«Fai schifo.» mi scrisse, poi andai a dormire, nel goffo bunker della mia cameretta.
Ogni volta che mi sveglio il mio primo pensiero è lo specchio, ma spesso scappo perché l'immagine di me riflessa la vedo deforme. Nulla mi piace e nulla mi sarebbe piaciuto. Assomiglio a una strega, per di più uscita da un film venuto male. La faccia simile a quella di un maschio e quasi quasi si vedono i baffi appena tolti, le spalle eccessivamente pronunciate, e poi il fisico, ciò che si vede di primo impatto ed era uno schifo. La pancia è quella di una incinta e le gambe grassocce, con una cellulite pronunciata. Tette inesistenti. Non si capiva sia una ragazza. Questa è la dimostrazione del fatto che ho pochissime amiche. False. Non mi apprezzano e non mi capiscono. Sono amiche solo perché qualcuno lo aveva stabilito e io non ricordo quando. Voglio uscire da questo inferno. Mi deprime convivere con le mie lacrime. Non faccio altro che stare sul letto. Come un verme. Un inutile verme che piange.
Mia mamma sorride sempre. Pensa di avere una figlia meravigliosa, la principessa che attende il suo principe azzurro da un momento all'altro, che poi le bussa e le porta un mazzo di fiori, ma in realtà non è così.
Mi guarda e dice:«Mettiti una gonnellina stasera.»
Con le gambe che ho? Mi metto la tua gonnellina-stasera e faccio scappare tutti. E poi dove vado?
«Non mi piace.» dico. Nascondo le mie ossessioni.
«Ti starebbero bene delle scarpette aperte, un po' alzate.» dice
I piedi. Tra le cose più orribili che ho. È una fortuna guardarli di lontano, altrimenti vomiterei. E fanno puzza.
«Non mi piace.» dico. Nascondo le mie ossessioni.
«Ti starebbe bene una magliettina azzurra, ah, ma anche dei jeans attillati. Fai vedere le tue forme. Sono belle.» dice
Le mie forme fanno schifo. E poi perché parli sempre con i diminuitivi? Gonnellina, scarpette, magliettina...ti sembro una bambina ridicola? Sono una ragazza, per essere precisi.
«Non mi piacciono.» dico. Nascondo le mie ossessioni. Se le mostrassi, mia mamma pensasse io sia una figlia problematica, e se davvero capisse cosa provo nella mia mente e l'odio continuo verso il mondo che si agita nel mio stomaco, mi manderebbe a un centro di malati. Psichiatria. O manicomio. Sono quelli i posti per me. Perché sono una fottuta malata di mente.
La mattina andai a scuola con vestiti poco da ragazze-tipiche. Larghi. Più larghi, meglio è. Abbondiamo, così non si vede il corpo schifoso che trascino da sedici anni.
«Ciao tesoro.» disse una mia compagnia, in classe. Era una delle mie amiche false. «Originale, oggi.» e mi ispeziona, da cima a fondo, perché pensa io abbia bisogno dei suoi commenti da ragazza super figa per sentirmi diversa. «Quella maglietta l'hai presa...»
Non mi ricordo. Non ricordo nemmeno quello che mangio e dovrei ricordare dove compro le magliette.
«Nella zona 80enne? Tesoro cento anni fa saresti stata bellissima, ma oggi...» continua. Vorrei piangere. Vorrei picchiarla e poi piangerle addosso. A volte non riesco a trattenermi. Mi confondo e non capisco più niente. Le mie lacrime dove sono? Siete sparite pure voi? Bagnate questi occhi vuoti, cavolo, scioglietemi il mio trucco e fatemi fare una brutta figura, tanto a che servo? Che io muoia.
Si avvicina un ragazzo. Indimidisco. È bello. Mi guarda serio, mi fissa, poi si gira, come se avesse visto abbastanza. Per il resto della giornata non mi calcola più, ma in generale non mi calcola nessuno. Continuo a essere i "tesoro" della falsa amica. Mi distruggono il cuore.
A volte, nel gruppo di classe dice che faccio schifo. Me lo scrive in stampatello e ci mette l'emoji del cuore. Quei messaggi mi uccidono più di ogni altra cosa. Ma alla fine non ho che fare. Faccio schifo e basta, e poi me ne vado a dormire, nel goffo bunker della mia cameretta. Dubito, un giorno, essere felice.

STAI LEGGENDO
Vento sonnifero
PoetryQuesta è una raccolta di poesie e racconti, che fungono da spunto per ricavare riflessioni profonde sul senso delle cose e delle emozioni. È uno specchio aperto sul cuore, per consentire a tutti di cogliere il riflesso affannante dei pensieri.