Piano piano mette una mano nella sua tasca e tira fuori una pasticca.
<Devi dargli solamente questa pasticca. La apri e la fai sciogliere nell'acqua o con quello che ti pare. Lui la beve e morirà, tranquilla risulterà come un infarto.> sogghigna.<Sappiamo tutto di te...non vorresti che paparino venga preso e che ne so, lasciami pensare...Oh! Si...che venga investito mentre va a lavoro...>
<L-Lascia...fuori m-mio padre...> sussurro flebilmente.
Thompson mi accarezza la testa, mi scanso subito tornando a guardare il vuoto.
<Va bene, allora sai cosa devi fare.>Si protende di poco e posa una pasticca vicino ai miei piedi. La fisso e il mio unico pensiero è che mi sento così manipolata e sporca. Che non voglio avere niente a che fare con tutta questa storia.
<Rivestiti e vattene da qui e se ti chiederanno che cosa ti è successo beh...dì che sei caduta dalle scale, altrimenti sai cosa ti attende.> continua ed ecco che poi finalmente lo vedo allontanarsi e andare via.
Una volta rivestita, afferro quella maledetta pasticca.
In seguito non so nemmeno io con quale forza ma esco da quel posto.Arrivata a casa corro verso il bagno e vomito nel wc mentre piango. Dopodiché vado verso il cassetto del comodino del bagno e da esso tiro fuori una confezione di pillole del giorno dopo.
Ne afferro una e subito me la porta alla bocca, bevo un sorso d'acqua dal rubinetto e ingoio.
Le mie mani non smettono di tremare, così le poggio sul bordo del lavandino.
In seguito inspiro profondamente sperando di riuscire a trovare un po' di coraggio per guardarmi allo specchio, ma quando lo faccio tutto ciò è troppo da reggere.Lo distolgo subito. Non ci riesco.
Avvicino una mano alla mia bocca e in un attimo mi spoglio dalle mie vesti.
Riempita la vasca con difficoltà ci entro sedendomi.Porto le ginocchia al mio seno.
Fisso il vuoto, mentre lascio il getto d'acqua scorrere per tutto il mio corpo.
Chiudo gli occhi ma nel farlo rivedo tutto quello che mi hanno fatto...quello che hanno detto.Stringo di più le braccia attorno alle mie ginocchia.
Il respiro si fa sempre più affannato, i miei occhi sono spalancati e urlo straziante esce dalla mia bocca facendomi vibrare come non mai le corde vocali.
La vergogna, la frustrazione il mio sentirmi patetica e inutile stanno prendendo il controllo di me.Infilo le mani fra i capelli non riuscendo a smettere di urla e piangere.
Un pianto che mi lascia sempre di più vuota e rotta al tempo stesso.
La spugna galleggia vicino alle mie gambe, così la prendo mettendo il bagnoschiuma.
In un attimo con forza comincio a passarla lungo tutto il mio corpo...soprattutto nella mia intimità.Continuo fino a quando non vedo la mia pelle arrossarsi sempre di più, fino a quando non sentirò le loro mai su di me.
Finito di fare il bagno esco dalla vasca.
Con delicatezza mi copro con un accappatoio e arrivo in camera mia, lasciandomi andare di lato sul letto rannicchiandomi.Faccio andare una mano sulla mia intimità coperta, come a proteggerla.
Quello che vorrei fare è prenderli uno alla volta e rovinargli la vita, eppure non posso fare niente.
Non posso denunciarli alla polizia altrimenti uccideranno mio padre.Tuttavia non voglio fargliela passare liscia.
Devono soffrire, devono provare quello che ho provato io. Così nonostante sia allo stremo delle mie forze decido di alzarmi da questo letto, di vestirmi e di truccarmi coprendo alcuni lividi.Prese le chiavi mi avvicino allo specchio.
Non voglio farli vincere così con difficoltà mi guardo, sistemandomi il colletto del maglioncino.
Resto immobile a osservarmi dalla testa ai piedi e in testa mi ripeto che non è finita qua.
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𝑻𝒉𝒆 𝒎𝒂𝒅 𝒎𝒂𝒏
ChickLitEva Mills, laureata da poco decide di lasciarsi il passato alle spalle. Si trasferisce a New York, la città delle opportunità per inseguire uno dei suoi più grandi sogni e diventare psichiatra. Riesce a trovare lavoro in uno dei penitenziari più con...