31.

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Un'altra settimana volata.
Un'altra settimana in cui io e Zulema eravamo delle sconosciute totali.
Stavo impazzendo.
Ogni notte la volevo disperatamente con me e sapevo che anche per lei era lo stesso dato che non metteva piede in casa da quella fatidica discussione.
"Maca, stai bene?" disse Denver passandomi una bottiglia d'acqua e ci stavamo allenando da circa un'ora.
Annuii indossando i guantoni e incominciai a prendere a pugni il sacco con tutta la forza che avevo in corpo.
Lo spostai di poco e il mio amico lo tenne fermo, incitandomi a sfogarmi facendomi perdere letteralmente il controllo.
Pensavo alle sue labbra, alla voglia sfrenata che avevo di baciarla ma sopratutto non riuscivo a togliermi dalla testa quello che stavamo diventando.
Delle complici.
Eravamo due persone che volevano godersi la libertà senza avere nessun limite dentro a quelle mura del cazzo.
"Stronza." sussurrai dando l'ennesimo pugno e la mia mascella era contratta evitandomi di farmi urlare, arrabbiata.
"Figlia di puttana." continuai aggrappandomi al sacco con le goccioline di sudore che scendevano lungo al mio viso e volevo dirle da morire che mi mancava, volevo dirle che se aveva voglia di distruggersi poteva farlo.
Io avrei attaccato ogni piccolo pezzo.
"Con chi ce l'hai?" disse Denver andando nel tapis roulant e non gli risposi affiancandolo come sempre.
Non era ovvio? Zulema Zahir.

La biblioteca era deserta.
Mi mossi tra gli scaffali con una lista di libri tra le mani e c'era talmente silenzio che riuscivo a percepire ogni pensiero insidiato dentro alla mia mente.
Sergio stava spiegando degli argomenti nuovi e avendo dato determinati esami certe cose non mi servivano più ormai.
Posizionai distrattamente una ciocca dietro al mio orecchio guardandomi attorno e percepii dei passi dietro alle mie spalle, mi voltai con cautela e non potevo non riconoscere la figura dell'araba.
"Hey." sussurrai a bassa voce notando che aveva alcuni libri e mi salutò rimettendoli negli scaffali alti, il suo corpo mi stava facendo uscire fuori di testa.
Scossi la testa avanzando dietro alle sue spalle e non appena si mosse, affondai le mani sui suoi fianchi possessivamente.
Ero impazzita.
Letteralmente senza razionalità.
Zulema si pietrificò come una statua sotto al mio tocco e non c'era nessuno nei dintorni quindi chiusi gli occhi e affondai il viso, nei suoi capelli lisci.
"Mi manchi." sussurrai con un tono di voce a malapena udibile e distese le braccia lungo i fianchi stringendo i pugni.
"Mi manca sentirti dentro di me, mi mancano le tue labbra e mi manca la tua sincerità nel dirmi ogni cosa che ti passava per la mente. Sto impazzendo perché mi sento la persona più sbagliata del mondo con te e vederti così lontana, senza neanche darmi una spiegazione concreta mi sta distruggendo." dissi al suo orecchio accarezzando piano il suo fianco e intrufolai una mano dentro alla sua felpa, stringendola molto più forte.
"Che cazzo vuoi, bionda?" disse Zulema acida e la strinsi a me con un'incredibile voglia di dirle tutto ciò che mi passava per la testa.
"Capire perché hai voluto distruggere l'unica cosa che ti stava rendendo viva perché ora sei la persona più morta di questo mondo. Rivoglio la vecchia Zulema e non ce la faccio a vederti così." dissi ribattendo e tentò di girarsi ma glielo impedii con una forza che non pensavo di avere.
"Quella Zulema non esiste più da tanto tempo ormai, non voglio più nessuno nella mia vita e te lo ripeto: non voglio più avere niente a che fare con te." mi sussurrò togliendo la mano dal suo corpo e sospirai, scuotendo la testa veloce.
Mi stava mentendo.
