Traccia n°11 - Un po' di pace

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A te che non sai giudicare
A te che ti fidi ogni volta di me
A te che ti si vede il cuore
A te che ti importa ogni giorno di me

Voglio solo un po' di pace
Sentire la tua voce
Sapere che ci sei
Tu che sai fare luce
Quando il sole tace
Non cambiare mai

Tu lo sai che mi si vede
L'anima in controluce
Non cambiarmi mai

Settembre, 2031

Tutti non facevano altro che provare a persuadere Simone dalla sua decisione di prendere parte in modo attivo alle indagini.
Suo padre continuava a ricordargli fosse pericoloso presentarsi di nuovo da Sbarra visto il modo in cui lo avevano ridotto l'ultima volta, pure Anita provava a fargli cambiare idea ma nessuno ci riuscì.

Qualsiasi scenario gli proponevano era, per Simone, un qualcosa che valeva la pena affrontare se ciò significava riavere Manuel ogni giorno accanto a sé, liberarlo da quella condanna, riconsegnargli la sua vita e riprendere a comporre la loro melodia.

Si era presentato nel primo pomeriggio in questura, una mezz'oretta in anticipo rispetto all'orario stabilito con gli agenti.
Avevano concordato tutto, installato il microfono su di lui, gli avevano consegnato il giubbotto antiproiettile - indossato sotto la maglietta a mezze maniche che indossava - e, dopo aver fatto le giuste prove per verificare il funzionamento del microfono, insieme si erano avviati verso lo sfascio.

La volante rimase distante dall'entrata mentre Simone parcheggiò proprio lì davanti con la propria auto.
Si guardò nello specchietto retrovisore, guardò sé stesso dritto negli occhi e, mentalmente, continuava a ripetersi di essere forte, di dover cacciare l'ansia, di pensare a Manuel, che lui la forza gliel'avrebbe data da lontano, pensare alla loro libertà, alla vita che li aspettava, a quell'incubo che sarebbe presto finito se lui avesse agito in maniera corretta.

Prese un respiro profondo, dopo guardò la foto di Manuel che aveva impostato come sfondo del cellulare e, dopo aver passato due dita sul suo viso, ripose il dispositivo in tasca e si avviò verso lo sfascio.
Contava i passi pur di calmarsi, pur di non far sfociare quell'agitazione in un fortissimo attacco d'ansia.

Arrivò davanti la porta dell'ufficio di quell'uomo che non gli faceva più paura, la aprì senza nemmeno bussare e, quando i suoi occhi incrociarono quelli di Sbarra seduto al suo posto intento a fumare una sigaretta si sentì costretto a deglutire.

«E tu che cazzo ce fai qua?»

«So' venuto pe' dirti che pe' colpa tua hanno dato otto anni di carcere a Manuel» mentì con convinzione

Sbarra rise, infastidendo Simone che strinse forte i pugni «Pe' colpa mia? Che me frega a me»

«Hai fatto tu in modo che lo arrestassero, no? Mi sembrava giusto fartelo sapere» disse in modo arrogante, incrociando le braccia sul petto

«M'aspettavo pure de più, te posso dì?»

«Ah no, infatti erano di più. Ma Manuel ha collaborato e hanno scontato la pena di due anni» disse e Sbarra cambiò repentinamente espressione «Ha raccontato di te, dello sfascio, di Zucca, di ciò che fate, ha consegnato il cellulare con i vostri messaggi, con le tue minacce» si avvicinò pericolosamente a Sbarra, adesso stava ad un passo da lui

Melodia scomposta || Simone x ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora