La soluzione

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Un piatto caldo di spaghetti soba con pollo e verdure, il tepore dei raggi del sole sulla pelle, il profumo dei fiori, il cinguettio degli uccellini al mattino, un letto morbido ed una casa accogliente. L'abbraccio commosso di qualcuno che non ha mai smesso di volerti bene e aspettarti, le lacrime di gioia, l'affetto, le cure ed una mano sempre pronta a stringere la tua.
La lista di quello che mi era mancato in quei quattro anni era piuttosto lunga, ma ero tornata a casa, finalmente.
Non eravamo più a Roubi, ma a Perla. Non che cambiasse granché infondo visto che le strade e le case-albero erano pressoché le stesse ma la zona era più contadina.
Rivedere nonna Dana-Dana era stato come un fulmine a ciel sereno e durante il tragitto con i marines che ci scortavano, avevo pensato e ripensato a cosa dirle ma senza trovare mai le parole giuste. E neanche era servito dato che mi era corsa in contro per poi stritolarmi e lasciarsi andare a cuore aperto ad un pianto di sfogo.
Quattro anni.
Erano passati quattro anni da quel giorno al gran mercato che diede vita ad una escalation di tragedie e sciagure. L'amore di un famigliare mi era mancato come l'aria, aver ritrovato nonna mi faceva sentire amata ed al sicuro e nelle ultime due settimane non ne avevo mai abbastanza nonostante lei l'affetto lo dimostrasse in un modo burbero e tutto suo.
Non era cambiata di una virgola e fumava ancora la pipa come fosse una ciminiera; beh si, aveva qualche ruga in più ma i vestitini a fiori le donavano comunque.
Non si era fatta problemi a trollarci prima di accogliere Akki in casa come fosse nipote suo.
A me stava bene, voglio dire, io e Akki avevamo passato fin troppo tempo insieme quindi convivere con lui nella stessa casa non mi creava problemi.
Dopo due settimane dal nostro arrivo, ci eravamo ambientati abbastanza bene, creando perfino la nostra routine quotidiana in armonia con i ritmi di ognuno.
Anche Pelo aveva imparato a familiarizzare con quei due, mettendo da parte la sua diffidenza nei confronti degli umani; andava matto per il formaggio, ed ammetto di averlo viziato fin troppo in questo! Del resto lo meritava: anche Pelo non aveva avuto vita facile al Sanatorio essendo stato sottoposto ad esperimenti ai quali era riuscito a sfuggire.

