Traccia n°12 - Chissà se lo sai

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Poi parliamo delle distanze, del cielo,
E di dove va a dormire la luna quando esce il sole
E di come era la terra prima che ci fosse l'amore
E sotto quale stella, tra mille anni
Se ci sarà una stella, ci si potrà abbracciare?

E poi la notte col suo silenzio regolare
Quel silenzio che a volte sembra la morte
Mi dà il coraggio di parlare
E di dirti tranquillamente,
Di dirtelo finalmente
Che ti amo
E che di amarti non smetterò mai

Così adesso lo sai

Settembre, 2031

Dopo aver dormito per l'intera notte l'uno incollato all'altro, il primo a svegliarsi - come sempre - fu Manuel.

Si guardò intorno, per un breve istante si sentì spaesato. E odiò quella sensazione, era sinonimo del fatto che si fosse già abituato a quella quotidianità in cella. E la stanza gli parve fin troppo silenziosa senza le urla degli altri carcerati chiusi nelle celle di fianco alla sua.

Ma gli bastò voltarsi e vedere il viso di Simone per sentirsi subito bene, per riprendere la rotta, per capire di essere nel posto giusto.
Dormiva beato, il viso affossato nel cuscino, la schiena nuda e il suo braccio appoggiato sullo stomaco di Manuel, come se avesse bisogno di tenerlo per la paura che potesse sparire di nuovo da un momento all'altro, come se la pace vissuta la notte precedente fosse stata solamente temporanea, un sogno.

E quanto aveva sentito la sua mancanza.
Quanto aveva desiderato ritrovarsi di nuovo insieme a lui, sul loro letto, nella loro stanza come se nulla di ciò che era successo fosse la realtà.

Si voltò lentamente su un fianco pur di non svegliarlo, Simone dormiva di sasso e lo poté capire dal suo respiro pesante che non tendeva a diminuire.
Passò i minuti seguenti ad osservare il volto dell'uomo che amava, a ripassare ogni dettaglio dato che, in quelle settimane, avevano iniziato a sfuggirgli dalla mente e si sentiva anche in colpa.
Delicatamente gli passò un dito sulla guancia, lo accarezzò dolcemente e percepì anche una lacrima scendergli sulla guancia appoggiata sul cuscino sul quale si asciugò immediatamente.

Si odiava per avergli recato tanto dolore, glielo aveva letto in volto, glielo leggeva tutt'ora vista la sua espressione avvilita.
Sapeva non fosse colpa sua, che Sbarra lo aveva incastrato ma si sentiva comunque responsabile per averlo lasciato da solo.
E anche se adesso era tutto finito sapeva che quel dolore non sarebbe sparito in un batter d'occhio e in quell'istante promise a sé stesso che avrebbe lottato per restituire al suo uomo, l'amore della sua vita, la luce che gli si era spenta negli occhi.

Baciò il palmo della sua mano prima di poggiarglielo sulla guancia delicatamente.
Allo stesso modo sfilò dalle lenzuola per dirigersi in cucina e preparare a Simone la colazione per poi portargliela a letto.
Sapeva non sarebbe stata quella a restituirgli la felicità ma riteneva fosse un primo minuscolo passo per riavere indietro la loro quotidianità, la loro normalità.

Si muoveva in cucina come se quelle settimane non fossero passate, felice di sentire che quel senso di disorientamento avuto al risveglio fosse stato un qualcosa di passeggero, di lampante, dovuto all'incoscienza causata dal sonno.
Ma era già sparito tutto e lui, finalmente, si sentiva di nuovo a casa.

Notò il suo borsone buttato ancora per terra, dove lo avevano lasciato loro la sera prima perché impegnati a restituirsi quelle settimane che gli erano state rubate baciandosi e amandosi, prendendosi cura l'uno dell'altro.
Si promise di mettere tutto a posto in un secondo momento, prima doveva mettere a posto il cuore di Simone: era decisamente più importante di qualsiasi borsone.

Melodia scomposta || Simone x ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora