Aspettava pazientemente che il mezzo pubblico, in volgare anche chiamato bus, arrivasse alla strada in cui Joseph doveva appostarsi. Da lì avrebbe pagato qualcuno che lo avrebbe portato lontano da Londra nella direzione di Canterbury.
Durante il viaggio ebbe l'occasione di leggere alcune pagine di giornale, in cui vi erano riportati articoli interessanti come la grande Esposizione Universale di Parigi con altrettanto interessati fotografie della nuovissima Torre Eiffel e della sua possenza. Mai era capitato a Joseph di riuscire a legge un articolo con parole gentili e piene di ammirazione, e quest'ultimo faceva parte della lunga collezione. Un tale disprezzo verso ciò che rappresenta il rinnovamento, la forza industriale e lo sviluppo non riusciva a concepirlo. Joseph in un certo qual modo si sentì fortunato a non saper dipingere né abbozzare un disegno, per lui era importante l'arte ma solo per archiviare la storia e le grandi menti. Mai si sarebbe sognato di voler essere ricordato come artista. Avrebbe preferito essere ricordato come mecenate di grandi menti e manualità.
Se Joseph era costretto a fare un esempio, subito avrebbe pensato alla cara Helen, ma il solo pensiero di lei tra le braccia di un altro uomo, gli rattristava molto il cuore ed ancor di più il fatto di non avere il potere di fare qualcosa.
Non poteva concedersi di essere arrogante ed egoista, poteva solo cercare ogni modo per ammaliare il padre per convincerlo. Ma forse non ce ne sarebbe stato bisogno.
Finalmente la carrozza si fermò e la voce del giovane cocchiere confermò il suo arrivo a destinazione. «Vi ringrazio giovane. Ecco ciò che vi spetta e molto altro.» scese dalla carrozza e porse un sacchetto di monete. «Spenda saggiamente quel denaro.» fece l'occhiolino al ragazzo e si dileguò.
Sentì la carrozza riprendere il viaggio, allora tirò un sospiro guardandosi intorno. «Canterbury... quanto sarà trascorso oramai?» si chiese ma una voce rispose per lui.
«Temo poco più di una dozzina di anni.»
Joseph si girò verso la voce alle sue spalle e si paralizzò quando vide con chi aveva il dispiacere di parlare.
«Vedo che Canterbury rimane la vostra casa.» si espresse in tono duro Joseph «Claus.» concluse con disprezzo.
«Al contrario signor Callaghan. Ho viaggiato molto di questi tempi. Ho incontrato altre povere anime da aiutare in punto di morte.» sorrise. Un sorriso che poteva ingannare chiunque ma non Joseph. Un sorriso che celava sicuramente qualcos'altro. «Non credo nella vostra misericordia. Cosa tramate? Perché aiutare estranei senza volere nulla di rimando?»
L'uomo mantenne il sorriso ma aggiunse qualcosa: orgoglio.
«Sei sempre stato il mio figlio preferito, signor Callaghan. Astuto ed un ottimo osservatore.»
«Non sono vostro figlio.» Joseph corresse Claus. Quest'ultimo però ribattè «Lo sei diventato da quando hai ricevuto da me il dono dell'eternità.»
«Hai un gran coraggio ad approfittarti degli altri» lo accusò Joseph.
«Porta rispetto figliolo! Se non vuoi chiamarmi padre abbi la decenza di portarmi rispetto.» era risoluto e questo portò agitazione nell'animo di Joseph, come un lupo alpha con il suo branco. Un suo ordine era legge, ogni suo desiderio si doveva eseguire.
Joseph si ammutolì dando modo così a Claus di continuare «È stato tuo fratello a cercarmi, ed io ho accettato perché vidi qualcosa in te di speciale. Ma avevi ragione, nessuna azione misericordiosa mi spinge ad agire.» disse Claus ricomponendosi. «Non è giunto ancora il momento per te di conoscere la verità.» continuò.
«Non mi interessano i vostri piani.» borbottò e a tal punto Claus si cimentò in una risata nasale «Oh caro figlio, dovrebbero, ma comprendo il tuo disinteresse per le banche che avevo progettato e che sembrano andar bene.»
Joseph si sconcertò «Banche...?» ma non era il suo obiettivo sapere di quelle banche, doveva scoprire altro. Scosse la testa «Esigo di sapere della vostra origine.» disse con sicurezza Joseph. Claus si sorprese, non tanto per quello che gli veniva chiesto, ma per il tono con cui si esigeva la risposta. Sorrise ancora una volta fiero di come stesse crescendo bene il figlio tanto adorato. «Credo che potremmo parlarne davanti a un banchetto, figlio. Non credi?»
«No. Ho altri impegni quest'oggi. Ho solo bisogno di più informazioni, ecco tutto.» rispose subito Joseph senza mai perdere il suo tono sicuro. Odiava quando Claus lo invitava ad un banchetto, forse agli inizi Joseph nonostante fosse inorridito ne ebbe bisogno, ma ora lo disgustava e basta.
«Ah, comprendo.» alzò il mento guardando Joseph dall'alto in basso. Callaghan pensò che stesse per chiedergli con chi aveva impegnato il resto della giornata, ma inaspettatamente lasciò perdere. «Converrai con me che non posso parlarne qui, nel mezzo di altri mortali.» fece notare Claus «Per cui, ti invito a seguirmi, figliolo.» Claus superò Joseph e non lo attese. Non attese che Callaghan si decidesse a seguirlo ne che egli facesse ordine tra i propri pensieri. A Joseph dava ribrezzo quando lo chiamava "figliolo" anche se non c'era alcuna traccia di parentela. Se Darwin si sbagliava su una cosa, sicuramente sul fatto che non era l'uomo in cima alla gerarchia dei predatori. Ma Claus.
Sapeva quanto egli odiasse gli incerti, ma ancor di più i ritardatari. Dunque lo seguì.
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l'Inganno della Megera
VampireIN REVISIONE In una Londra del 1851, un giovane uomo di nome Joseph Callaghan desidera in tutti i modi trovare una cura per distruggere la sua parte mostruosa e potersi dichiarare alla donna di cui segretamente è innamorato. Ma la sua vita viene str...