Capitolo 10 - Chased

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"Emma!" mia madre corse da me, chiamandomi dopo tanto tempo che non la sentivo.

"Mamma.." ripetei senza parole. La vista di una persona che non vedevo da tanto tempo mi aveva a dir poco mozzato il fiato. Cameron mantenne un'espressione sorpresa, con gli occhi curiosi e desiderosi di conoscere le conseguenze di quel rincontro.

"Tesoro siamo qui, sia io che tuo padre. Come hai potuto farci stare in ansia per così tanto tempo? Sei sparita per mesi. Il Mansfield Reformatory ti-.. vi cercava" si bloccò notando per la prima volta Cameron. Si sistemò come da copione i capelli dietro le orecchie e continuò a parlarmi tornando a guardarmi negli occhi "da un'eternità. Ora però è tutto risolto. Ti abbiamo trovato un ottimo avvocato e-" la interruppi subito.

"Mamma, come hai potuto mandarmi in un posto come quello? Non hai nemmeno ascoltato la mia versione dei fatti e ti sei rivolta alle autorità così presto, come posso perdonarti per una cosa del genere?" la voglia di sfogarmi e urlare cercava di avere il sopravvento su di me ma per fortuna non accadde.

"Piccola mia, non immagini nemmeno quanto io e tuo padre ci sentiamo in colpa in questo momento. Non sapevamo che posto fosse il Mansfield Reformatory ma ora ne siamo al corrente e abbiamo ascoltato tante versioni di fatti di tutti i ragazzi che ti difendevano al processo di mesi fa, devi darci la possibilità di farci perdonare, lasciati aiutare." sussurrò accarezzandomi la guancia con gli occhi lucidi che minacciavano di traboccare. Io invece non piansi, non mostrai nemmeno il mio stato d'animo a dir poco instabile che ciondolava tra lo svenire e l'urlare a pieni polmoni.

"Signora Henderson," un poliziotto si intromise richiamando mia madre "dobbiamo iniziare." lei annuì velocemente, asciugandosi le lacrime e raggiungendo mio padre. Lasciò noi due al primo banco, dandoci la possibilità di guardarci negli occhi per il tempo necessario per attraversare le ore più difficili della nostra vita.

"Insieme." mi sussurrò e annuii senza rompere il contatto visivo. Volevo baciarlo con così tanta forza da magari far male ad entrambi e lasciare i segni di baci violenti che avrebbero riportato alla memoria, in seguito, la remota presenza dell'altro. Il mio nome pronunciato stavolta dal giudice, riportò la mia attenzione all'aula e alla situazione.

"Emerald Henderson." nessuno mi chiamava così da quando avevo otto anni. Davo il permesso solo a mia nonna di usare il mio vero nome, condividendo lo stesso. Cameron mi guardò sorpreso, con un mezzo sottile e stanco sorriso.

"Emerald. Mi piace." mormorò senza aggiungere più altro in quel momento.

"Lei è stata accusata di omicidio. Se colposo o doloso dovremo ancora deciderlo. Dal precedente processo siamo venuti a sapere che la vittima si chiamava Carter Smith." lo stomaco mi si restrinse e chiusi gli occhi anche se le visioni non si presentavano più nello stesso spaventoso modo di mesi prima. "Il cinquanta percento dei testimoni della scena afferma che ciò che ha fatto è stato un semplice sbaglio ma l'altro cinquanta percento la accusa di essere una piromane. Cosa ha da dire a sua discolpa?"

"Giudice, mi permetta di parlare al posto dell'imputato." l'uomo che mi faceva da avvocato interruppe il mio respiro iniziale prima di parlare. "La signorina Henderson tecnicamente non ha sfiorato la vittima. Il motivo della morte, purtroppo prematura, del ragazzo non è di certo stata voluta da questa ragazza." il linguaggio povero dell'avvocato mi fece venir voglia di tirarmi i capelli. Volevo solo difendermi da sola. "Pertanto giudice, non si può definire doloso un omicidio nemmeno programmato."

"Carter Smith è morto per mano di questa donna. Non è più una ragazza. Nel tribunale di Mansfield lo sarà stato ma qui è una donna, niente di meno. Signor Urban la domanda era rivolta alla signorina Henderson, in ogni caso." il signor Urban si sedette a disagio, allargandosi appena il nodo alla cravatta che pareva opprimerlo. "Signorina?" un cenno della mano del giudice mi diede la libertà di parola mentre sentivo sussurri dei miei genitori, tra loro, preoccupati di come sarebbe finita con un avvocato poco preparato.

"Sì. Vi confesso che quella sera non sapevo cosa mi aspettasse. Sono stata ingenua e ho sbagliato ma le mie intenzioni non avevano secondi fini di alcun genere. Le mie mosse poco intelligenti mi hanno fatto passare conseguenze, a mio parere, però esagerate. Nemmeno un'anima dannata meriterebbe di albergare in certi posti. Alcuni oscuri angoli di questo mondo non dovrebbero nemmeno esistere."

"Non siamo in un romanzo cult o rosso, per favore dica le cose così come stanno senza girarci attorno." sospirai. Parlavo solo come sempre, non sapevo di utilizzare parole che aggirassero troppo il fulcro dell'argomento.

"Mi scusi." ebbi quasi l'impressione di arrossire ma la mezza risatina soffocata di Cameron mi diede un po' di forza per andare avanti con il mio discorso.

"Signor Dallas, ha veramente così tanto da ridere anche durante il giorno in cui il suo futuro potrebbe cambiare?" il giudice assottigliò gli occhi.

"La gente dice sempre: sorridi anche se tutto va male. Poi siete i primi a smentirvi. Se noi pazzi siamo poco normali voglio capire cosa voi, gente apparentemente innocente, siete." scosse la testa mantenendo quel sorriso. Un uomo stava mettendo al verbale anche i discorsi più banali.

"Dicevo," continuai a parlare, cercando di distrarre il giudice dal caratterino irritante di Cameron. "quella sera andò così: gli ho buttato il drink addosso e poi lui ha pestato la mia unica sigaretta a terra. Tutto poi è successo per mezzo della chimica. Ha messo un piede sulla sigaretta e.. non c'era già più." guardai il vuoto avendo di nuovo la scena davanti. Il giudice si girò verso i ministri che intanto guardavano me e Cameron con occhiatine più confuse e curiose che impaurite. Il tutto andò avanti per fin troppo tempo finchè non decisero di esaminare il caso di Cameron, che a differenza del mio sarebbe stato molto più grave da affrontare. Il verdetto e le sentenze sarebbero stati emanati alla fine del processo.

"Cameron Alexander Dallas." il suo nome pronunciato per intero faceva tremare le mie ossa per quanti ricordi mi riportava alla memoria. "Accusato di omicidio doloso." Cameron annuì e basta, dondolandosi quasi sulla sedia. "Quattro omicidi per l'esattezza."

"Quattro? Sentite, già è tanto che confesso che ne ho ammazzate tre, non datemi colpe che non sono mie." corrugò la fronte. Io rimasi in silenzio come lui durante l'ultima parte del mio processo.

"Timmy, Annabeth, Charles, Demetria, ti dicono niente?" l'ultimo nome mi fece portare una mano sulla bocca.

"Tutti tranne l'ultimo. Non ho ucciso nessuna Dem-.. aspettate. Demetria Gray?" sussurrò.

"Sì, lei per l'esattezza signor Dallas. La sua ultima vittima, ricorda?" il tono quasi indignato. Cameron non aveva ucciso la Gray. Erano stati Harry e Faith ma sapevo cosa stesse per accadere

"Giusto." si limitò a dire Cameron. "Ho ucciso anche Demetria Gray. Con le mie stesse mani." lo guardai sbalordita ma mi scossi per non dare nell'occhio e mantenni un'espressione calma.

"Da come lo dice pare ne vada fiero." disse uno dei ministri ai lati delle spalle del giudice. Una donna a testa alta, bassa e una voce irritata tanto quanto irritante.

"Al contrario, ministro, me ne pento amaramente perchè data la mia presenza qui, non vedo motivo di compiacermi dell'atto." Rispose Cameron. Nella sala si alzò un brusio di proteste.

"Silenzio in aula!" il giudice battè un paio di volte il martelletto. Il ministro assottigliò gli occhi verso la figura di Cameron.

"Giudice, se posso intromettermi, io e mio marito abbiamo mandato nostra figlia in un istituto di correzione pensando di fare la cos giusta ma abbiamo sbagliato dal principio. Emma è innocente, fino a prova contraria." mia madre era in piedi con il viso rigato di lacrime.

"Signora Henderson le posso dare almeno una decina di prove se ques-"

"Silenzio." una figura alta entrò a passo veloce in aula. Il cappuccio che portava copriva il suo volto ai lati ma avrei riconosciuto quella voce ovunque, una volta sentita nella mia vita.

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Buon weekend!

Domandina: Nome e età?

Io sono Rebecca, come già sapete haha, e ho sedici anni

-Reb xx

Stolen ➳ Wattys 2016 WINNERDove le storie prendono vita. Scoprilo ora