Ero seduta su una sedia polverosa, accanto alla piccola pila di sedie del Master, che troneggiava sulle altre postazioni, e guardavo i ragazzi giocare. Non capivo nulla. C'erano tanti dadi, a volte si facevano dei calcoli, a volte si esultava ed altre ancora si imprecava.
Ma i giocatori sembravano come trasferiti in un'altra dimensione, come se le loro menti e i loro cuori appartenessero realmente ai personaggi. Mi sembrava meravigliosa la prospettiva di cambiare realtà, di evadere dal mondo grigio in cui siamo costretti a risvegliarci ogni giorno e vivere delle vere e proprie avventure, potendo scegliere chi e cosa essere. Così il tempo passò rapidamente, e mi ritrovai il cuore coinvolto nella campagna. Eddie era una abilissimo Master.
Mancava solo un ultimo tiro per scoprire se sarebbero riusciti a sconfiggere Vecna.
Calò il silenzio.
In lontananza, il suono profondo dei tamburi della banda sbatteva su ogni parete e su ogni porta, seguendo una traiettoria ben precisa; per raggiungere, stanco ed indebolito, le nostre orecchie drizzate dall'attesa dell'ultima rotazione del D20.
L'attenzione di tutti era riservata a quel punto ben preciso del tavolo, dove il dado di Erica stava facendo la sua danza. Bocche socchiuse, sopracciglia inarcate. Alcuni strizzarono gli occhi, altri portarono preventivamente una mano alla bocca.
E poi, un urlo.
"D20 NATURALE!"
Un coro di grida esaltate riempì immediatamente l'aula. Tutti i giocatori saltarono sul posto, e giù di pacche sulle spalle e risate fragorose. La campagna era stata conclusa con successo. Eddie, già in piedi sulla sua postazione, si piegò verso di noi e spalancò le braccia in un lento inchino compiaciuto. I suoi occhi, però, guardavano me. Potevo sentirli fissi sulla mia anima, come fossi un amuleto portafortuna da ringraziare. Chiuse la scena con un sorrisetto e saltò giù dal trono, per unirsi ai festeggiamenti degli altri.
"Spero non ti sia sentita fuori luogo stasera, Lena" Camminando nel parcheggio, si rivolse a me, con degli occhi da cucciolo, in attesa di una rapida smentita. "Assolutamente, anzi, vedervi così appassionati nel gioco mi ha incuriosita parecchio. Non avevo mai assistito a niente del genere" mi affrettai a rispondere. Lui sorrise e corse verso la macchina, ad aprire di nuovo la portiera. Non mi aveva minimamente infastidito, stavolta. "Avrai fame, posso prepararti qualcosa. Ti va di venire a casa mia per festeggiare? Ho un modo parecchio originale per farlo". Subito i miei pensieri si fecero paranoici, ma decisi che avrei provato a godermi quella serata, perché stava andando tutto inaspettatamente bene. Feci di sì con la testa e, come se fosse l'inizio di una gara, l'Alfa di Eddie sgommò via.
"I left alone, my mind was blank
I needed time to think
To get the memories from my mind
What did I see? Can I believe?
That what I saw that night was real and not just fantasy?"
Eddie scuoteva la testa a ritmo di Iron Maiden, mentre io guardavo il paesaggio scorrere dal finestrino. Ormai era buio, attorno alla carreggiata c'era solo campagna, e le uniche luci che illuminavano i dintorni erano quelle della sua auto. Improvvisamente, svolta a destra ed imbocca una strada sterrata. "Bene, sapevo che sarebbe andata a finire così, va a fidarti delle amiche..." pensai, irrigidendomi sul sedile. Lui sembrava così preso dalla musica che non si accorse di nulla, mentre io posizionavo le mie chiavi di casa tra le dita, per creare una sorta di tirapugni improvvisato. Aspettai, non so nemmeno io cosa. Tesa come una corda di violino, perché in quei casi non puoi fare altro. Tirai un sospiro di sollievo quando, attraversata la campagna, entrammo in una rimessa di camper. Eddie calcò il piede sul freno, sollevando una nuvola di terreno tutto attorno. "Siamo arrivati".
"Stava per andarti piuttosto male stasera, Munson." scherzai sollevata. Lui si bloccò di colpo, si girò a guardarmi e mi venne incontro deciso. Il rumore dei suoi passi sulla ghiaia si faceva sempre più vicino, mi si fermò proprio di fronte al viso. Non ci separavamo che una decina di centimetri. Affondò i suoi occhi nei miei, prendendo la mia nuca con la mano e tirandomi delicatamente in avanti:" Non ti farei mai del male, Lena". Ero pietrificata. Il suo tono autoritario mi aveva immediatamente fatto sentire in colpa per aver pensato male delle sue intenzioni. Mi sentivo come una bambina che era stata appena rimproverata, che strana sensazione... quasi piacevole.
Eddie si era fiondato in casa, così lo raggiunsi e restai sulla porta a guardarlo frugare tra gli scaffali. "Cosa stai cercando?" feci qualche passo in avanti, con le mani dietro la schiena, incuriosita. "Erba, ragazza. Diamo inizio ai festeggiamenti" mi rispose la sua testolina riccioluta tra uno scaffale e l'altro. La prospettiva di fumare insieme non mi dispiaceva per niente, per me l'erba era ormai un'abitudine, non avrei mai potuto rifiutare.
Mi piaceva fumare, avevo un rituale tutto mio, era come se l'erba fosse una dea da venerare. Era pura magia: scegliere la cima, passarla nel grinder, mentre l'odore già si spargeva nella stanza e penetrava le narici. Per non parlare poi, della sacralità dei gesti del rollare: preparare la mista, mescolando delicatamente l'erba al tabacco tra i polpastrelli, versare l'odoroso risultato nella cartina e girare tra le dita per ottenere una conica e perfetta canna.
Dieci minuti dopo, eravamo seduti sul pavimento, circondati da una leggera nebbiolina profumata, a disegnare cerchi col fumo, ascoltando Sultains of Swing. Le note di quella chitarra fecero subito effetto su Eddie, che prese a mimare l'assolo in maniera piuttosto verosimile, mentre teneva lo spinello tra le labbra. Io mi ero tuffata in una lattina di birra scadente, cercando di non perdere di vista le mani di quel ragazzo che si stava dimenando affianco a me. Ci alzammo a ballare, poi ci raccontammo delle nostre vite, delle nostre passioni. Non c'era mai silenzio, cercavamo di riempire gli spazi vuoti con le risate. Mi accorsi che il tempo passava abbastanza velocemente in sua compagnia, mi faceva divertire in un modo talmente genuino che sembrava ci conoscessimo da anni. La nostra alchimia era qualcosa di estremamente naturale, stavamo assecondando quella forza magnetica che ci voleva sempre più vicini, sempre più uniti. Ci lasciammo andare sul tappeto, spalle contro il divano, con gli spiriti in pace.
"Quando vuoi, bambina, posso rifornirti io da ora in poi. Anzi, mi offenderei se sapessi che fumi la roba di qualcun altro" disse con aria infastidita. "Ah quindi è vero che sei uno spacciatore! Mi stavo proprio chiedendo come facesse un ragazzo che ha scelto di non andare al college a mantenersi da solo in questa splendida reggia" mi piaceva prenderlo in giro. "È la roulotte di mio zio, vivo con lui da quando sono scappato di casa". Avrei voluto saperne di più, ma non osai forzarlo. "Sai, Lena, mi sembra come se ti conoscessi già. So che è prematuro dirlo, ma sento che posso fidarmi di te, so che non mi giudicheresti. È una sensazione che raramente ho provato nella mia vita. Mi sono sempre sentito strano, fuori luogo, come se non avessi "miei simili", non so se mi spiego; ma tu mi permetti di essere me stesso e questo mi fa sentire davvero a casa. Sono settimane che passo dal negozio di Barbara, che mi fermo ad aspettare, nella speranza di vederti entrare. Da quando un giorno ti vidi saltellare sotto il sole, con un vecchio walkman in tasca e un vinile di Bowie sotto il braccio, non ho fatto altro che desiderare di conoscerti." Quella confessione mandò in frantumi quello che restava del muro che avevo creato per difendermi dagli uomini. Eddie, il ragazzo che mi sembrava così impenetrabile, un po' spaventoso, nascondeva invece un animo gentile e sensibile. Lo percepivo come un bambino cresciuto troppo in fretta, abituato ad isolarsi, a creare mondi immaginarsi dove potesse sentirsi accettato. E quel bambino solo mi aveva appena detto che aveva trovato il suo posto nel mondo. Con gli occhi lucidi mi spostai più vicina a lui, fianco contro fianco, e gli presi la mano. Restammo seduti a fissare il muro, ascoltando gli Smiths.
"Oh please don't drop me home
Because it's not my home, it's their home
And I'm welcome no more"
-Spazio Autrice- Nuovo mini capitolo, che ne pensate? Ho sempre immaginato Eddie come una persona estremamente sensibile, essendo lui un outsider. In questa parte infatti mi sono concentrata sul rendere al meglio il lato emotivo del suo personaggio in relazione al primo appuntamento. Non ho voluto tagliare quella piccola digressione sulla mancata fiducia di Lena nei confronti degli uomini, la paura delle strade buie, di stare in macchina con un ragazzo appena conosciuto, di poter diventare una vittima, proprio perché è un tema tanto attuale quanto ignorato. E vorrei che questa storia fosse verosimile, non il classico frutto della pura immaginazione romantica. Come sempre, segnalatemi eventuali errori di grammatica, sintassi, battitura ecc. <3 Alla prossima.

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𝐔𝐧𝐚 𝐬𝐨𝐥𝐚 𝐬𝐞𝐭𝐭𝐢𝐦𝐚𝐧𝐚
Fanfiction"Non ho mai creduto nelle mie capacità, non so neanche se le ho, tutte queste grandi capacità". Lena ha solo ventun anni e non si sente mai soddisfatta. Il suo modo passivo di vivere, la porta ad un casuale incontro con un ragazzo eccentrico che sco...