"Sai che nessuna felicità sarà mai possibile se non riusciamo a ristabilire la comunicazione tra le persone? Io ho bisogno di parlarti, ho bisogno di te cazzo." dissi voltandola verso di me e i suoi occhi erano lucidi come i miei perché sapeva che infondo avevo ragione.
Ci completavano a vicenda.
Il nostro volere, era troppo forte ed io me ne ero accorta dal momento che avevo deciso di lasciarmi andare con lei.
Quella fottuta notte.
"Non possiamo stare insieme." disse appoggiando la fronte contro la mia chiudendo gli occhi e accarezzai il suo braccio con dolcezza sperando che potesse parlarmi, di tutto quanto.
A volte ti capita di sentirti solo e di avere voglia di parlare con qualcuno.
In un'ora di conversazione, le parole dell'altro ti possono avvelenare con una quantità di tossine: potresti ingerire molta rabbia, che a tua volta poi esprimerai più avanti.
Per questo è molto importante anche un consumo consapevole: quando ascolti le notizie, quando leggi un articolo di giornale, quando discuti un argomento con gli altri, chiediti se tu non stia ingerendo.
"Cosa è successo? Cosa ti ha portato a essere nuovamente la versione più distrutta di te stessa?" le domandai dandole un lieve bacio sulla guancia e sospirò guardandosi attorno seria.
Avanzò spingendomi contro uno scaffale e il mio respiro diventò più accelerato nell'averla così vicina al mio viso.
"Non posso, dirtelo." disse afferrando il mio viso tra le mani e con il pollice accarezzò il mio zigomo implorandomi con quei suoi occhioni di lasciarla stare.
Scossi la testa accoccolandomi a lei e le lasciai un leggero bacio sul collo, non aveva idea di quanto mi mancasse.
"Quando qualcuno dice o fa una cosa che ci fa arrabbiare noi ne soffriamo e allora tendiamo a reagire cercando di farlo soffrire a sua volta, nella speranza che questo riduca la nostra personale sofferenza." sussurrai riferendomi al suo comportamento e inspirai il suo profumo calmando ogni nervo possibile ed immaginabile.
"L'amore si può trasformare in odio, lo sai bene: molti cominciano una relazione con un grande amore, con delle aspettative assurde ed è ciò che ci stava succedendo.
Ma non è possibile perché non ho le forze di sostenere una cosa così grande, tu.." disse bloccandosi ad un centimetro dalle mie labbra e mi avvicinai ansimandole lievemente in bocca, tentai di baciarla ma scosse la testa severa.
Era diventata autoritaria il triplo.
"Tu mi fai sentire in un modo che mi fa impazzire e durante la tua assenza ho avuto dei pensieri contrastanti tra di loro e sono arrivata alla conclusione che non possiamo continuare." disse spiegandomi il suo punto di vista e la guardai con gli occhi sgranati.
Stava soffrendo, da morire.
Quando uno non sa come trattare la propria sofferenza lascia che si spanda su tutte le persone che gli stanno intorno. È naturale: quando soffri, fai soffrire le persone che ti circondano.
Ecco perché dobbiamo imparare a maneggiare la nostra sofferenza, altrimenti la spargeremo tutt'intomo a noi.
"No, non è vero." dissi scuotendo la testa e afferrai la sua mano trascinandola con forza, chiudendoci poi in un misero sgabuzzino impolverato da cima a fondo.
Spinsi la mora in una poltrona vecchissima e mi misi a cavalcioni sopra di lei, come quando facevo nel nostro divano ogni singola notte.
"Non voglio esplodere, distruggendo me stessa insieme anche a te. Sto facendo del mio meglio quindi non peggiorare le cose." disse tentando di staccarmi ma la zittii appoggiando le labbra in modo delicato sopra alle sue.
Non la baciavo da un mese e mezzo.
Zulema rimase bloccata per vari secondi ma ricambiò il mio bacio dolce muovendo piano le sue labbra contro le mie.
Chiusi gli occhi accarezzando il suo viso e infilai lentamente la lingua dentro alla sua bocca cercando piano la sua.
