In trappola

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Mi svegliai di soprassalto ingoiando un respiro di terrore come uno che torna indietro dal regno dei morti, portandomi indietro mentre facevo leva sulle braccia per potermi sedere.
Cos'era successo?
Dov'era Gari? E i pirati?
Probabilmente avevo avuto un incubo.
Ma soprattutto... Dove mi trovavo? E perché avevo il vento in faccia?
Strizzai gli occhi con insistenza per mettere a fuoco l'ambiente circostante, e poi la notai subito... Non c'era dubbio alcuno che fosse lei, l'avrei riconosciuta fra mille coi suoi capelli biondo sbiadito, ricci legati in una sorta di strambo pon-pon proprio in alto al centro della testa da un infallibile nastrino rosso. Rughe non troppo marcate per i suoi 68 anni, smalto giallo sulle unghie lunghe e rossetto viola messo per riprendere il colore dei suoi occhi dal taglio cadente, coperti da un paio di grossi occhialini da corsa poggiati sul naso aquilino.
Pipa, rigorosamente, accesa a gettar fumo sul vestitino scollato a fiori verdi e bianchi.
Era lei, proprio lei! Nonna Dana-Dana!
"Nonna!" esclamai sorpresa catturandone l'attenzione.
Si girò a guardarmi chiamandomi per nome, assumendo che mi fossi svegliata.
"Finalmente ti sei svegliata! Stai bene Ari-Ari?!"
"Ma... Ma dove siamo?"
"Sei a bordo del 'sinister-mine-train', sei al sicuro adesso!"
Al sicuro?

Al sicuro...
Gari!?
Cominciai una ricerca con lo sguardo, preda dell'ansia. Nonna Dana-Dana era al volante, su di lei veleggiavano matte le frange dai mille un colori del baldacchino in tessuto liscio viola scuro del pilota, sembravano seguire il movimento del pupazzetto a forma di scimmia con gonnellino hawaiano appiccicato al cruscotto. A seguire, dietro di lei, disposti in fila indiana, i vagoni senza tettuccio ciascuno di colore diverso e munito di ruote. Il 'sinister-mine-train' (letto. 'treno losco della miniera') ricordava molto una bizzarra versione dei trenini giocattolo per bambini e contava si e no una ventina di carrozze a due posti; io mi trovavo all'interno del n.1, andavamo a tutta birra e pareva d'essere nel bel mezzo del nulla, in un deserto. Mancava poco al tramonto.
Man mano che passavo in rassegna ogni postazione avvertivo un magone ingigantirsi all'interno dello stomaco ed annodarsi al cuore accelerandone i battiti. Non giunsi neanche alla fine quando realizzai di non aver sognato proprio un bel niente, perché era stato tutto reale.
Mi lasciai cadere tristemente in ginocchio sul sedile rigido, dando le spalle all'autista; Gari non era lì con me e non lo sarebbe stato mai più.
Strinsi le mani tremolanti sullo spessore del vagoncino, talmente forte da sbiancarmi le nocche. Mi morsi un labbro cercando di soffocare ogni lacrima, fin quando non ne potei più, tirai indietro la testa e mi lasciai andare ad un fragoroso pianto a pieni polmoni.
Non avremmo litigato mai più per delle sciocchezze.
Non avrei più visto il suo naso e le sue lentiggini arricciarsi a causa del polline delle sue margherite.
Non avrebbe più combinato un disastro in camera nostra, ed io non l'avrei più sistemato.
Non avrei più avuto qualcuno con cui vendere il pesce, con cui condividere ogni cosa, qualcuno a cui rubare i biscotti per poi fare finta di niente.
Non avevo più nessuno da capire, da amare, da maledire o sfottere, qualcuno con cui giocare: avevo perduto una metà del mio cuore.
I muscoli sembravano non rispondere e non avvertivo altro che uno straziante e continuo lacerarmi dentro. Un vuoto incredibile il cui silenzio veniva interrotto da ondate di rabbia, senso di colpa e disperazione. Una crudele mancanza che di lì a poco mi avrebbe devastata più di quanto non stesse già facendo.
Papà, mamma Manda, Gari, il piccolo...
Per colpa mia...
Perché? Perché ero stata l'unica a salvarsi e loro no?!

