volte capita, ma è una psicosi o qualcosa di simile. Non poteva essere successo davvero.
Non volevo crederci.
<<Te lo ricordi?>>
<<Sì>> poi tiró fuori un contratto, mi chiese di firmalo mai lo lessi bene e a fondo prima di farlo. Non si sa mai.
Ma era pulito, concreto e apparentemente a posto. Firmai in basso e gli ridiedi il foglio.
Nel frattempo lui scrisse qualcosa su un foglietto e me lo passò sotto al pc. Prese la valigetta, chiamò il suo amico e se ne andarono. Dietro l'uomo, Maghne si fermó alla porta, si giró verso di me e sorrise. Poi abbassò lo sguardo, poi lo rifece e se ne andó.
Un'uscita alquanto bizzarra e dolce allo stesso tempo. Sembrava anche lui estasiato dalla situazione. I suoi occhi neri erano più lucenti del mio azzurro.
Guardai sotto al pc e notai che assieme al biglietto c'erano i soldi per pagare le ordinazioni che non hanno consumato, ma per fortuna il ragazzo notó subito che se ne erano andati e mi chiese appunto se dovesse portare le loro cose. Gli dissi di no ma il mio sì.
Era buono il ginseng. Finito, presi le mie cose e tornai a casa.
Non avevo ancora guardato il biglietto ma non avevo tempo. Avevo delle riprese, il commercialista, il mio produttore attuale, e un'altro regista. Poi le riprese delle 17:30.
Sarei tornata a casa alle 19. Poi avrei letto il bigliettino.
Al momento delle riprese mi venne in mente quel biglietto del cavolo e la curiosità inizió a crescere. Così iniziai ad arrabbiarmi forse troppo con gli attori, volevo fare il prima possibile ma poi mi fermai realizzando che così si lavora male, che certe cose le potevo rimandare, bastava avere pazienza, cosa che di solito non ho ma che dovrei avere per poter sopravvivere in questa vita assurda.
Mi calmai, presi il tabacco, ne girai una e l'accesi. Mi sedetti su una sedia e presi il telefono per scorrere qualche video. Dovetti calmarmi per forza, o non sarebbe funzionato niente. L'attore protagonista, nonché mio amico ormai, si avvicinò a me e mi chiese che avessi <<sto bene, è che son successe un paio di piccole cose in questi ultimi due giorni e non sono in me, scusami Alex>>.
<<Tranquilla Im, adesso riprendiamo, faró del mio meglio promesso>>.
Ripresi a lavorare, e tutto inizió ad andare meglio, più tranquillo, e allora le riprese migliori vennero da sé.
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Gli Specchi Hanno Gli Occhi
Science FictionUna giovane regista, si sveglia ogni giorno alle 04:04 del mattino senza un apparente motivo. Una mattina, distrutta dal suo orologio biologico, iniziò a notare cambiamenti quasi impercettibili nella sua vita che iniziano a farle dubitare dell'esist...