"Se non siamo in contatto con il dolore, non possiamo sapere che cosa sia la vera felicità." dissi afferrando la sua mano e l'appoggiai sul mio cuore che stava battendo all'impazzata per lei.
La ragazza sotto di me strinse la mia vita e spinse il mio corpo contro al suo dando più foga al nostro bacio disperato che necessitava di tante attenzioni.
Quando entri realmente in contatto con qualcosa, ne conosci la vera natura.
Se entri in contatto profondo con una persona, la conosci per quello che è realmente.
"Vattene." disse contro la mia bocca mordendo forte il mio labbro ma strinsi il suo viso con una mano saldamente.
"Da te? Mai." dissi ribattendo facendo scontrare le nostre labbra ancora e la mora si appoggiò nello schienale della poltrona abbandonandosi a me del tutto.
Avevo vinto.
E avevo voglia di lei.
Le mie mani scesero lungo la cerniera dei suoi jeans e slacciai la cintura che portava facendola mugugnare in disapprovazione come al solito.
"Voglio te." sussurrai leccandole il labbro sensualmente e mi veniva da piangere per quanto volessi sentirla gemere.
Ci fermammo guardandoci dritte negli occhi e le sue iridi erano scure ma io ero l'unica che poteva portarle luce.
Cercavo il consenso nei suoi occhi e alzò una mano toccandomi il viso lentamente sfiorando poi le mie labbra con le dita.
"Ho paura." disse mordendosi di poco il labbro inferiore e sospirò, la sua voce era maledettamente tremolante e mai in tutta la mia vita l'avevo sentita così.
"Tu non hai mai paura di niente." dissi inginocchiandomi aprendo di poco le sue gambe e stranamente mi lasciò fare.
"Ho paura per come mi fai sentire, non sono la persona con mille corazze addosso quando sono con te e mi sento nuda, priva di orgoglio. Non ti odio, odio me stessa perché non mi merito di essere felice." disse alzandosi ma la bloccai, ero scioccata per questa confessione e la baciai.
La baciai con amore.
"Tutti meritano di essere felici, e la rabbia è un'energia, se diventa travolgente puoi restarne vittima. Dovresti essere capace di generare un altro tipo di energia in grado di riconoscere la rabbia e di prendersene cura. La rabbia è un campo di energia con cui occorre entrare in contatto, che bisogna riconoscere." dissi seria e avevo studiato questo argomento da poco quindi riuscivo a riconoscere quello che stava provando davvero, al 100%.
"Io so che provi qualcosa per me, sei uscita fuori di testa nel vedermi lontana perché per una volta in vita tua ti sei sentita capita e voluta da una perfetta sconosciuta. Ma se vuoi saperlo, anche io mi sono sentita così e non hai idea di quanto vorrei conoscerti fino infondo." dissi facendo spallucce e mi ero ripromessa da vari anni di non tenere più a nessuno.
Troppe pugnalate.
Parole sprecate al vento ed è brutto quando hai un limite imposto che ti vieta di essere sincera con il mondo.
E non era tempo sprecato con Zulema.
Mi alzai appoggiando le mani sulle sue cosce e le lasciai un bacio casto legandomi i capelli in modo più ordinato.
Andai dritta nella porta e feci scattare la serratura camminando poi molto lentamente verso di lei, reggendo il suo sguardo di fuoco che non prometteva nulla di buono.
Ma poco importava.
Scottiamoci.
"Cosa vuoi fare?" sussurrò nel vedermi inginocchiata davanti a lei e abbassai i suoi jeans fino alla cosce, la implorai con lo sguardo di lasciarmi fare e l'araba alzò i fianchi in modo tale che potessi sfilarglieli come dio comanda.
Accarezzai le sue cosce nude e mi abbassai lasciandole una scia di baci facendola rilassare completamente.
"L'hai mai fatto?" sussurrò stringendo i braccioli e scossi la testa arrossendo di poco, non volevo deluderla e morsicai il mio labbro inferiore lentamente.
Ero così inesperta e insignificante, volevo che le piacesse così tanto a tal punto da non desiderare nessun'altra.
"È come quando sei affamata e vuoi un dolce, lo divori letteralmente." disse la ragazza davanti a me sorridendo autoritaria e annuii concentrandomi.
Zulema vide la mia espressione tesa e scoppiò a ridere sonoramente come non aveva mai fatto, era così bella sentirla.
"Piccola Dio, rilassati." disse dandomi di nuovo quel nomignolo meraviglioso e mi porsi, baciandole quelle labbra invitanti che amavo con tutta me stessa.
E poi, passai al suo collo scendendo sempre più in basso alzando lo sguardo per vederla andare all'altro mondo.
Volevo affondare tra le sue cosce.
Senza pensarci due volte abbassai i suoi slip lungo le sue gambe e mi leccai le labbra nel vederla così: bagnata.
"Zulema." gemetti mordendomi il labbro e aprii le sue gambe avvicinandomi al centro, vogliosa di lei e di sentirla.
"Fai silenzio, entiendes?" aggiunsi accorgendomi un secondo dopo che eravamo pur sempre in biblioteca e mi focalizzai su darle tanto tanto piacere.
Lasciai un scia di baci su tutta la sua coscia e più mi avvicinavo al suo confine più il suo respiro, accelerava di botto.
Allora non ero l'unica.
"Dimmelo, che ti sono mancata e che hai pensato a me durante questo mese perché io l'ho fatto." mugugnai a bassa voce e la sua mano prese ad accarezzarmi lentamente la nuca spingendomi tra le sue cosce.
Non mi rispose.
Chiusi gli occhi facendo scorrere la lingua in tutta la sua apertura e affondai le unghie nella sua pelle liscia.
Ebbe un sussulto così grande che sorrisi assaggiandola nuovamente con molta più lentezza gustandomi il suo sapore.
Ero sconvolta.
"Quanto cazzo, sei buona." bisbigliai gemendo e mi leccai le labbra rifacendo lo stesso procedimento di prima, la sua schiena si inarcò e gemette sottovoce.
"Rubita." disse stringendo i miei capelli e l'assaggiai come se fosse il dolce più buono di questo mondo ed io ero talmente affamata di lei che mi portai le sue gambe sopra alle mie spalle.
La sua schiena si distese lungo la poltrona ma per evitare che urtasse si sedette, allargando le gambe.
Succhiavo con foga e la mia lingua prese a lavorare tra le sue gambe con un ritmo che la fece gemere ripetutamente.
La vidi tapparsi la bocca subito per soffocare i suoi gemiti e sorrisi succhiando il suo clitoride pulsante.
Pensavo a quanto avessi bisogno di lei.
Non era più una questione fisica.
Lo sapevamo entrambe.
Mi mancava da morire averla nella mia vita come prima, mi mancava tutto di lei e non potevo lasciarla andare così.
Non l'avevo mai fatto, dal principio.
Nonostante mi avesse trattato male come se non valessi nulla avevo sempre cercato tutti i modi possibili di tenerla stretta contro la mia anima.
La sua mano cercò la mia e la strinse mentre richiamava il mio nome sottovoce ripetutamente, era senza fiato a causa di tutti i suoi muscoli tanto contratti.
Strinsi le sue cosce lasciandole il segno e il bacino si avvicinava sempre di più vicino al mio viso, assecondando i movimenti della mia lingua.
Ero estasiata, mi trovavo in un'altra dimensione e divorai il suo nucleo gemendo sottovoce sentendo il suo sapore in tutta la mia bocca.
"Rallenta." disse l'araba in preda al piacere e si tappò la bocca ancora più forte mentre i suoi muscoli ebbero dei piccoli spasmi, ripetitivi.
Stando in questa sensazione riuscivo a percepire le sue gambe tremare e venne soffocando un grido colmo di piacere.
Alzai lo sguardo vedendola mordersi il labbro inferiore e le lasciai una scia di baci passando poi alla sua coscia, sfiorai ogni centimetro del suo corpo con amore.
