Capitolo 6

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Arrivati in ospedale, attendiamo la chiamata di mio padre, per poter parlare con il dottore, dato che per colpa delle normative covid, non possiamo più entrare.
Sono le 15:00 del 04 febbraio e siamo al Cannizzaro di Catania, mentre attendiamo tra una chiacchiera ed un'altra, di vedere papà. Finalmente la mamma può entrare in ospedale per parlare con il dottore e per consegnare lo zaino con la roba a papà.
Dopo appena dieci minuti, la mamma esce da lì e sembra sconvolta in viso.
È in lacrime mentre si avvicina a noi.
Cerco di allontanarmi da lei, perché se non mi raggiunge, non scoprirò mai perché sta piangendo, no? È più facile così.
Ma mi raggiunge e ci sbatte in faccia la realtà.

"Papà ha delle ustioni gravi nella mani e nei piedi, dovranno amputare il pollice della mano e due dita del piede. Non si sa se potrà tornare a camminare." Ci dice tutto di botto, in lacrime e con il singhiozzo.
"Si è rovinato la vita. Rimarrà in sedie rotelle." Continua.
Non gliene faccio una colpa per averci dato tutte queste informazioni di botto e senza un minimo di tatto, perché anche lei è sconvolta.
Il mio cervello si ferma. Decido di bloccare proprio i pensieri.
È più facile no?
Perché se non penso, non capisco cosa realmente sta succedendo.
Se non penso, magari c'è una possibilità che questo fatto non sia realmente accaduto.
Se non penso, riesco a reggere tutto questo peso.
Perché se inizio a pensare, questo peso mi calpesta e mi distrugge.

Cerco di razionalizzare quello che sta accadendo.
Vedo mia mamma in lacrime abbracciata a mio fratello, che non si tengono in piedi.
Vedo Claudio confuso, che non sa bene cosa fare o come comportarsi.
Neanche io so cosa fare: Se tirare fuori le mie emozioni, o tenere tutto dentro e dirigerle io le mie e le loro.
Decido di optare per la seconda opzione.

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