𝚆𝚑𝚊𝚝 𝚊 𝚝𝚑𝚒𝚗𝚐 𝚝𝚘 𝚑𝚊𝚟𝚎 𝚍𝚘𝚗𝚎

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Sono passati appena quattro giorni, ma è già un inferno.

Rintaro sta seduto in camera a vedere la tv, non mangia quasi mai, a meno che non esca di casa e lo lascio da solo con Charlie, il mio cane, che Atsumu mi ha regalato per il nostro compleanno appena un anno fa.

Stanno sempre assieme, credo che... a Charlie piaccia la sua compagnia.

Rintaro non parla molto, a malapena mi guarda quando gli porto la cena in salotto.

Non lo biasimo, non sono stato di ottima compagnia.

Lo tengo rinchiuso in casa, dopo avergli ricordato che se provasse a scappare lo troverei in meno di un'ora. È il mio lavoro, è quello che mi ha detto Tetsuro che devo fare, io non posso oppormi in un mondo che mi mangia vivo e che mi fa così schifo da fingere di essere chi sono.

Sono dietro al bancone, cucino un po' di riso. È sera tarda, il salmone è sulla padella, il riso ancora in pentola, le mie mani vagano tra i cassetti, i cucchiai e l'occorrente per fare dei roll di sashimi.

Amo la cucina giapponese, ogni volta che posso distaccarmi dal distretto mi concedo questo piccolo momento di pace. Di solio, siamo io e Charlie, ma da oggi non vale più questa regola.

Rintaro è appoggiato con la schiena al bracciolo del divano, tiene le gambe strette al petto, con un pigiama verde acqua fin troppo largo per la sua taglia. So che le mie guardie lo hanno rivestito, guardato un po' troppo quando ero in palestra con Atsumu e Kita, prima che arrivassi per portarlo qua, in queste quattro mura che sono diventate la sua prigione, ma non ho detto nulla. Non ho indagato, non dovrebbe interessarmi.

Rintaro è un mio prigioniero, devo cercare di ricavare quante più informazioni possibili.

So che è consapevole del fatto che morirà, e forse è un po' masochista aspettare che il tempo scorra e viva qua dentro, ma chi sono io per giudicarlo? Nessuno, solo una tra le tante persone che ha incontrato, probabilmente anche l'ultima se va avanti così di questo passo.

«Vuoi un po' di sashimi?» Azzardo pacato, con lo sguardo basso, fisso sulle mie dita che dividono le fette grosse tagliate a pezzetti che infilo in una ciotolina blu, la sua, da cui mangia qualche volta. «Sto facendo anche i roll con il tonno e il salmone, non ti piace il sushi?»

Rintaro Suna è sveglio.

È una lingua tagliente quando ci si mette, e quando si alza dal divano con uno sbuffo, mi rendo conto di quanto l'ho sottovalutato.

Avanza a piedi scalzi, si appoggia al bancone davanti a me. Alza lo sguardo, allunga una mano verso al riso che ho appena versato in un'altra ciotola, le labbra si piegano in un sorriso verso l'alto, ma non dice niente, neanche ora. Si sporge, di nuovo, mi leva il mestolo dalle mani e rigira il salmone, prende le spezie appoggiate a lato, ci versa una grossa quantità di piccante, l'assaggia con un dito.

È a suo agio, con dei semplici pantaloncini e una maglietta larga che gli fascia fino le cosce. Lo rende minuto, le braccia distese sul tavolo, gli occhi verdi fissi sui miei.

«Essere bravo in cucina non equivale ad essere una brava persona.»

«Ti ho mai detto di essere una brava persona?»

«Ci sono ragazze che sono state rapite e violentate e poi liberate, tu non sei come quegli stupratori, tu sei un pezzo di merda.»

Stringo le mani ai bordi del bancone, mi chino con la testa.

Sono sicuro che riesca a percepire il mio fiato sul collo, appena gli sfioro l'orecchio con le labbra per sussurrare.

«Sono stato buono a non scoparti nel mio letto, solo perché mi fai pena e Tetsuro dice che sarebbe troppo maligno anche per uno come me, però sappi che non ho alcun problema a prenderci a calci nel culo e farti diventare una sottiletta per un toast.»

☽ 𝗳𝗼𝘅𝘆 ᵒˢᵃˢᵘⁿᵃDove le storie prendono vita. Scoprilo ora