Capitolo 9

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È sera e finalmente decidiamo di andarcene dall'ospedale e tornare a casa.
Mia Zia ha scelto di trasferirsi da noi per un po', per aiutare me e la mamma con tutte le pratiche di papà.
A cena l'aria è tesa. Nessuno apre bocca. Silvio è a tavola, ma non c'è con la testa. La mamma cerca di trattenere ogni due per tre le lacrime, mentre decine e decine di chiamate le arrivano ogni minuto.
La zia cerca di smorzare la tensione con qualche battuta e rassicurazione.
E poi ci sono io: terrorizzata da ciò che verrà.
Ma volete sapere qual è stata la parte più dura di quel giorno? Andare da mia nonna paterna e fingere che non sia successo niente di grave. Credo che nella scorsa vita io abbia vinto un

Oscar come miglior attrice, perché sono stata impeccabile.
"Quindi ha avuto solo una leggera ustione al dito?" Chiede lei, con voce tremolante.
"Si nonna, deve rimanere in ospedale perché è in malattia. Ma sta bene." Le spiego.
"Lo posso chiamare?" Mi chiede ancora. "Si, domani lo chiamiamo insieme."
"Ma sta bene?" Ennesima domanda, a cui dovrò mentire. Perché non stava affatto bene.
"Sta meglio di me, nonna. Rideva e scherzava con tutti i medici e gli infermieri, Al solito suo." Dico accennando un grosso sorriso.
Finalmente sono a letto, ma non credo che dormirò,
non dopo quello che ha detto il dottore "Deve

essere monitorato per 48h perché potrebbe venirgli un arresto cardiaco" chi me lo dice che mentre dormo a papà non gli si ferma il cuore? E se durante la notte sta male? Se peggiora sempre di più e non si riprende?
Se quando apro gli occhi mi danno la notizia che papà è volato in cielo?
Milioni e milioni di pensieri si impossessano della mia mente, fino a quando non suona la sveglia.

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