E poi un bagno caldo, maledizione se non mi era mancato uno stramaledetto bagno caldo.
Avevo riempito la vasca con dell'acqua fumante alla quale avevo aggiunto abbastanza sapone da creare schiuma e bolle.
Mi lasciai scivolare in vasca, cullata dal tepore e rilassata dal buon odore di vaniglia.
Chiusi gli occhi e permisi alla mia mente di distendersi assieme ad ogni singolo muscolo.
Trascorsero dieci minuti buoni prima che potessi ridestarmi da quel piccolo paradiso.
Uscii e mi raccolsi in un grande asciugamano blu per guardarmi allo specchio: avevo sedici anni, quasi diciassette, e la pubertà aveva già bussato alla mia porta iniziando a regalarmi le prime forme, mi piacevo effettivamente! Non conservavo cicatrici per fortuna, ma solo le mie solite lentiggini che davano risalto agli occhi verdi. Dopo essere tornata nonna Dana-Dana mi aveva spuntato un po' i capelli, che per colpa dello stress e del buio si erano schiariti di qualche tonalità.
Mi rivestii indossando un paio di shorts ed una canotta a righe multicolor pima di scendere in salone.
Andando giù per le scale a chiocciola sentii dei rumori provenire dal retro, nel piccolo giardino steccato.
"Ti alleni ancora? Ma non ti stanchi mai?"
Non ricevetti risposta perché probabilmente era talmente concentrato che non mi aveva sentita.
Mi avvicinai, ripetendo la domanda con tono stufo e braccia conserte.
"Ovviamente! Devo diventare più forte, te l'ho detto! Il mare non perdona, Ari, non posso farmi trovare impreparato!" Disse mentre ripeteva una sequenza di ganci e calci.
"Ancora con questa storia di diventare un pirata, Akki! Bah."
Smise di muoversi, accorciando le distanze fra noi due. Mi si parò dritto a pochi centimetri dalla faccia.
Oh, per tutte le lische di mare: avvampai diventando color cremisi!
Akki ormai era prossimo ai diciotto anni ed era cambiato un botto dalla prima volta che lo avevo incontrato al Sanatorio. Aveva fatto crescere un po' i capelli, rimasti sempre del colore verde vivo della foresta, lo stesso dei suoi occhi. Le forme del viso avevano iniziato a plasmarsi in tratti gentili ma allo stesso tempo più mascolini ed adulti; stava lavorando anche ai muscoli accennando ad una parvenza di fisico asciutto ma scolpito ed era diventato più alto di me, ma non di troppo, solo di un paio di centimetri.
Posò le mani sulle mie spalle ed incastrò i suoi occhi dritto nei miei.
Potevo sentirne il respiro caldo sfiorarmi le guance: "Voglio vedere il mondo, non ho intenzione di restare in una gabbia per sempre, lo sai!"
"No Akki, i pirati fanno schifo!"
"Ari, smettila di fare di tutta l'erba un fascio!" Tolse via le mani ruotando gli occhi al cielo in segno di rassegnazione "Piuttosto, come va stamattina?" Disse voltandosi di nuovo verso di me.
"Mh, tutt...Tutto ok, ho già preso la medicina." Feci la vaga.
Si riavvicinò a me ma stavolta per darmi un pizzicotto sulla guancia: "Ahia!"
"Guarda che ti ho sentita stanotte, ti ricordo che dormiamo nella stessa stanza, scema-lentiggine!" Ringhiò furbo con un sorriso sornione.
Alzai le mani per arrendermi e sbuffai come una bambina...cavolo, pensavo dormisse!
"Il solito, non riesco mai a dormire bene, le immagini di quelle follie vengono a trovarmi ogni notte."
"Ari voglio che tu sappia che io sono qui per te, sempre." Affermò prendendomi per mano. Un gesto che mi fece sentire tutta la sua vicinanza ecomprensione.
Dominava la roccia, ma le sue mani erano sempre morbide e calde.
Chiunque avesse vissuto nel piano di sotto veniva devastato, privato della propria identità e dato in pasto ai mostri, letteralmente.
Vivere per quasi due anni in quella cella, con nient'altro che urla di folli allucinati e incubi vividi e terrificanti, aveva sgretolato la mia sanità mentale. Faticavo a dormire per la paura, per il panico, sembrava che tutto quel passato da seppellire tornasse a prendermi ogni notte per tascinarmi all'inferno.
Ero tornata, ma ero a pezzi. Pezzi talmente piccoli da non poter essere sistemati.
Cercavo di non far pesare a nessuno il mio stato, ma nonna ed Akki erano dispiaciuti di sapere come mi stava andando. Ci provavano, davvero, loro ci provavano con tutto il cuore ad aiutarmi, ma io non trovavo pace neanche con i calmanti.
Avevo scoperto pochi giorni prima che il Dottore e Lenora ed alcuni dei loro seguaci erano riusciti a sfuggire alla Marina, la quale aveva aumentato le taglie sulle loro teste.
Conoscendo il loro modo di pensare, sapevo per certo che sarebbero tornati a prenderci per vendicarsi visto che gli avevamo rovinato tutti i piani.
Per di più, dopo quel tremendo elettroshock non riuscivo più a sentire le cose e le persone, ero costretta dal bracciale di agalmatolite per evitare di assorbire l'energia di tutte le cose.
Questo si sommava al senso di colpa, perché io non avevo dimenticato che per causa mia la mia famiglia era stata uccisa. Sapermi di nuovo sull'isola di Gold, vicina a loro, mi metteva agitazione, peggiorando le cose.
Non riuscire ad utilizzare i miei poteri mi frustrava: mancava una parte di me, una parte di me che aveva lottato e cercato un senso alla propria esistenza, una parte di me che non era ancora riuscita a farsi valere e redimersi.

Ariadna! {Trafalgar Law}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora