Capitolo 1

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Era la solita giornata da cielo scuro e nuvole cariche di pioggia. Sulla mia testa si facevano strada dei cumulonembi da paura. Sembrava che più mi avvicinassi all'edificio, più i tuoni rimbomassero sotto i miei piedi.
L'auto in cui mi avevano rinchiusa era vecchia e mal tenuta. Sarà stata una Chevrolet del cinquantaquattro. Sarebbe dovuta essere nuova, dato che era uscita in quegli anni ma i sedili mostravano il contrario. Graffi profondi nella pelle del sedile del conducente erano ben evidenti. Il foglietto sul parabrezza dell'auto segnava la data di scadenza dell'assicurazione: 1961. Sarebbe scaduta l'anno dopo. I miei pensieri stavano cambiando rotta ma decisi di concentrarmi di nuovo su ciò che dominava la mia mente in precedenza. Sapevo che il posto dove mi stavano portando era tutt'altro che un parco giochi.
Dicevano che me lo meritassi. Me lo ripeterono così tante volte che alla fine ci credetti anch'io.

"Siamo arrivati" annunciò la voce roca dell'uomo al volante. Scesi da quel catorcio maleodorante e mi sistemai il vestito a fantasia floreale che portavo di solito durante i viaggi con i miei. L'uomo che guidava prese il mio unico bagaglio e lo lasciò a terra con noncuranza. Alzai lo sguardo e lessi attentamente l'insegna della "scuola", o meglio, quello che sarebbe stato il mio inferno personale.

"Ohio state, Mansfield Reformatory"

"Buona permanenza. Oh, e ricordi, da qui non si esce se non si cambia." Indicò il cartello, scritto a mano, sul cancello del riformatorio che citava precisamente quelle parole, si levò il cappello in segno di congedo e tornò all'automobile, la quale lentamente lasciò il posto, abbandonandomi con quell'odore di asfalto bruciato e gas di scarico mischiati insieme. Una decina di guardie si fissavano tra loro in un silenzio inquietante. Erano disposte in due file e le loro uniformi si alternavano tra il grigio e il nero. Anche loro portavano cappelli come quello dell'autista.

"Che originalità." pensai.

Percorsi il lungo viale che conduceva a dei portoni enormi. Alla fine una guardia fermò il suo sguardo su di me e, senza muoversi dalla sua posizione con il mento rivolto verso l'alto, parlò a voce piuttosto alta, dato che la quiete che incombeva era ben evidentemente udibile.

"Nome e cognome, prego."

Roteai appena gli occhi e sospirai. Me lo avevano già chiesto un sacco di volte, prima di prelevarmi da casa con la forza.
"Emma Henderson." dissi infine.
L'uomo iniziò a sfogliare una lista che conservava ben ordinata in una cartellina alquanto grande.

"Signorina Henderson. Trovata." Annunciò chiaramente. "La accompagno verso l'entrata. Nella sua stanza potrà tenere lo stretto necessario. Il superfluo verrà sequestrato dalla Signora Gray e restituito alla fine dell'anno, se i voti di condotta saranno buoni e se i suoi comportamenti saranno stati costanti e rispettosi delle norme dell'istituto." Annuì dopo il suo discorso. Sembrava lo stesse ripetendo per la milionesima volta dato che il suo tono era piatto e le sue parole velocemente pronunciate.
Strinsi saldamente il mio bagaglio quando iniziammo a camminare. Ricordavo bene le ultime parole di mia madre. Tanto bene da voler soffrire di amnesia per poter dimenticare l'orrore di quella fatidica frase fatale.
Mi avrebbero sequestrato qualcosa sicuramente, ma non ero in vena di preoccuparmi di questo in quel momento. I miei passi riecheggiavano sull'asfalto duro e seguivo la guardia a sguardo basso, cercando di concentrarmi sul numero di passi che scandivano la distanza tra la sala di accoglienza e l'uscita. L'uomo sfoderò dalla tasca un mazzo di chiavi enormi e all'apparenza pesanti. Infilò la chiave più grande nella serratura e diede ben otto mandate. La porta cigolò ricordandomi un film horror che vidi con mio padre da piccola, una delle poche volte che eravamo riusciti ad andare al cinema. Dei brividi percorsero la mia schiena e mi leccai leggermente le labbra, seccate dalle urla di qualche ora prima. Il viaggio era stato stancante ma solo il rumore di quelle porte aperte pronte per essere richiuse dietro di me mi fece contorcere lo stomaco in un giro della morte. Varcammo la porta insieme e dopo il secondo passo l'uomo mi guardò fermando saldamente i suoi piedi a terra, come un perfetto marine.

"Buona permanenza, qui alla Mansfield Reformatory." e con quelle parole se ne andò a passo altezzoso.
Iniziai a camminare. Un rimbombo si diffuse nella sala. Doveva essere qualcosa come una reception, o meglio, un corridoio centrale per i nuovi arrivi. C'era una grande scritta che attirò la mia attenzione: front office. Pensai di dover andare lì prima di tutto, per venire a conoscenza degli orari delle mie lezioni da frequentare, il numero della mia cella e la routine generale. Bussai al vetro spesso e poco pulito, che nascondeva il viso scarno di una donna di mezz'età.

"Salve!" sembrò sobbalzare "Posso aiutarla in qualche modo?"

"In effetti..."
"Sí, grazie. Emma Henderson, primo anno qui ma ho lasciato dal terzo superiore."

"Oh, povera cara." Sembrò impassibile e cercai di non far comparire la mia solita smorfia che mettevo in mostra sin da quando ero piccola quando qualcuno non mi piaceva.

"Allora, i miei orari?" Chiesi con fare un po' sgarbato, impaziente, dettato solo dalla stanchezza di quel fatidico giorno.

"Ecco a lei, signorina Henderson, il suo orario interno. Le consiglio di sistemarsi subito in stanza, e accertarsi di essere presente alla prossima lezione. Al signor Allen non piacciono gli assenti cronici e alla signora Gray, la preside, ancor meno." Diedi ben poco peso alle sue parole mentre dondolavo la mia valigia per passare il tempo.

"Grazie." Risposi il più educatamente possibile, cercando di studiare la sua espressione.

"Camera 18, terzo piano, ultima stanza a destra." Continuò poi prendendo una rivista nascosta sotto una pila di scartoffie varie, di cui poco mi importava e a cui poco feci caso."Oh, e la sua uniforme scolastica deve andare a ritirarla in lavanderia al primo piano." Continuò senza più degnarmi di uno sguardo, masticando una gomma pregna dell'odore di qualche tabacco forte.

"Perfetto. Buona giornata." Presi i fogli sistemandoli piegati in due.

"Anche a lei e buona perm-"

"Sí, si, buona permanenza, grazie" risposi seccata e cercai le scale che conducevano al terzo piano. Mi chiesi perchè i miei avessero scelto proprio quella topaia come alternativa alla scuola e mi risposi da sola, come tutte le volte d'altronde.
Trovai le scale che mi avrebbero condotta al piano giusto. Non esitai un minuto per salire velocemente ogni gradino che mi avrebbe portata in un posto dove mi sarei sentita più al sicuro, appartata e nella mia privacy o almeno così speravo. Arrivai davanti alla mia camera e spalancai la bocca inorridita da ciò che mi si piantò davanti agli occhi. La porta era aperta, perciò non ci fu bisogno di spingerla di un millimetro. All'interno della camera, se così poteva essere definita, c'era un fastidioso odore di carta vecchia, proveniente da una libreria dall'aspetto antico e monotono.
La carta da parati era logorata da graffi e a tratti scollata dal muro. Feci un passo in avanti, muovendo lentamente i piedi che intanto dolevano nelle scarpe.
Notai subito una ragnatela che si diramava dal comodino al soffitto. Non potei d'altronde fare altro che chiudere semplicemente la porta e iniziare a guardarmi intorno.
Decisi di fare ciò che fanno sempre i superstiti di un naufragio o di un disastro aereo, quando arrivano in un isola sconosciuta: presi dalle tasche e dalla valigia tutto ciò che possedevo e cercai di dare un valore ad ogni oggetto, spiegando a me stessa a cosa mi sarebbe potuto servire.
Sapevo, però, che mi avrebbero sicuramente sequestrato la prima cosa che lì era vietata e l'unica che in quel momento contasse per davvero: la speranza.

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Ciao a tutti! Ho deciso di scrivere una nuova storia perché avevo troppa ispirazione durante questi giorni, spero che come inizio vi sia piaciuto e se volete chiarimenti chiedete pure! Continuo presto, promesso! Intanto, se vi va, leggete anche la mia altra storia, completa, On My Skin su Theo James!
Be Brave!
-Reb xx

Stolen ➳ Wattys 2016 WINNERDove le storie prendono vita. Scoprilo ora