𝙸 𝚌𝚊𝚖𝚎 𝚊𝚕𝚘𝚗𝚐

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L'Inarizaki è la mia casa, il mio porto sicuro in cui mi sono rifugiato con Atsumu un anno fa, quando nostra madre è venuta a mancare da un giorno all'altro. È la mia eredità, tutto ciò che mi rimane dal momento che ho preso piede tra queste mura che mi soffocano senza tregua.

È dura fare tutto da solo.

So che potrei dividere il mio potere con Atsumu, perché è sempre stato lui ad avere fegato, anche un po' di impulsività che non fa mai male, ma gli ordini sono stati altri.

Io dovevo prendere il posto di mia madre, non Atsumu. Io ho dovuto tirare su il nostro rifugio per donne, bambini e uomini fedeli all'Inarizaki.

Mi sono fatto in quattro per mantenere la pace, ho preso ogni contatto con gli altri distretti e ho cercato di stringere dei rapporti duraturi, prima di rendermi conto che c'è una falla nel sistema, per colpa di un fottuto sicario che sta facendo piazza pulita dei miei più stretti collaboratori del porto. Non me ne frega un cazzo che li uccide, possono avere pure una famiglia che li aspetta a casa, ma nessuno può levarmi il carico di merce e di droga che mi spetta mensilmente, perché qualcuno al di sopra di me e i distretti ha deciso che deve farci dei dispetti come i bambini all'asilo che non vogliono farti giocare con il tuo migliore amico.

Apro il portone del garage, mi sfilo le pistole dalle tasche e le appoggio sul tavolino, davanti a una guardia, che con la coda dell'occhio richiama qualcuno sul fondo.

Mi sfilo la giacca, l'appoggio su una sedia.

Sospiro piano, prendo l'accendino e le sigarette. Ne appoggio una tra le labbra, avvicino la fiamma alla punta e inspiro piano, sotto lo sguardo della guardia, che non dice niente, ma rimane fermo con la mia giacca e le pistole in un angolo, in uno strano modo ordinato che mi dà sui nervi.

«Chi l'ha preso?»

«Il russo del Nekoma, appena una settimana fa.» Risponde la guardia, che incrocia le braccia sullo stomaco, mi guarda ancora. «Ci sarà il suo capo ad occuparsene, il russo si deve sposare con il piccoletto, non hanno molto tempo per queste cose.»

«Yaku? Quello che aveva fatto rapire Satori anni fa?»

«Si, esatto.»

Intravedo un'ombra uscire dal fondo, è Tetsuro Kuroo. Il vicecapo del Nekoma, il ragazzo che chiama micetto l'erede e con cui ha una relazione da almeno una decina d'anni.

Non lo conosco molto bene, ma ho sentito un sacco di racconti su di lui. È bravissimo nel combattimento corpo a corpo, quasi quanto il russo, se non fosse che la maggior parte delle volte si occupa di fare da bodyguard al marito o ad accompagnarlo alle aste per farlo contento.

Qualcuno lo chiama "il cagnolino di Kozume", io preferisco definire questo come un atteggiamento di devozione. L'ho visto spalmarsi addosso a Kozume alla festa di compleanno di Shoyo Hinata, due settimane fa, senza alcun problema, come se fosse normale per due persone importanti come loro essere liberi, in un mondo come il nostro.

Io dico che sono furbi, fin troppo. La quantità di droga che produce il Nekoma è abominevole, ma è la migliore sul mercato. Per quanto ne so, ne hanno risentito parecchio dalla comparsa di questo sicario, ecco perché hanno deciso di collaborare con noi per catturarlo.

Tetsuro avanza verso di me, con le mani nelle tasche dei pantaloni neri, il ciuffo che ricade sull'occhio, sul viso un semplice sorriso complice che sembra dire eccoci qui come ai vecchi tempi, quando si era messo d'accordo con Atsumu e il Karasuno per uccidere Ukai con Nekomata. La camicia nera semiaperta lascia spazio all'immaginazione, con l'ombra di sembri rossi e graffi all'altezza della clavicola, da cui riesco a intravedere il piccolo tatuaggio con i due corvi.

☽ 𝗳𝗼𝘅𝘆 ᵒˢᵃˢᵘⁿᵃDove le storie prendono vita. Scoprilo ora