Noah amava le stelle. Una sera, stufo delle luci della città e del suo cielo nero, si era diretto in una zona lontana, quasi magica, e lì non c'erano case, ma solo erbacce e fiori. Si era disteso a terra, attento a non sporcare il suo vestito di lino, poi aveva sollevato gli occhi e fu come librarsi all'improvviso. Era dolce. Decine, se non centinaia di puntini bianchi e brillanti sul cielo, chi mai aveva realizzato questa costruzione spettacolare? Si era dedicato così tanto ad osservarle, che quella prima sera finì addormentato, cullato dal solo sogno di aver guardato l'impensabile. Suo padre, preoccupato, aveva avvertito la servitù e questa si era messa alla ricerca di Noah, ma tornò da solo, l'indomani mattina, e il suo vestito delicato era stato intaccato dalle zampe di un insetto, che si era poggiato e aveva lasciato un minuscolo segno.
La famiglia, che era attenta ai particolari e conosceva solo le occupazioni urbane, gli aveva imposto di non uscire più di casa, perché pericoloso. Nessuno si era mosso dalla città, nessuno conosceva nulla del mondo di fuori, eppure un sentimento inspiegabile li portava a non fidarsi, ma non sapevano che Noah amava le stelle. La sua seconda fuga avvenne durante una cerimonia della banca dove lavorava il padre, organizzata per eleggere il nuovo "banchiere vincitore della sfida di calcolo". La sfida di calcolo era una sfida settimana tra banchieri, che i banchieri più grandi facevano per divertirsi, perché in fondo dovevano pur fare qualcosa oltre a lavorare, e loro facevano le sfide di calcolo: addizioni, sottrazioni, e altri problemi vari con numeri complicati. Cose urbane, che ai banchieri piaceva.
Quella sera Noah indossava un vestito ricamato a mano, che era costato parecchi soldi, ma la famiglia non si faceva problemi. Aveva trovato il suo posto magico, dove dimenticava tutto e riusciva a cogliere il fascino delle sue stelle. Erano grandi e nascondevano misteri. Come faceva la gente urbana a vivere felice senza il desiderio dell'immensità, contenta solo di cose futili? Noah aveva pensato molto, si era fatto domande a cui non aveva trovato risposte sufficienti, ma non gli importava, perché per lui l'esistenza delle stelle era l'unica certezza della vita, era quella la sua premessa principale. Intoccabile. Le stelle facevano pensare.
Il terzo tentativo di fuga non gli riuscì. Trovato dalla servitù a fuggire dalla città, venne rinchiuso nella sua camera per giorni e senza cena, finché disse che non avrebbe più lasciato la città. La città. Quale gabbia peggiore poteva esistere? La settimana dopo venne eletto "banchiere vincitore della sfida di calcolo" suo padre. Ci fu una gran festa tra banchieri, e suo padre disse che non doveva preoccuparsi, perché un giorno sarebbe sicuramente diventato un grande banchiere come lui. Ma dopo una settimana a nessuno importò più di suo padre, perché la sfida di calcolo ricominciò e ognuno voleva vincere.
Noah diventò banchiere e non vide più le stelle. La famiglia gli aveva detto che doveva amare la sua cravatta e le sue scarpe firmate, che doveva amare essere oggetto di invidia e le donne che gli si sarebbero avvicinate per la ricchezza.
Divenne bravo con le sfide di calcolo. Ne vinse varie, ottenne meriti di lavoro e si arricchì.
Pochi anni dopo gli venne da pensare al suo posto magico. Era una giornata qualunque, indossava un vestito elegante ed era appena uscito da un hotel di lusso, e ci aveva pensato. Un maggiordomo lo sistemò, salì sulla macchina, e ordinò all'autista la strada da fare per giungervi. Chiese di essere lasciato solo, quella notte.
Le stelle erano lì, incredibilmente belle, più emozionanti di prima, eppure Noah non capì cosa fare. Non ricordava come avesse fatto ad amarle. Decise così di applicare ciò che aveva imparato nella sua vita: contare. Erano troppe, non si trattava di sfide di calcolo con le operazione tra i numeri, perché le stelle erano impossibile contare le stelle. Un dubbio improvvisamente gli sfiorò la mente: non riusciva più ad apprezzare la grandiosità delle stelle né a farsi domande. Ebbe un attimo di esitazione.
Noah chiuse gli occhi. Aveva dimenticato ad amare le stelle. Era diventato un uomo serio. Un uomo che sarebbe morto con accanto tre milioni di banconote e le sue medaglie d'oro. Ma Noah non lo accettò. Per molti giorni in città non si seppe nulla di lui, scomparso. Nessuno sapeva cosa fosse successo e nessuno andò alla sua ricerca. Questa cosa restò un mistero. Suo padre sapeva, ma non disse nulla per reputazione. Pensava che Noah fosse tornato ad amare le stelle e, forse, non sarebbe più tornato.
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Vento sonnifero
PoetryQuesta è una raccolta di poesie e racconti, che fungono da spunto per ricavare riflessioni profonde sul senso delle cose e delle emozioni. È uno specchio aperto sul cuore, per consentire a tutti di cogliere il riflesso affannante dei pensieri.