"Cos'è successo laggiù, Ariadna?" chiese nonna con voce commossa.
"Io...Loro..." iniziai ad inspirare ed espirare freneticamente, preda del panico "Io li ho uccisi tutti!" biascicai.
"Che cos'è successo?" mi ripeté seria e nonostante portasse degli occhialini specchiati, giurerei d'aver visto i suoi occhi farsi lucidi.
Poi continuò: "Essendo giorno di gran mercato ho deciso di venire a Roubi in cerca di affari e provviste, ma ho dovuto cambiare i miei piani dopo aver visto del fumo in lontananza. Ho messo il turbo e quando sono arrivata ho trovato la piazza deserta e nel caso completo." Fece un profondo respiro che buttò fuori dopo qualche secondo di pausa; morse fortemente l'osso della sua pipa e fece più stretta la presa nel volante; e quindi riprese: "Girava poca gente, i più andavano in soccorso di altri rimasti feriti. Ho capito dov'eri dopo averti sentita urlare, e Roger solo sa com'è che ho fatto a tirarti fuori da quel negozio in fiamme. E adesso eccomi qui, a scappare da una banda pirata che mi da la caccia perché ti ho portata via con me."
"G.. Gari..." mi ero fermata ad ascoltarla, tra un singhiozzo e l'altro, ma il solo pronunciare il suo nome generava in me amarezza infinita e nuove lacrime.
Venni improvvisamente catapultata giù da sedile da una frenata.
Nonna Dana, ancora salda allo sterzo, rimase immobile spostando solo le lenti alla fronte e voltandosi di poco verso di me.
"Lo so... L'ho visto..." si lasciò andare anche lei, commossa.
Rimasi sul fondo della carrozza, a pancia in su con le le mani che mi coprivano il viso con forza e strazio. Non seppi come, ma tra una sillaba e l'altra le feci capire quale fosse stato il destino di suo genero e mamma Manda.
"Manda, figlia mia...Petro..."
"Nonna...È colpa mia!" Ero preda di un turbinio di emozioni che sembravano sviscerarmi senza pietà ma ebbi brevemente modo di farle comprendere come ho fatto a far arrabbiare quei pirati tanto da causare quel disastro.
Nonna Dana non è mai stata una persona espressiva, infatti non corse ad abbracciarmi così come non lo feci io per ovvie ragioni. Restammo ognuna nel suo dolore per un minuto buono, fin quando del chiasso in lontananza ne catturò l'attenzione facendola esordire: "Arrivano...Presto Ari!"
Scattai su facendo capolino come prima di cadere: non era finita, tutti quei morti che mi porterò sulla coscienza a vita non erano bastati;
Venivano verso di noi e potevo vedere le loro figure all'orizzonte ingrandirsi man mano.
Guarda caso proprio in quel momento quel catorcio del Sinistro decise di incepparsi.
"Maledizione, dannata vecchia carretta forza!" cercava di spronare la vettura maneggiando coi comandi del motore, ma senza successo.
Volse un ultimo sguardo deciso ai pirati prima di balzare giù dalla cabina di pilotaggio; aprì lo sportello del vagone n.1, il mio, mi afferrò per un braccio raccogliendomi da terra ed esclamò: "Non avrete mai la mia nipotina, bastardi!"
Prendemmo a correre in direzione di una miniera prossima a noi.
Come ho già detto, l'isola di Gold è divisa in due da una montagna che possiede decine di miniere che si estendono per tutto il suo corpo interno. È da qui che si estraggono tutte le gemme preziose che fanno ricca la nostra terra e parte dei suoi abitanti.
Passare dall'altra parte per raggiungere la 'città nuova', Smera, è pressoché impossibile, ma ho sentito di qualcuno che ne è stato capace e non si è perso all'interno delle cave.
"Ari, dobbiamo nasconderci all'interno della miniera se vogliamo avere salva la vita, presto!"
Quasi letteralmente mi trascinò al suo interno perché per l'angoscia e la confusione ero totalmente intontita. Non volevo andarci, il giorno del gran mercato le miniere venivano chiuse, il che vuol dire che non ci sarebbero state luci. Sarebbe sicuramente accaduto qualcosa di spiacevole.
E non è che io non mi fidassi di nonna, perché lei si occupava di trasporto operai e merci, per sapeva bene dove mettere piede.
Il fatto era che io ho sempre avuto paura del buio.
Ma supponevo di non avere alternative, quindi mi lasciai trasportare.

Ariadna! {Trafalgar Law}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora