"Cazzo Lena" Era arrabbiato. Poi disperato. "Io ho bisogno di te in questo momento" La voce rotta di Eddie faceva eco nel telefono, mentre io cercavo di guidare senza morire, nonostante le lacrime mi appannassero la vista. "Non posso più farlo, Eddie. Non posso più occuparmi di te, devo pensare al mio bene" Mi esprimevo a singhiozzi, in uno stato di chock, con due ore di sonno alle spalle e i ricordi della notte precedente ancora vividi nella mia memoria. "Sei scappata. Te ne sei andata senza neanche salutarmi, senza darmi spiegazioni". Mi sentivo una codarda. E lo ero. Lo sono sempre stata. Al telefono, severo: "Lena, fermati. Adesso ti raggiungo"
Il terrore mi fece raggelare il sangue e urlai con tutte le mie forze, la voce straziata dal dolore: "NO! Ti prego no! Non posso più, non ce la faccio più".
Avevo paura di lui, anche se non mi aveva mai fatto del male fisico. Volevo solo che mi lasciasse in pace. Volevo solo che si arrendesse, che mi lasciasse andare.
"Ho bisogno di stare da sola" tirai fuori una calma piatta, come se avessi disabilitato il mio lato umano, ma le lacrime continuavano a sgorgare: "Devi lasciarmi sola. Lo so che stai soffrendo, lo capisco, ma io devo pensare a me. Io ho molto più bisogno di me, di quanto ne abbia tu. Non chiamarmi, non scrivermi, non venire a casa mia. Rispetta il mio silenzio, per favore, se hai ancora un po' d'amore per me"
"Ma io come faccio senza di te?"
Quelle parole mi tagliarono. Era stato il mio ragazzo, il mio migliore amico, il mio amante e il mio bambino. Lo immaginai per un attimo, seduto sul letto con gli occhi gonfi, che mi guardava come per chiedere aiuto: "Non abbandonarmi". Scacciai subito quell'immagine dalla mente; la mia percezione era sbagliata. Lui era un uomo adulto, non un bambino bisognoso. E mi aveva fatto del male. Dovevo difendermi. Stavo facendo la cosa giusta.
〜
Il sole di Maggio scaldava i volti dei passanti annoiati in quel Martedì così monotono. Ero arrivata a lavoro sbadigliando, con i capelli arrotolati in un malconcio chignon e gli occhiali da sole per coprire le occhiaie che la notte precedente con Eddie mi aveva regalato. Quella mattina lui mi aveva preparato un bel quantitativo di caffè, stavolta americano, che aveva versato in un thermos verde pallido. Con le braccia conserte, poggiate sulla scrivania, e il mento che vi affondava dentro, guardavo quel thermos con aria sognante.
-Chissà cosa avrà in mente per questo quarto appuntamento-. Mi aveva chiesto di farmi trovare pronta per le 21, quindi avrei avuto tutto il tempo per prepararmi dopo il lavoro. Il campanello del negozio segnalò un ingresso, lo ignorai volutamente. Alla radio passavano per lo più canzoni pop, ma, per mia fortuna, in quel momento si sentivano le note di Roxane dei Police.
"Mi scusi, signorina, vendete anche roba utile o..." La voce di Eddie mi riportò alla realtà. Saltai il bancone per andare ad abbracciarlo. "Che ci fai qui, non spacci la mattina?", chiesi provocatoria. Lui sgranò gli occhi e si guardò attorno, e per fermare le mie risate, mi costrinse la faccia sul suo petto. Che profumo di pulito. Indossava una maglia dei Metallica, tagliata corta, che lasciava libera la scena alla cintura nera borchiata, decisamente eccentrica. I suoi capelli erano sempre liberi e disordinati, esattamente come lui. La bandana penzolava dalla tasca posteriore dei suoi logori jeans neri. Arrossii al solo ricordo. Per fortuna Barbara era uscita per delle commissioni, se no lo avrebbe tempestato di domande da mammina.
"Ho trovato il tempo tra una consegna e l'altra" rispose facendomi l'occhiolino. Poi si frugò nello zaino e ne tirò fuori due pezzi di carta. Saltò a sedersi sul bancone e io mi intrufolai tra le sue gambe, guardandolo con curiosità. Mi agitò i biglietti davanti al naso: "Iggy. FOTTUTO. Pop". Afferrai i biglietti incredula, dopodiché il negozio vuoto si riempì di gridolini. "Ma che cazzo, non ci credo! Non ci credooo! Grazie, Eddie, grazie mille!" E sul serio non avevo altre parole. Lui si lanciò dal bancone e gli saltai in braccio. Mi baciò con trasporto. "Allora passo a prenderti stasera alle nove". Lo salutai con la manina mentre si chiudeva la porta alle spalle. Mi portai i biglietti al petto: adoravo il modo in cui mi trattava. Mi faceva sentire desiderata, mi faceva sentire bellissima.
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𝐔𝐧𝐚 𝐬𝐨𝐥𝐚 𝐬𝐞𝐭𝐭𝐢𝐦𝐚𝐧𝐚
Fanfiction"Non ho mai creduto nelle mie capacità, non so neanche se le ho, tutte queste grandi capacità". Lena ha solo ventun anni e non si sente mai soddisfatta. Il suo modo passivo di vivere, la porta ad un casuale incontro con un ragazzo eccentrico che sco...