Zulema ad una certa mise le mani sulle mie spalle e mi allontanò di poco con le guance rosse, velocemente si infilò il pezzo di stoffa che le avevo tolto poco fa e sospirò mugugnando sottovoce.
Con il palmo della mano mi asciugai le labbra grondanti del suo sapore e mi alzai legandomi nuovamente i capelli dato che me li aveva scompigliati abbastanza.
"Di qualcosa, per favore." mormorai con vocina esile alzandomi in piedi e mi mordicchiai le labbra, assai nervosa.
Zulema afferrò i suoi jeans rimettendoli nuovamente e allacciò con cura i lacci dei suoi anfibi, senza neanche guardarmi.
Si stava comportando come se non l'avessi appena scopata qui dentro, provando a fare qualcosa di nuovo dalla mia portata e da come era venuta la cosa le era piaciuta davvero tanto.
Infatti, senza dire una parola uscì dalla stanza lasciandomi come un'idiota.
Ancora.

Haruka era sconvolta.
Continuai a parlare raccontandole ogni dettaglio e mi lasciò sfogare per dieci minuti interi, gironzolavo in camera con una misera camicia addosso ed erano precisamente le dieci di sera.
Zulema era scomparsa ma non appena sentii la porta sbattere chiusi la chiamata con la mia amica, paralizzandomi.
Andai in cucina con fare silenzioso e Zulema si tolse il capotto legandosi poi i capelli in una coda alta.
"Hey, se vuoi mangiare il tuo piatto é nel frigo." dissi appoggiandomi sul bancone di marmo e l'araba annuì con delle occhiaie mai viste prima d'ora.
"Non ho fame." disse cupa girandosi una sigaretta afferrando del tabacco e aveva lo zigomo leggermente gonfio.
Subito mi precipitai da lei cercando di vedere ma si alzò spintonandomi fino a farmi barcollare, come niente.
"Ti sei fatta male, mi spieghi dove sei stata? Zulema.." sussurrai cercando di non perdere il controllo nel vedermela così scontrosa e afferrò la mia mascella saldamente, mordendomi poi il labbro.
Ansimai chiudendo gli occhi per questo piccolo gesto e strinsi i suoi fianchi spingendo il suo corpo contro al mio.
I suoi denti affondarono ancora più forte nella mia carne soffice e mugugnai dal dolore, cercando di staccarmi senza lacerarmi il labbro inferiore.
"Devi lasciarmi stare, vedi? Più mi vuoi e più ti faccio male." mugugnò contro la mia bocca e si staccò facendomi uscire un pochino di sangue.
Gemetti sentendo quel sapore in tutta la mia bocca e alzai lo sguardo guardandola con un'espressione in viso sconvolta.
"E se ti dicessi che sei l'unica persona che mi rende viva anche se mi fai male? Il dolore è il mio anestetizzante preferito." dissi osservando il suo viso ed era dimagrita, i suoi occhi erano rossi e aveva leggermente le palpebre socchiuse ridendo poi, amaramente.
"Come puoi pensare di considerare me come una cosa priva di dolore? Posso essere qualsiasi cosa ma sono tutto tranne che un'anestetizzante." mi sussurrò scontrosa e decisi di parlarle a carte scoperte come ho fatto in biblioteca.
Non mi interessava se si arrabbiava o mi trattava come se non valessi nulla, ero interessata a lei e volevo capirla.
Fino infondo.
"Pensi che io sia stupida? Ho effettuato delle ricerche su internet durante le vacanze e se tu copri quella lacrima sul viso sta a significare solamente una cosa." dissi stringendole con forza il viso e tolsi il leggero strato di fondotinta che copriva quella linea.
Una linea dolorosa.
Zulema sgranò gli occhi serrando la mascella e il suo sguardo si gelò come l'inferno più glaciale del mondo.
Stava male, stava terribilmente male ed è proprio in quello sguardo che vidi la sua persona disintegrata.
E avevo paura.
Senza neanche accorgermene parlai, rischiando per davvero la mia vita.

"Tu, tu.. sei stata in carcere."

middle of nightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora